Monumenti napoletani: il Reale Albergo dei Poveri, il più grande di tutti i palazzi della città

È il più grande della città, il più maestoso. È palazzo Fuga, meglio conosciuto come Albergo dei Poveri. Porta la firma di uno dei più importanti architetti del Settecento ed è simbolo di un’utopia sociale a firma dei Borbone: quella di contrastare concretamente la povertà. Cosa è successo nei decenni successivi e perché oggi ancora si fa fatica a trovare una degna destinazione d’uso a questo splendido edificio. Vediamo quali sono i progetti e le difficoltà concrete legati a questo edificio.
Monumenti napoletani: il Reale Albergo dei Poveri, il più grande di tutti i palazzi della città.
È il più grande della città, il più maestoso. È palazzo Fuga, meglio conosciuto come Albergo dei Poveri. Porta la firma di uno dei più importanti architetti del Settecento ed è simbolo di un’utopia sociale a firma dei Borbone: quella di contrastare concretamente la povertà. Cosa è successo nei decenni successivi e perché oggi ancora si fa fatica a trovare una degna destinazione d’uso a questo splendido edificio. Vediamo quali sono i progetti e le difficoltà concrete legati a questo edificio.
Domina l’intera piazza Carlo III, su cui affaccia imponente e maestoso. È Palazzo Fuga, la più grande costruzione della città e uno dei più vasti edifici settecenteschi d’Europa. Il suo nome deriva dall’architetto che ne realizzò il disegno, Ferdinando Fuga, che nel 1749 fu incaricato da re Carlo III di Borbone di costruire questo elegante e superbo edificio. Un solo dato, per capire quanto ambizioso fosse il progetto: pur avendo una facciata che misura 400 metri, esso rappresenta solo un quinto del progetto originale.
Ambizioso sì, ma soprattutto emblema di un’utopia sociale: il palazzo infatti, conosciuto anche come Real Albergo dei Poveri, nelle intenzioni originarie era destinato a dare un tetto ai tanti mendicanti che affollavano le vie di Napoli in quei tempi.
Purtroppo questo originario disegno non fu mai realizzato. Successe che re Carlo dovette partire alla volta della Spagna, nel 1759, quando il progetto non era ancora terminato, ma non solo: evidente era lo scarto tra gli obiettivi e le risorse a disposizione per realizzarli. Potremmo infine aggiungere, tra i fattori che resero difficile dare vita a una struttura così grande per i tantissimi indigenti, anche il rapido precipitare dei tempi verso un secolo, l’Ottocento, ben poco sensibile alle condizioni degli emarginati. Perciò, nonostante le nobilissime intenzioni, l’edificio non fu utilizzato per accogliere i poveri ma alternò funzioni differenti e, paradosso della storia, quello che venne messo in piedi per fornire aiuto ai bisognosi e addirittura fornirgli un lavoro, si tramutò poi nel suo contrario. Ma vediamo cosa accadde a questo palazzo. Il popolo lo soprannominò ‘O Serraglio, in quanto quasi si trasformò da albergo a carcere. I poveri venivano infatti trattati alla stregua di detenuti, e una volta “accolti” non potevano più uscire. Le donne, poi, entravano da una porta differente ed erano rigidamente sorvegliate per impedire che si prostituissero. Il soprannome si rafforzò poi nel 1838, quando l’edificio venne utilizzato come carcere minorile. Negli anni a seguire è stato anche sede di un tribunale, distaccamento dei vigili urbani e archivio di Stato.
Mentre oggi sono sul tavolo diverse ipotesi di riutilizzo, il palazzo assurge intanto a simbolo di condizioni sociali ancora e ininterrottamente difficili: sui tetti è nato una sorta di piccolo borgo dove sorgono catapecchie abusivamente messe su dagli emarginati della città. L’edificio si ritrova oggi in qualche modo “dimora”, con tanto di dovute virgolette, dei poveri, più poveri della città. Tutti gli altri intanto aspettano che questo enorme e bellissimo palazzo settecentesco, dalla maestosa facciata e dalla scenografica scalinata, da qualche anno inoltre oggetto di lavori di restauro che hanno ridato splendore alla struttura solo in una sua parte, trovi una sua degna destinazione d’uso.
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