La storia di Gian Giacomo Mora e la leggenda della colonna infame

Conoscete la triste vicenda di Gian Giacomo Mora e della Colonna Infame? Ne parla anche Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, ed è una oggi una tappa fondamentale per chi si aggira nei pressi di Porta Ticinese. Scopri di più nell’articolo!
La storia di Gian Giacomo Mora e la leggenda della colonna infame.
Conoscete la triste vicenda di Gian Giacomo Mora e della Colonna Infame? Ne parla anche Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, ed è una oggi una tappa fondamentale per chi si aggira nei pressi di Porta Ticinese. Scopri di più nell’articolo!
Milano, 1630. Tra le epidemie di peste che hanno flagellato il mondo, quella del 1600 è ricordata come una delle più terribili. A rendere famosa questa epidemia sarà, quasi 200 anni dopo, Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Ovunque in città era un lazzaretto di disperazione e morti improvvise, però, nel primo giorno di quell’estate, la situazione precipita rovinosamente.
Il 21 Giugno la Zona Carrobbio ha un terribile risveglio. Tutti i muri e gli angoli delle case vengono imbrattati da una sostanza appiccicosa e gialla. A far luce sulla vicenda è Gianbattista Visconti, il capitano di giustizia. Il capitano viene a conoscenza di alcune voci di quartiere che vedono il colpevole di questo imbrattamento in Gian Giacomo Mora. E chi era costui? Per i suoi amici un comune barbiere, per la gente di Porta Ticinese un criminale e un untore. La mano impietosa del popolo aveva trovato un capro espiatorio per la peste, e così si era deciso: Gian Giacomo era un untore e doveva essere catturato. Dimenticandosi di bloccare l’epidemia, Milano si accanisce su Gian Giacomo, che viene atrocemente torturato per giorni. Giunge infine la condanna a morte, naturalmente senza processo. La morte del barbiere è una vera ingiustizia storica.
Dove nel 1630 si ergeva la casa di questo barbiere, ora vi è una leggenda. Passeggiando in Porta Ticinese, proprio a due passi dalle Colonne di San Lorenzo, c’è quella che Manzoni ha chiamato “La Colonna Infame”. È una scultura, oggi cava al suo interno e aperta da un lato, con una targa che così recita: “Qui sorgeva un tempo la casa di Gian Giacomo Mora, ingiustamente torturato e condannato a morte come untore durante la pestilenza del 1630”. La colonna venne costruita dopo la morte di Gian Giacomo, per ricordare a tutti che fine facevano gli untori. Solo nel 2005 l’artista Menegon realizzò una scultura, bucandola al suo interno per non dimenticare mai che l’ingiustizia è il peggior flagello.
Oggi questa colonna osserva silenziosa la vita che le scorre davanti. È possibile entrarci come gesto di spavalderia nei confronti della sorte avversa. La leggenda dice però che chiunque osi inserirsi nella Colonna Infame subirà una vita di sciagure. Ma i milanesi sfidano spesso la sorte, e la Colonna rimane una tappa obbligatoria quando si cammina in Porta Ticinese, anche solo il tempo necessario per leggere la targa e ricordarsi di non fare mai agli altri ciò che non vogliamo venga fatto a noi stessi.

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