Lo sapevate? Come si dice farfalla in sardo campidanese?
Un nome che sembra una carezza, leggero come il battito d’ali nel vento. Un nome che somiglia più a una ninna nanna sussurrata ai bambini, una di quelle parole che sembrano fatte di aria e luce, che portano con sé il profumo delle epoche passate.
Come si dice farfalla in sardo campidanese? Un suono delicato, così dolce da poter essere il nome di una bambina. Così musicale che Sergio Atzeni lo scelse per un suo libro, come se custodisse il segreto di un’età dell’oro che non tornerà mai più. È un nome che racchiude in sé l’essenza della libertà e della caducità, la bellezza effimera della vita, quel volo fragile che incanta i bambini e sfugge alle mani.
Farfalla, in sardo campidanese, si dice mariposa.
Mariposa è il battito lieve delle ali sotto il sole, è anche la falena che danza nella notte, fragile ombra attirata dalla luce. Mariposa arriva dallo spagnolo, ma nel sardo è rimasta, intrecciandosi con il tempo, posandosi nel lessico come una farfalla su un fiore.
E mariposa non è solo il nome di un insetto leggero: in sardo, è anche la lampada a olio, quella che tremola nel buio, che illumina appena, che sembra sul punto di spegnersi eppure resiste. Come le cose più belle, come le parole che sanno di casa, di storie raccontate sottovoce, di vita che vola e che resta.