Sedi di Loceri, Tortolì e Jerzu. Al via i corsi serali per i bienni delle superiori

Tra le colline silenziose che circondano Vallermosa, a circa 700 metri sul livello del mare, si cela uno dei tesori archeologici più affascinanti della Sardegna: l’Area Archeologica di Matzanni, un antico villaggio-santuario nuragico, straordinario non solo per la sua posizione panoramica, ma soprattutto per la presenza eccezionale di tre pozzi sacri, un caso più unico che raro nel panorama mondiale.
Il primo dei tre, oggi noto come Pozzo A, è quello più esplorato dagli archeologi. Scavato quasi interamente, si erge come cuore del complesso, circondato dai resti di numerose capanne disposte in cerchio: probabilmente un tempo ospitavano i partecipanti ai rituali dedicati all’acqua, elemento sacro nella religione nuragica.
Poco distante, a una settantina di metri, giace ancora nascosto il Pozzo B, un vero e proprio scrigno sotterraneo rimasto intatto per secoli. Ironia della sorte, non sono stati gli archeologi a conservarlo così bene, bensì i pastori e i contadini locali che, nel tentativo di proteggere il bestiame dal rischio di cadute, lo riempirono con pietre e rami. Un atto semplice ma decisivo, che ha impedito crolli e frane, proteggendo perfettamente la struttura nel tempo.
Il terzo pozzo, detto Pozzo C, è più distante – circa 350 metri dal primo – e nascosto nella vegetazione più fitta. La sua posizione lo rende meno accessibile, ma non meno affascinante: anche lui faceva parte del sistema cultuale legato all’acqua che rende questo luogo tanto suggestivo.
Le origini di questi templi sotterranei risalgono alla tarda età del Bronzo, tra il XII e il XIII secolo a.C. Conosciuti solo a partire dalla fine dell’Ottocento, venivano utilizzati per rituali legati alle acque, elemento centrale nella spiritualità nuragica. Ma la storia del sito non finisce qui: la sua importanza strategica si estese anche in epoca romana. Lo testimoniano le rovine di un tempio fenicio-punico, databile intorno al 300 d.C., che si affaccia sulle stesse terre sacre.
Gli scavi archeologici condotti nella zona hanno riportato alla luce una varietà di oggetti straordinari: piccole ciotole, colonnine votive, statuette, tutti reperti che raccontano la vita quotidiana e religiosa di un popolo che ha lasciato profonde tracce nel paesaggio sardo.
Uno dei ritrovamenti più curiosi e affascinanti è sicuramente “Barbetta”, un bronzetto alto appena 12 centimetri raffigurante un uomo con la barba – un dettaglio rarissimo nelle statuette nuragiche maschili. È proprio questo elemento a renderlo un pezzo unico, oggi custodito con cura presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Vallermosa pH Bibi Pinna
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