Lo sapevate? Vi siete mai chiesti da dove derivi il nome della Basilica di Saccargia?
Tutti conoscono questa straordinaria chiesa, considerata da molti la più affascinante della Sardegna, ma in pochi conoscono il mistero che si cela dietro il suo nome.
Nel cuore pulsante dell’isola, nel territprio di Codrongianos, immersa in una valle che pare sospesa tra il sogno e la realtà, si erge una delle meraviglie architettoniche più suggestive del Medioevo: la Basilica di Saccargia. Imponente e solenne, la sua struttura in bianco calcare e nero basalto regala un effetto visivo ipnotico, come se le sue pietre raccontassero una storia cifrata, un enigma inciso nella sua stessa facciata. Chiunque la osservi rimane stregato dal fascino millenario di questo monumento, un simbolo di fede, potere e mistero.
Le sue origini affondano le radici in un passato avvolto dalla leggenda. Si narra che il giudice Costantino I di Torres e sua moglie Marcusa, desiderosi di avere un erede, compirono un pellegrinaggio e, durante il loro cammino, furono protagonisti di una visione sacra. Fu questo evento straordinario a spingerli a erigere la chiesa, mantenendo così il voto fatto quando finalmente nacque il loro figlio, Gonario II. Ma è davvero questa la vera origine della basilica? O forse la sua storia si intreccia con credenze più antiche, legate a culti pagani che un tempo permeavano queste terre?
E il suo nome? Qui il mistero si infittisce ulteriormente. “Saccargia” è un termine che da secoli stimola teorie e ipotesi affascinanti. Alcuni ritengono che derivi dal latino “Sacraria”, suggerendo che il luogo fosse già consacrato alla sacralità ben prima dell’epoca cristiana. Altri danno credito a un’antica leggenda popolare, secondo cui una mucca dal manto pezzato – s’acca argia in sardo – si inginocchiava ogni giorno davanti al monastero, offrendo il suo latte ai monaci in un gesto che pareva mosso da un’energia mistica.
Ma le ipotesi non finiscono qui. Alcuni studiosi ipotizzano che il nome possa derivare da un villaggio antico ormai scomparso, altri suggeriscono un legame con il termine “Sacaia”, che in lingua sarda indica una pecora di un anno, mentre altri ancora si rifanno al possibile significato fenicio “S’Archar”, traducibile con “terra recintata”, come sostenuto dal celebre linguista Spano. Secondo lo studioso Besta, invece, il nome potrebbe essere ricollegato all’espressione “vacca arzilla”, ossia una mucca dal pelo maculato, dettaglio che rievoca ancora una volta la leggenda dell’animale devoto.
Quale che sia la verità, la Basilica di Saccargia rimane un luogo carico di storia e fascino, sospeso tra fede e mito, dove ogni pietra sembra sussurrare un racconto antico, attendendo solo di essere ascoltata.