ogliastra.vistanet.it

Freddata da tre colpi nel ’50: la morte della diciottenne Peppina Sechi a lungo cantata dai poeti

Foto repertorio: web

La vicenda di Giuseppa Sechi venne cantata e ricordata a lungo.

Gran parte della storia si conosce, appunto, grazie ai poeti che la ricordarono in versi. La ragazza, appena diciottenne, venne uccisa a colpi d’arma da fuoco – due a bruciapelo e un altro comunque a distanza ravvicinata – il 4 aprile del 1950 e malgrado le indagini fosse iniziate subito, ai tempi il delitto era considerato un giallo quasi irrisolvibile.

La ragazzina prestava servizio – come riporta Antonio Maccioni del libro “Alla scoperta dei segreti perduti della Sardegna” – già da tre anni, da quando ne aveva quindici, come theracca (servetta) presso l’abitazione di Giovannina Campus e Salvatore Deriu a Bosa Marina.

Sia lei che la famiglia erano rispettati e la sua morte venne vista come un grande scandalo.

Martedì Santo, Peppina – come solevano chiamarla gli amici e i parenti – si recò presso alcuni commercianti del posto per alcuni acquisti personali. Un paio di scarpe per Pasqua: ecco il suo bramato bottino. Era bella sebbene minuta: viso ovale, fronte alta, capelli ricci e colorito rosa e sano.

Mentre quel 4 di aprile si aprivano nella Planargia i riti della Settimana Santa, la povera Peppina, a 140 metri dalla casa dei campus – venne freddata da tre colpi. Come cantarono i poeti, cadde riversa in una pozza di sangue. Quel giorno, pioveva. A trovare la ragazza, ormai in bilico tra vita e morte, due pescatori: uno raggiunse in città per allertare le forze dell’ordine, l’altro si diresse alla casa dei Campus.

Peppina Sechi morì durante il tragitto verso l’ospedale di Sassari.

Che avesse visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere? Alle esequie, tutta la cittadina. La ragazza incontrò diverse persone, quel giorno, ma la sua morte rimase comunque impunita.

(Antonio Maccioni, “Alla scoperta dei segreti perduti della Sardegna”, Newton Compton editori)

 

Exit mobile version