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Lo sapevate? Che cosa vuol dire “sghintzu” in sardo?

Faccia curiosa

Faccia incuriosita

Lo sapevate? Che cosa vuol dire “sghintzu” in sardo?

“Tengiu (tengu) sghintzu”; quante volte vi sarà capitato di sentire questa espressione. Ma cosa vuol dire e che cosa è su sghintzu?

Cosa vuol dire davvero “sghintzu” in sardo? Una parola che, a primo impatto, sembra quasi uno scioglilingua o il nome di un personaggio buffo, ma che in realtà descrive una sensazione che tutti conosciamo bene. Avete mai sentito qualcuno dire: “Tengiu (o tengu) sghintzu”? Probabilmente sì, soprattutto se avete messo piede in Sardegna e vi siete avventurati nel colorito campidanese. Ma cosa significa questa espressione così curiosa? E soprattutto, cos’è “su sghintzu”?

Il sardo è una lingua piena di sorprese, capace di regalare termini che sanno stuzzicare l’interesse di chi non la mastica (letteralmente e metaforicamente). Ebbene, avere “sghintzu” non vuol dire altro che avere fame. Sì, ma attenzione, non una fame qualsiasi: non stiamo parlando di quella voracità animalesca che ti fa divorare tutto ciò che trovi davanti. No, no, su sghintzu è molto più elegante, quasi poetico. È quel languorino che ti prende allo stomaco, quella vocina che sussurra: “Ehi, magari sarebbe ora di mettere qualcosa sotto i denti”. Una pre-fame, un leggero senso di vuoto che inizia a insinuarsi dopo qualche ora senza cibo. Delicato, proprio come la parola che lo descrive.

Pensateci: in Sardegna, mangiare non è mai stato solo una questione di nutrirsi. Per pastori, minatori, contadini e operai, il momento del pasto era il grande evento della giornata, uno spazio di tregua tra fatica e sudore. E proprio lì, tra una zappa e una pala, tra un gregge e una miniera, su sghintzu faceva la sua comparsa. Non era una fame che ti faceva crollare, ma quel piccolo segnale che ti ricordava che era il momento di sedersi e concedersi una pausa. Forse con un pezzo di pane, un formaggio, un bicchiere di vino, perché in Sardegna anche il languorino si rispetta.

Quindi, la prossima volta che sentite qualcuno dire “Tengiu sghintzu”, non immaginatevi una scena da film dove ci si strappa il cibo di mano per la disperazione. Pensate piuttosto a un elegante avvertimento dello stomaco, una sorta di educato campanello d’allarme che suggerisce: “Magari sarebbe ora di uno spuntino”. Su sghintzu, insomma, è il preludio alla festa, il dolce annuncio che il meglio deve ancora arrivare. E chissà, forse anche voi inizierete a usarlo, perché in fondo, chi non ama una parola che trasforma un semplice languorino in un’occasione per sorridere?

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