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“Sa sposa” e “s’isposu”: oltre le nozze, l’espressione che racchiude il senso profondo dell’amore in Sardegna

costumi sardi

Scatto del fotografo Andrea Cogoni

In Sardegna esistono parole che non appartengono solo al vocabolario, ma all’anima stessa di un popolo. Tra queste, una delle più dolci e potenti è senza dubbio “sa sposa” e “s’isposu”. Letteralmente significano la sposa e lo sposo, ma il loro uso va ben oltre la traduzione. Si tratta di appellativi affettuosi, intimi, che i sardi rivolgono non solo ai propri compagni di vita, ma anche a nipoti, figli, a persone amate in senso ampio.

Scatto del fotografo Andrea Cogoni

Espressione che racchiudono un significato profondo, simile a dire “la mia vita”. Una dichiarazione spontanea, che sgorga dal cuore e che non necessita di spiegazioni: chi la riceve comprende subito il calore, la tenerezza e il legame che porta con sé.

“Sa sposa”, “s’isposu”, ma anche “coro meu” (cuore mio): sono tutte parole che compongono la lingua del cuore dei sardi, quella che custodisce le origini e trasmette i sentimenti autentici. Questi termini non descrivono soltanto un ruolo o una relazione: sono gesti verbali d’amore, che si rivolgono ai figli, ai cugini, ai nipoti, agli amici più cari. Esprimono il senso di appartenenza e di comunità che da sempre contraddistingue la cultura sarda, dove i rapporti personali e familiari costituiscono il cuore della vita sociale.

“Sa sposa”, “s’isposu” non si dimostrano, non si spiegano: si pronunciano e basta, e chi ascolta sente di essere parte di qualcosa di prezioso. Sono parole che attraversano generazioni, che sopravvivono alle mode linguistiche, che restano vive perché nascono da un bisogno primordiale: quello di chiamare qualcuno non solo con il suo nome, ma con l’amore che rappresenta. In questo, forse, sta la sua magia: una parola semplice, che racchiude l’essenza più profonda dei sentimenti.

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