Cagliari e altre città sarde rischiano di essere sommerse, uno studio internazionale avverte: il mare potrebbe salire più rapidamente del previsto.
Un allarme che non lascia spazio a interpretazioni è stato lanciato da un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica “Pnas”, che mette in guardia governi e istituzioni sulla possibilità che molte città costiere italiane, comprese Cagliari e diverse aree della Sardegna, possano finire sommerse dalle acque in tempi più rapidi rispetto a quanto ipotizzato finora.
Il rapporto si concentra sullo scioglimento accelerato dei ghiacci antartici, in particolare della calotta occidentale, il cui collasso potrebbe determinare un innalzamento del livello del mare di oltre tre metri, con conseguenze devastanti per milioni di persone e per interi territori ad alto valore culturale, economico e ambientale. L’Italia, con i suoi ottomila chilometri di costa, risulta tra i paesi più esposti: la piattaforma interattiva Climate Central ha elaborato mappe che mostrano scenari inquietanti, in cui Venezia, Ravenna e il Delta del Po nel Nordest rischiano di sparire, così come vaste porzioni delle coste tirreniche con Pisa, Livorno, Marina di Grosseto, Fiumicino e Ostia, mentre nel Sud le aree più minacciate sono il golfo di Manfredonia in Puglia, Metaponto in Basilicata, la piana di Sibari in Calabria e numerosi tratti del litorale campano, compreso quello domizio tra Castel Volturno e Cuma fino a parti del Cilento. In Sicilia, la città metropolitana di Catania è segnalata tra le zone più vulnerabili. Per la Sardegna lo scenario non è meno preoccupante: oltre al capoluogo Cagliari, risultano a rischio Oristano e la costa sud-orientale, territori che racchiudono non solo aree densamente abitate ma anche siti di grande valore naturalistico e culturale che potrebbero scomparire per sempre.
La perdita di questi luoghi significherebbe cancellare pezzi di storia e di identità, oltre a infliggere danni economici incalcolabili legati al turismo, alla pesca e alle attività produttive costiere. Gli scienziati sottolineano che il livello del mare è già aumentato di diversi centimetri negli ultimi decenni a causa della fusione delle calotte polari, dello scioglimento dei ghiacciai e dell’espansione termica degli oceani, con l’Antartide e la Groenlandia che ogni anno perdono circa 370 miliardi di tonnellate di ghiaccio. Uno studio pubblicato su Nature avverte inoltre che i ghiacci dell’Antartide occidentale si trovano vicini a un punto di collasso irreversibile: basterebbe un aumento della temperatura oceanica di soli due gradi per provocare la fusione completa delle piattaforme di ghiaccio in appena due secoli, innalzando il livello del mare fino a 3,8 metri entro i primi mille anni.
Un simile scenario significherebbe migrazioni di massa, perdita di territori, crisi economiche e culturali senza precedenti. “Bisogna agire prima che sia troppo tardi”, avvertono i ricercatori, sottolineando come la sola strada possibile sia la riduzione drastica delle emissioni di gas serra e il contenimento dell’aumento delle temperature globali. Non si tratta più di scenari lontani nel tempo, ma di una corsa contro il tempo che coinvolge già il presente e che determinerà in modo irreversibile la vita delle generazioni future.