Lo sapevate? Il primo (e bellissimo) citofono d’Italia fu sistemato a Milano

Il primo “citofono” d’Italia si trova a Milano, ed è a dir poco unico e bizzarro! Sai cosa fanno i milanesi quando ci passano davanti?
Lo sapevate? Il primo (e bellissimo) citofono d’Italia fu sistemato a Milano.
Il primo “citofono” d’Italia si trova a Milano, ed è a dir poco unico e bizzarro! Sai cosa fanno i milanesi quando ci passano davanti?
Ebbene sì, Milano è sempre stata una città stravagante, piena di stranezze e curiosità. È anche una città che può vantare diversi primati. Fra questi, c’è il primo citofono d’Italia. In realtà non è vero citofono, non ha tasti né cognomi, non è dotato di pulsantiera e non serve per citofonare a chi abita nella palazzina. A dirla tutta, non ha nemmeno la forma di un citofono!
Questo ‘citofono’ è infatti una scultura in bronzo a forma d’orecchio. Si trova in Via Serbelloni 10 dal 1930 ed è un’opera artistica firmata da Adolfo Wildt, maestro e genio dell’Art Noveau. L’orecchio è scolpito nei minimi dettagli, dal condotto uditivo al padiglione auricolare, alto ben 70 centimetri e posto di fianco al portone d’ingresso del Palazzo della Sola Busca. Ma cos’ha di speciale quest’orecchio in bronzo?
È stato pensato per essere un impianto di comunicazione totalmente anacronistico. Prima del wireless, del WiFi e della comunicazione iper-tecnologica, c’era lui. Serviva per collegare l’interno dell’edificio con l’esterno, magari per la consegna della posta o per l’arrivo del lattaio, del carpentiere, del mercato rionale. Insomma, era un mezzo comodo per dire qualcosa di breve, nella speranza che dall’altra parte della porta ci fosse qualcuno pronto ad ascoltare.
L’edificio stesso è un’opera d’arte a cielo aperto. Il palazzo è stato costruito a metà degli anni Venti da Aldo Andreani, artista mantovano ma milanese d’adozione. Fu proprio lui a chiedere a Wildt di realizzare questo specialissimo citofono dal grande portamento estetico. I due artisti pensarono che, insieme al senso pratico, ci fosse anche un’idea astratta e simbolica, quasi allusiva: “ascoltiamo la città”. In effetti Milano, per tutto il novecento fino ad oggi, è stata il palcoscenico italiano dei suoni della città, dallo scorrere dei tram fino ai passi frettolosi e un po’ nevrotici dei milanesi. Questo stile artistico, un po’ stravagante e bizzarro, ricorre spesso nelle architetture meneghine ed esprime un linguaggio ormai affermato nel mondo dell’arte moderna e internazionale; osare non è peccato!
C’è poi una leggenda, o meglio una curiosa usanza, che i milanesi mettono in pratica da diversi anni. Quando il “citofono” ha smesso di avere una vera funzione, cioè quando è stato installato un vero citofono per i condomini, si è voluto comunque mantenere l’orecchio in bronzo come elemento decorativo. Allora il popolo meneghino ha deciso che quello sarebbe stato l’orecchio dei desideri. Quando si passa in Via Serbelloni è quasi d’obbligo fermarsi per sussurrare un segreto, o un desiderio, una speranza, una paura o un sogno all’orecchio. Il suono della città copre le parole di chi si confida e i segreti rimangono al sicuro per sempre. È un bel modo per sognare ad occhi aperti e l’autore sarebbe fiero di sapere che i milanesi hanno trovato una nuova vita per quest’opera ormai vecchia di quasi cento anni. E voi cosa sussurrereste all’orecchio?

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