Isabella Spano ha 29 anni ed è nata a Cagliari, la città dove è cresciuta e ha studiato e alla quale resta profondamente legata. Nel 2020, in piena pandemia, motivi professionali l’hanno portata a trasferirsi a Roma, una scelta vissuta come una necessità più che come un desiderio. Oggi nella capitale lavora, collabora con lo studio “I Music Room” e continua il suo percorso di formazione nel canto, pur sentendo forte la nostalgia per la sua terra.
La sua identità artistica affonda le radici nell’infanzia: la musica sarda, le voci popolari, i balli tradizionali e, allo stesso tempo, il rock ascoltato grazie al padre bassista. Da quel dualismo – istinto arcaico e impulso contemporaneo – nasce il terreno su cui Isabella costruisce il suo progetto. Quando arriva a Roma ritrova lo spazio per dedicarsi seriamente allo studio: due anni fa riprende lezioni di canto con la vocal coach Ivana Pellicanò e comincia a sperimentare generi e linguaggi diversi, alla ricerca di un suono che possa rappresentarla pienamente.
Da questa ricerca nasce Obliqva, il suo nome d’arte. Un termine che racconta deviazione, traiettorie irregolari, la scelta di non camminare su linee dritte. “Obliqua come qualcosa che sfugge e attraversa”, spiega l’artista. La “v” al posto della “u” è una dichiarazione di intenzione: più ruvida, più viva, meno accomodante. Per Isabella non è un semplice alias, ma una direzione, una postura esistenziale. Obliqva è musica che non appartiene a un genere preciso, sospesa tra passato e futuro. Una tensione costante, un equilibrio instabile che diventa identità: “Non cerco armonia, cerco verità, anche se graffia.”
Il progetto inizia a prendere forma anche sul palco. Obliqva si esibisce al Palafiori per Casa Sanremo, dove vince la borsa di studio Casa Sanremo Campus, e arriva alle semifinali del Festival di Castrocaro 2025, segnando l’inizio di un percorso artistico già riconosciuto per originalità e intensità.
Il 25 luglio esce su tutte le piattaforme il suo primo singolo, “CUTRE MALACOPA”, scritto da Ivana Pellicanò, arrangiato da Matteo Carlini e realizzato con mix e mastering di Lunar Studio. Il brano è un racconto autobiografico e insieme un rito di guarigione: il trauma di un abbandono trasformato in un mantra liberatorio. Le parole “cutre” e “malacopa”, di origine messicana, evocano immediatamente il sapore etnico che attraversa il pezzo, ricco di percussioni, colori sonori e immagini che oscillano tra malinconia e forza tribale.
In “CUTRE MALACOPA” c’è l’eco di chi lascia la propria terra e, nello stesso tempo, di chi si sente lasciato da ciò o da chi ama. La voce di Obliqva attraversa questa doppia ferita e la trasforma: il dolore diventa ritmo, il disorientamento diventa danza.
È questo il cuore del messaggio che Isabella vuole consegnare al pubblico: un invito a trasformare la sofferenza in energia, a liberarla attraverso un gesto primordiale, quasi rituale. “Voglio restare dopo essere stata ascoltata”, afferma. “Creare una frattura che si richiude, purché non sia indifferenza.”
Con Obliqva si afferma un’artista che non teme le zone d’ombra e le percorre per farne voce. La sua musica nasce in quel margine dove le linee smettono di essere rette e cominciano a raccontare.
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