Ha destato molta apprensione ed emozione la vicenda della giovane motociclista di Villamassargia Tanya Cancedda, vittima di un tremendo incidente questo lunedì a Cagliari che le è costato l’uso di una gamba. La ragazza è volata giù dal ponte della Scafa dopo aver impattato il guardrail che le ha letteralmente mozzato la gamba.

A tal proposito riceviamo e pubblichiamo la nota di Michele vacca, referente per la Sardegna di AMI, Associazione Motociclisti Incolumi.

«Urtando su un ostacolo fisso come il paletto di un guardrail già a 30 km/h le possibilità di morire o di perdere un arto sono elevatissime. Su 164 motociclisti morti dal 2011 al 216 ben 21 sono morti a causa dell’urto sul paletto del guardrail. Nel 2017 e in questi mesi del 2018 altri 5 motociclisti hanno perso la vita nello stesso modo.

I dispositivi salvamotociclista hanno un costo di 50/60 euro al metro e chiudendo lo spazio tra i paletti dei guardrail evitano di cadere nei burroni o impattare coi paletti e permettono al motociclista o al ciclista di scivolare perdendo velocità gradualmente.

Negli altri stati europei i guardrail con la protezione salvamotociclista vengono istallati da più di 20 anni. In Italia l’AMI Associazione Motociclisti Incolumi ha collaborato per la scrittura della nuova norma che imponga il montaggio di queste protezioni nelle nuove istallazioni di guardrail, ma a causa dei continui cambi di governo essa non è ancora stata approvata.

Nulla vieta nel frattempo alle amministrazioni di istallare quelle protezioni ma in Sardegna solo l’ANAS sulla Sassari Olbia, la Provincia di Sassari sulla litoranea SP105 Alghero-Bosa, nella Soprelevata Nord di Olbia e nel Ponte di Aggius, l’ex provincia di Carbonia-Iglesias nei pressi di Portoscuso e la Sogaer all’aeroporto di Elmas le hanno montate».

Donne sarde, donne di carattere. Lo si dice spesso e a volte la storia interviene a corroborare questa tesi. Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia.

Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio.

Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.

Di chiunque sia stato il primato, una cosa è certa: per “mettere la gonnella” a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.