Lo sapevate? È possibile che fu un gigantesco tsunami a indebolire la civiltà nuragica?
In Sardegna molti nuraghi, così come quello di Barumini quando fu scavato, sono sepolti da una enorme coltre di terra, tanto da apparire come vere e proprie colline. E se fosse stato un cataclisma a seppellire molti di questi, minando la forza della civiltà nuragica più di tremila anni fa?
Lo sapevate che, secondo una teoria affascinante elaborata dallo studioso Sergio Frau, fu un gigantesco tsunami a causare il declino della civiltà nuragica? I nuragici, grandi costruttori e straordinari guerrieri, erano discendenti dei protosardi dell’Età della Pietra e abitavano una terra che sembrava davvero un paradiso: un’isola floridissima, ricca di materie prime, sementi e risorse naturali. Una terra che vantava villaggi prosperi, una grande architettura megalitica e porti fiorenti, una Sardegna che viveva il suo periodo di massimo splendore. Eppure, proprio in quella che viene considerata l’età d’oro della civiltà nuragica, qualcosa di inaspettato accadde nel XII secolo a.C. La Sardegna, che era un’isola prospera, venne sconvolta da un evento catastrofico che cambiò per sempre il suo destino.
Secondo la teoria di Frau, intorno al 1175 a.C. un’immensa onda anomala – nota come S’Unda Manna – avrebbe colpito la Sardegna, distruggendo gran parte delle costruzioni nuragiche nel Campidano, e probabilmente anche gran parte della sua popolazione. Questo gigantesco tsunami provenne da sud, travolgendo la costa e inondando le pianure. I nuraghi, che spesso avevano ingressi orientati verso sud, portarono evidenti segni di distruzione. Molti di questi furono sepolti dai sedimenti, come nel caso di Barumini, che, prima della sua scoperta da parte di Lilliu, era completamente ricoperto da una spessa coltre di terra e detriti. L’onda anomala si fermò solo ai piedi della Giara, dove i nuraghi, fortunatamente, rimasero intatti, suggerendo una differenza significativa tra le zone colpite e quelle risparmiate.
Veduta aerea di un altro nuraghe quasi completamente ricoperto di terra (Foto Progetto S’Unda Manna)
L’imponente tempesta non si limitò a danneggiare le strutture fisiche, ma ricoprì l’isola di un fango spesso e devastante. Gran parte dei nuraghi vennero distrutti o sepolti sotto metri di terra, cancellando la memoria di una civiltà che aveva dominato l’isola per secoli. I porti e le flotte navali vennero spazzati via, e la Sardegna divenne teatro di morte, abbandono, miseria e malattia. Con l’isola ricoperta da fango e poi da acque stagnanti, l’epidemia di malaria esplose, aggravando ulteriormente la devastazione. Questo disastro, che segnò un punto di non ritorno, decimò la popolazione e ridusse la prosperità dell’isola a livelli mai visti prima. La civiltà nuragica, che nel suo massimo splendore contava circa 20.000 torri megalitiche, villaggi fiorenti e luoghi di culto, venne progressivamente annientata. Alcuni dei siti archeologici più significativi, come i nuraghi più bassi, sono oggi completamente sepolti, tanto che, con l’ausilio delle fotografie aeree, è stato possibile osservare che molti di essi sono difficilmente riconoscibili. Anche la grande reggia nuragica di Barumini, portata alla luce solo dopo 12 metri di fango e 14 anni di scavi, è un esempio emblematico di come la natura abbia sepolto e nascosto una parte di questa grande cultura. In contrasto, i nuraghi situati a quote più elevate rimasero intatti, non toccati dal disastro.
Le prove scientifiche e gli studi geologici condotti da Mario Tozzi e da altri ricercatori confermano la plausibilità di questa tesi, anche se molti archeologi restano scettici e non accolgono questa visione. Tuttavia, secondo Frau, la Sardegna subì un tale cataclisma che il suo intero assetto sociale ed economico fu profondamente alterato, preparando il terreno per successive invasioni che si verificarono circa un secolo più tardi. L’isola, già indebolita dal disastro naturale, si trovò senza la forza per difendersi, consentendo ai nuovi invasori di prendere il sopravvento con relativa facilità.
Se la teoria di Sergio Frau fosse corretta, allora la storia della Sardegna e dell’intero mondo antico dovrebbe essere rivisitata, poiché uno degli eventi catastrofici più gravi di quell’epoca potrebbe essere stato in gran parte dimenticato.
Per approfondire e documentare meglio questa teoria, è stato avviato il progetto S’Unda Manna, che ha l’obiettivo di catalogare fotografica e video-documentare i nuraghi sepolti attraverso l’utilizzo di droni. Il progetto è stato voluto da Sergio Frau, Mario Tozzi e l’associazione culturale A.A.A.A.I.O’, ed è stato realizzato da Ettore Tronci e Matteo Cera. L’iniziativa ha visto il rilevamento di circa 70 nuraghi, alcuni dei quali sono visibili grazie alle riprese aeree. I dati raccolti, come la latitudine, la longitudine, l’altitudine e il grado di seppellimento, sono stati analizzati per studiare l’effetto del disastro naturale e la correlazione con l’altimetria dei siti. La ricerca ha coinvolto ben 19 comuni e un’area di circa 514,7 km², in cui la densità dei nuraghi è tra le più alte della Sardegna. Con l’utilizzo di strumenti avanzati come il drone Phantom Dji II e una telecamera GO PRO HERO 3 BLACK, il progetto ha prodotto materiale fotografico e video che offre una visione unica e precisa della distribuzione dei nuraghi e del loro stato di conservazione.
L’analisi comparativa dei dati ha evidenziato come i nuraghi a bassa quota siano stati più vulnerabili al fango, mentre quelli a quote più elevate si siano salvati. I rilevamenti hanno permesso di suddividere i nuraghi in quattro categorie: completamente coperti, parzialmente coperti, scoperti e scavati, in base alla visibilità del materiale lapideo. Questo lavoro ha fornito una documentazione visiva e tecnica fondamentale per comprendere le possibili cause e conseguenze del cataclisma che potrebbe aver segnato la fine di una civiltà straordinaria.