Lo sapevate? Anche a Napoli esiste il vecchio quartiere ebraico (SECONDA PUNTATA)

Ieri abbiamo visto come anche a Napoli, sin da tempi antichi, fosse presente una comunità ebraica. La città non ebbe mai un ghetto, (invenzione del Papa del 1555, quando qui gli ebrei in città non c’erano già più) ma durante il Medioevo sono attestate tre giudecche che di fatto fecero sì che le famiglie ebree non abbandonassero mai del tutto la città. Ieri abbiamo visto la storia ebraica della città partenopea sino al 1700 inoltrato, oggi andremo a scoprire ciò che accadde successivamente e soprattutto durante le persecuzioni nazifasciste.
Lo sapevate? Lo sapevate? Anche a Napoli esiste il vecchio quartiere ebraico (SECONDA PUNTATA).
Ieri abbiamo visto come anche a Napoli, sin da tempi antichi, fosse presente una comunità ebraica. La città non ebbe mai un ghetto, (invenzione del Papa del 1555, quando qui gli ebrei in città non c’erano già più) ma durante il Medioevo sono attestate tre giudecche che di fatto fecero sì che le famiglie ebree non abbandonassero mai del tutto la città. Ieri abbiamo visto la storia ebraica della città partenopea sino al 1700 inoltrato, oggi andremo a scoprire ciò che accadde successivamente e soprattutto durante le persecuzioni nazifasciste.
Nel 1831 un piccolo gruppo di ebrei si stabilì nell’hotel Croce di Malta, dove in una delle stanze era stata creata una sinagoga.
Nel 1841 i membri della famiglia Rothschild di Napoli comprarono villa Pignatelli e in una sala vennero eseguite le funzioni religiose della locale comunità. Nel 1864 la comunità prese affitto un locale in via Cappella Vecchia, che divenne il centro della comunità. La sinagoga di Napoli si trova ancora in via Cappella Vecchia 21, all’interno del palazzo Sessa. Fu inaugurata nel 1864 grazie all’influenza del barone Rothschild.
La comunità ebraica di Napoli nel 1920 contava quasi mille membri. Nel settembre del 1942 trentasei giovani ebrei napoletani furono confinati a Tora e Piccilli, piccolo comune a nord di Caserta, per essere impiegati in lavori agricoli. Nei mesi successivi alcune famiglie dei confinati ed altre raggiunsero Tora e Piccilli per sfuggire ai bombardamenti che fra la fine del 1942 e gli inizi del 1943 stavano martoriando Napoli. Dopo l’8 settembre 1943 i circa cinquanta ebrei furono nascosti dagli abitanti del luogo, trovando rifugio nei boschi circostanti e riuscendo a salvarsi dalle deportazioni.
Dopo la seconda guerra mondiale, la comunità ebraica di Napoli contava 534 membri, ridotta a circa 160 membri.
Con le leggi razziali gli ebrei napoletani dovettero cedere le aziende a dei prestanome per salvarle. Cinque professori universitari dovettero smettere di insegnare e i bambini ebrei furono espulsi dalle scuole. La comunità ebraica napoletana però fu fortunata. Infatti quando dopo l’armistizio del 43 con gli americani, i tedeschi occuparono la penisola, i napoletani li cacciarono nelle famose “Quattro giornate di Napoli”. Quando poi sbarcarono gli alleati, tra le truppe erano presenti non solamente la Brigata Ebraica che proveniva dalla Palestina, ma anche tantissimi soldati ebrei americani, australiani e algerini. Fu così che quando i tedeschi fecero i rastrellamenti in mezza Italia durante la festa di Hannukah del 1943 e spedirono gli ebrei nei campi di sterminio, a Napoli si celebrava la festa con più di mille ebrei, un numero che la città non aveva mai visto da secoli.
Oggi Napoli ha una piccolissima comunità ebraica che conta poco più di 200 membri. La comunità ebraica vanta personaggi molto amati a Napoli, come il fondatore del Napoli Calcio, Giorgio Ascarelli. Il primo stadio del Napoli aveva il suo nome, ma venne cambiato in stadio Vesuvio dopo l’alleanza del governo fascista con i nazisti. Nella seconda metà del novecento il membro della comunità più conosciuto era il sindaco Maurizio Valenzi.
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