Le scene girate a Milano del film “Totò, Peppino e…la malafemmina”
Lo sapevate? Alcune scene del film Totò, Peppino e…la malafemmina furono girate a Milano. Nel film che tutti conosciamo “Totò, Peppino e…la malafemmina”, girato da Camillo Mastrocinque (l’aiuto regista era Ettore Scola) nel 1956, protagonisti i due attori napoletani, ci
Lo sapevate? Alcune scene del film Totò, Peppino e…la malafemmina furono girate a Milano.
Nel film che tutti conosciamo “Totò, Peppino e…la malafemmina”, girato da Camillo Mastrocinque (l’aiuto regista era Ettore Scola) nel 1956, protagonisti i due attori napoletani, ci sono due scene memorabili. Scoprite dove sono state girate e alcune curiosità su questi episodi.
Il capolavoro Totò, Peppino e la… malafemmina racconta dei fratelli Caponi, due agricoltori in trasferta nella metropoli lombarda per “salvare” il nipote studente di medicina (Teddy Reno) dalle attenzioni di una soubrette (Marisa Florian). Partita con le idee “molto chiare”: «Per andare a Milano perlomeno ci vogliono quattro giorni di mare, a meno di non andare a piedi», la coppia va incontro ad una serie di disavventure esilaranti ed equivoci irresistibili. Il film ebbe un enorme successo: 4,6 milioni di spettatori per un incasso che oggi sarebbe stato di 24 milioni di euro.
Le sequenze in esterni a Milano sono due: l’arrivo in pelliccia alla Stazione Centrale e il tentativo di ottenere informazioni da un vigile urbano in Piazza del Duomo. Nella scena della Stazione Centrale i due fratelli Caponi, appena arrivati in città imbacuccati come cosacchi nonostante il clima primaverile, sono convinti che a Milano non si parli l’italiano. Uno sketch esilarante che ha fotografato e fermato in pochi istanti l’intera storia dell’immigrazione degli anni Cinquanta e Sessanta.
“Noio volevam savuar…Noi vogliamo sapere: per andare dove dobbiamo andare per dove dobbiamo andare”? L’altra scena mitica del film è stata girata in piazza del Duomo, con inquadrature che riprendono anche la Galleria Vittorio Emanuele II. La scena è stata ripetuta ben 5 volte perché il vigile, il “ghisa” interpretato da Franco Rimoldi, rideva ogni volta e le riprese si dovevano interrompere.
Rimoldi fece da spalla ai due “imbranatissimi” De Curtis e De Filippo e li guardò come fossero scesi direttamente dalla “Val Brembana” e non arrivati da Napoli. Per l’attore milanese (che prima di quel film recitò in alcune opere teatrali) una piccola parte ma quello sketch divenne poi popolare in tutto il mondo, una delle scene più famose dell’intera cinematografia italiana. Rimoldi entrò nel mondo dello spettacolo molto prima di quel film. Nel 1940 fece già il boy nella compagnia teatrale di Nuto Navarrini dove faceva il ballerino. Poi arrivò la guerra e fu mandato in Russia col 38esimo Reggimento Fanteria, Divisione Ravenna. Fu ferito e fatto prigioniero. Dal 1942 al 1944 rimase nel campo di prigionia di Mosgà, in Siberia, di quel gruppo si salvarono solo in tre. Rimoldi poi lavorò con Macario, con Walter Chiari, con Totò e con la Wandissima, la Osiris, sempre come ballerino.
Dopo l’esperienza cinematografica con Totò e Peppino non ebbe altre parti in altri film. Nel 1956 smise di ballare e si trovò un impiego alla Rinascente, dove rimase fino al 1981 quando andò in pensione.
Il film, alla sua uscita, ebbe delle solenni stroncature. Con il passare del tempo è divenuto tuttavia un classico della comicità, rivalutato dalla critica. Secondo il Morandini si tratta di «Un vero e proprio cult movie a tratti persino surreale e infarcito di gag che hanno fatto storia: la scrittura della lettera, l’arrivo a Milano vestiti da cosacchi, il colloquio col vigile».
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