Il nuovo credo è quello di non mollare mai: il Cagliari di Diego Lopez mostra la sua identità
Alla lunga soffrire non fa così male se il premio è una esplosione di gioia incontenibile. Soprattutto se, una volta terminata la partita, il Cagliari guarda la classifica e scopre il frutto dolce di un vantaggio rassicurante. Sei lunghezze, a
Alla lunga soffrire non fa così male se il premio è una esplosione di gioia incontenibile. Soprattutto se, una volta terminata la partita, il Cagliari guarda la classifica e scopre il frutto dolce di un vantaggio rassicurante. Sei lunghezze, a questo punto del campionato, sono tante e poche: sono tante perché dietro c’è un nugolo di formazioni che fatica tremendamente ad uscire dalle sabbie mobili; poche perché quelle stesse squadre potrebbero ritornare presto a volare e inguaiare i rossoblù. Intanto la vittoria sul Verona rallenta i ritmi, coccola gli animi e dona quel pizzico di fiducia (e di fortuna) di cui i rossoblù avevano bisogno.
“Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici” ebbe modo di scrivere il poeta libanese Khalil Gibran. Il Cagliari ha riscoperto l’efficacia della perseveranza, della tenacia e del lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Il Verona ha dimostrato in toto il senso del suo penultimo posto arrivando in Sardegna per strappare un punticino utile per muovere la classifica. Ha fatto il minimo in fase offensiva segnando un gol piuttosto casuale, quindi è mostrata in tutta la sua pochezza difendendosi strenuamente e rinunciando persino alle ripartenze. Difficile salvarsi quando si gioca in questo modo. Diverso il discorso per i rossoblù che hanno vissuto inizialmente l’ennesima gara stregata: tanto gioco, tanti tiri, un rigore sbagliato… il terzo in questa stagione su quattro calciati, ed ora bisogna indicare una gerarchia netta di rigoristi e farli lavorare ogni giorno per migliorare la mira. Però quell’errore poteva smontare la voglia della squadra di rientrare in partita: con la gestione Rastelli, spesso si notava questo calo mentale che si tramutava in un calo fisico. Dimenticata la pazienza, la truppa cagliaritana finiva per perdersi in campo e lasciar scorrere le partite. Questo Cagliari invece se la gioca fino all’ultimo, ché tira e ritira prima o poi quella palla finirà dentro il sacco.
Nel mezzo c’è una certa sofferenza. Quella del pubblico che si irrita quando i registi Luca Cigarini e Niccolò Barella rallentano la manovra invece di offrire scambi veloci e calibrati; quella di Diego Lopez che in occasione del pareggio di Luca Ceppitelli svuota a pieni polmoni un sospiro di sollievo; quella di Simone Padoin che corre avanti e indietro la fascia sinistra per 90 minuti e termina la gara stremato ma felice; quella di Paolo Faragò, che dopo aver fallito diversi gol fatti ad inizio stagione, ora sta incrementando il bottino e si trova a due reti segnate. La fu mezzala riciclata un po’ ala destra e un po’ terzino si sta rivelando il giocatore fondamentale di cui Massimo Rastelli parlava in estate: ha gamba, cross, senso della posizione e della copertura. A metter su minuti, sta prendendo gusto e sarà difficile tirarlo fuori dal campo anche quando le partite si faranno meno belle e vittoriose. Il protagonista delle ultime due vittorie casalighe è proprio lui: due gol, di cui uno decisivo, e l’assist (sempre decisivo) per il colpo di testa di Leonardo Pavoletti contro il Benevento. Gli ultimi dieci minuti dunque stanno diventando “l’area Faragò” visto che per due volte ha saputo garantire un risultato felice ai propri tifosi. E felice può dirsi Diego Lopez: due vittorie e due sconfitte, due settimane di riposo per preparare la prossima partita e un cammino ancora lungo da percorrere. Intanto, però, la classifica fa meno paura.
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