Contributi universitari, poniamoci qualche domanda.
Parliamo spesso di evasione fiscale, finti poveri, blitz della guardia di finanza. La parola più ricorrente al telegiornale probabilmente è “redditometro”. Redditometro, sì, quello strumento che dovrebbe combattere quella che io definisco la più grande malattia del sistema italiano, l’evasione per
Parliamo spesso di evasione fiscale, finti poveri, blitz della guardia di finanza. La parola più ricorrente al telegiornale probabilmente è “redditometro”. Redditometro, sì, quello strumento che dovrebbe combattere quella che io definisco la più grande malattia del sistema italiano, l’evasione per l’appunto.
Tutti noi conosciamo quelli che sono gli effetti diretti di tale fenomeno: tra cui minor gettito nelle casse dell’erario e conseguenti minor investimenti nella produzione di servizi pubblici.
Ci sono spesso degli effetti indiretti, uno di questi riguarda il settore dell’istruzione, in particolare quello dell’università.
Sappiamo tutti che la percentuale di contribuzione per le tasse universitarie viene calcolata su un parametro chiamato iseeu, sul quale il governo Letta sta apportando alcune modifiche negli ultimi mesi.
Tale parametro riflette i redditi conseguiti nell’anno di riferimento sommati a una percentuale di quota di patrimonio posseduta, al netto di eventuali sgravi ottenuti in base alle caratteristiche dei membri del nucleo familiare preso in considerazione.
L’effetto che vorrei sottolineare ė quello derivante dalla certificazione di un contribuente che non dichiara i propri redditi o che in qualche modo ha escluso i propri figli dal nucleo familiare in modo da permettergli di partecipare ad un’assegnazione di alloggi o borse di studio, di cui pare certa ormai l’attribuzione vista la bassa capacità reddituale dichiarata;
Agli stessi, inoltre, spetta non solo il contributo diretto dello stato ma anche l’esenzione dalle tasse universitarie e dal pagamento del canone nelle mense. Ragazzi o ragazze che poi vedi passeggiare nei corridoi delle case dello studente o ai tornelli delle mense, con abiti firmati, cellulari di ultima generazione o tutte le sere nei bar a spendere i “900 euro” che dichiarano i figli o i genitori a fine anno.
Magari, poi, ci sono ragazzi meritevoli che non possono permettersi l’iscrizione all’università e tutte le spese legate ad essa, perché qualcuno si ė aggiudicato la loro borsa di studio, visto che i fondi di anno in anno sono sempre minori.
Si parla solo di ridurre budget e accorpare università nel tentativo di ridurre i costi, ma non si pensa che la formazione è elemento base per la crescita del Paese e che bisognerebbe iniziare ad effettuare delle verifiche sui redditi dichiarati dai soggetti che hanno vantaggi in termini di borse di studio e alloggi, un esempio potrebbe essere un controllo incrociato su conti correnti nei quali vengono accreditate le borse.
Così almeno da provare a scoraggiare chi organizza a tavolino queste “truffe” ai danni dello Stato, incoraggiando quelle aziende che pagano le tasse e che sperano in quelle esternalità che provengono dal settore dell’istruzione.
La sorge spontanea: “Come è possibile vivere un anno intero, fuori sede, certificando solamente 900 euro?”
Le possibilità a mio avviso sono due: o essere esperti nelle rapine a mano armata…….o forse dovremmo darci tutti quanti una sveglia, dato che più di qualche conto non torna?!
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