Il culto della Madonna di Bonaria ha ispirato la nascita del nome di Buenos Aires
Il culto della Madonna di Bonaria ha ispirato la nascita del nome di Buenos Aires
Il culto della Madonna di Bonaria ha ispirato la nascita del nome di Buenos Aires
Esiste un profondo legame tra il capoluogo della Sardegna e la capitale argentina: un legame che parte dal santuario di Nostra Signora di Bonaria, per finire a Buenos Aires. Scopriamo insieme di che cosa si tratta.
Lo sapevate? Il culto della Madonna di Bonaria ha ispirato la nascita del nome della capitale argentina Buenos Aires.
Esiste un profondo legame tra il capoluogo della Sardegna e la capitale argentina: un legame che parte dal santuario di Nostra Signora di Bonaria, per finire a Buenos Aires. Come riporta il sito ufficiale di Bonaria, si tratta di una bella storia cominciata quasi 500 anni fa.
Il nome della capitale argentina deriva dal culto per la Madonna di Bonaria. Ormai non ci sono più dubbi. Non è una leggenda per stupire i turisti, ma un fatto storico.
Che il toponimo Buenos Aires arrivi da Cagliari lo dimostrano i documenti di archivio e l’analisi storica frutto di un lungo lavoro dello studioso cagliaritano Roberto Porrà, docente universitario e dirigente della Soprintendenza archivistica per la Sardegna.
Porrà in un saggio ha spiegato che l’avamposto fu dedicato alla Madonna cagliaritana per adempiere al voto alla Vergine protettrice dei naviganti, in quanto i beneficiati dell’intervento provvidenziale non potevano effettuare un pellegrinaggio di ringraziamento al santuario o fare una donazione di denaro. A bordo della nave del capitano Pedro de Mendoza c’era uno scudiero di origini cagliaritane o genovesi, Leonardo Gribeo, già scampato a un naufragio insieme a un’immagine della Madonna di Bonaria a cui attribuì il merito della propria salvezza. Appena sbarcati sulla spiaggia del Rio della Plata il Gribeo suggerì al comandante di dedicare quel luogo ancora misterioso alla Vergine sarda.
Buenos Aires
Il 3 febbraio 1536 il conquistatore spagnolo Pedro de Mendoza, capo di una spedizione che doveva esplorare e colonizzare i territori attorno al Mar de la Plata, fondò un villaggio al quale diede il nome di Puerto de Nuestra Señora de los Buenos Aires. A bordo della nave della spedizione erano presenti anche due frati Mercedari, che si erano imbarcati a Siviglia, da dove era partita la spedizione.
La devozione alla Madonna sarda approdò anche in Argentina con la citata spedizione del Mendoza, il quale era molto devoto della Madonna, al punto che, nel testamento redatto tre giorni prima della partenza della sua spedizione egli chiama Maria “Avvocata e Signora di tutti i miei fatti”.
Ben presto, dopo lo sbarco sorsero nel nuovo continente, e in particolare nell’estuario del Rio de la Plata diverse chiese, cappelle e istituzioni dedicate alla protettrice dei naviganti, tra le quali anche l’“Ospedale di Nostra Signora di Buen Aire della Comunità dei Naviganti”.
In tempi moderni, nella capitale argentina è stata costruita una grande basilica dedicata alla Vergine lunga 80 metri e larga 32. Ancora: nel museo storico nazionale, si conserva una incisione in rame della “vera immagine della Vergine Santissima di Buen Aire… patrona dei naviganti”; analoga incisione di epoca anteriore si trova nella Casa del Governo.
Nel 1970, il 24 aprile, per le celebrazioni del sesto centenario dell’arrivo della Madonna a Bonaria, Paolo VI venne in visita al santuario; per l’occasione giunsero pellegrini da tutta Italia e anche dall’Argentina: Buenos Aires inviò una delegazione ufficiale guidata dagli ambasciatori argentini presso la Santa Sede e presso il Governo italiano.
Inoltre, quasi a sancire un gemellaggio tra il capoluogo sardo e Buenos Aires, per iniziativa del Lions Club di Cagliari fu donata una statua in marmo della Madonna di Bonaria alta due metri, che venne accolta con una solenne cerimonia dall’arcivescovo della città, ed è attualmente collocata ad un ingresso del porto della capitale argentina.
La statua, realizzata dallo scultore Emilio Del Fiandra su marmo di Carrara, è una copia della statua cagliaritana. Fu sistemata nella piazzetta di fronte alla Direccion de los migrantes (sede del museo nazionale dell’immigrazione), lungo l’avenida Antàrtida argentina nel Nuevo Puerto. Sul lato mare si scorge la verde piazzetta con una significativa targa: Plazoleta Isla de Sardegna. La statua ha accanto tre bandiere: argentina, italiana e i “quattro mori”.
Papa Francesco, argentino e molto devoto alla Madonna di Bonaria, ha fatto una delle sue prima visite ufficiale dopo l’elezione al pontificato proprio a Cagliari. Era il 22 settembre 2013: papa Francesco si è recato a Cagliari, che ha scelto per rendere omaggio alla Madonna di Bonaria, da cui deriva come detto il nome della sua città natale, Buenos Aires. All’evento hanno partecipato circa 400.000 persone.
Nel corso della visita il Papa si è recato prima al largo Carlo Felice dove ha incontrato rappresentanti del mondo del lavoro, che gli hanno espresso problemi e speranze del territorio, con particolare attenzione all’emergenza disoccupazione. Successivamente papa Francesco si è recato al santuario di Bonaria, dove ha celebrato la messa nella piazza antistante la Basilica concludendo l’omelia in lingua sarda con le parole: «Nostra Segnora ‘e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida», cioè: «Nostra Signora di Bonaria vi accompagni sempre nella vostra vita».
Nel pomeriggio, papa Francesco si è poi recato nella cattedrale di Cagliari per un incontro con poveri e detenuti. Un discorso alla Pontificia Facoltà di Teologia della Sardegna ha quindi preceduto la tappa finale, nuovamente a largo Carlo Felice, dove il Papa ha concluso la sua visita con la benedizione, preceduta da una preghiera per le vittime di un attentato in Pakistan.
La sua visita, il 22 settembre, si pose anche nel solco dell’amicizia con l’Ordine della Mercede, presente in tutta l’America Latina, ma soprattutto per la particolare venerazione della Madonna della Mercede, festeggiata in tutto il mondo il 24 settembre.
Lo sapevate? I cagliaritani cominciarono ad andare al Poetto solo nei primi anni del ‘900
La sabbia bianchissima e i grandi spazi ne facevano un luogo ideale per la stagione estiva tanto che dal 1913, anno della prima stagione balneare, cominciano a sorgere gli stabilimenti balneari, primo fra tutti quello dei Bagni Carboni (che aveva già uno stabilimento a Giorgino).
La storia di Cagliari e quella del Poetto (la principale spiaggia cagliaritana che si estende per circa otto chilometri, dalla Sella del Diavolo sino al litorale di Quartu Sant’Elena) si incrociano relativamente di recente. Solo dopo il 1900 infatti i Cagliaritani, più affezionati a località come Sa Perdixedda (le classi meno abbienti) o Giorgino (i ricchi e le classi medie), spostarono il loro interesse verso l’arenile del Poetto. La sabbia bianchissima e i grandi spazi ne facevano un luogo ideale per la stagione estiva tanto che dal 1913, anno della prima stagione balneare, cominciano a sorgere gli stabilimenti balneari, primo fra tutti quello dei Bagni Carboni (che aveva già uno stabilimento a Giorgino).
Lo scenario di allora risulta essere completamente diverso da quello che siamo abituati a vedere. Si presenta ancora selvaggio e conserva intatta la sua originale maestosità.
Ripercorriamo parte della storia della spiaggia del Poetto ma soprattutto dei casotti e della Città Estiva, utilizzando un estratto di un bel documento scritto dal Comitato “Una Mano per Il Poetto”.
Il 1913 è anche l’anno dell’energia elettrica, novità di portata epocale, poiché rappresenta il primo importante passo per una più facile fruibilità della spiaggia. Di lì a poco, infatti arriveranno i tram, che daranno definitivamente accesso ad un area che in precedenza rimaneva fuori dalla portata della maggior parte dei cittadini vista la mancanza di vie di comunicazione con il centro della città.
Cagliari scopre la sua vocazione balneare, si apre definitivamente al mare e alla stagione estiva. Fra la città di Cagliari e il Poetto sorgerà una linea di continuità, perché la spiaggia diventerà il luogo comune di ritrovo nei mesi estivi.
I successivi anni, contraddistinti dall’inizio del primo conflitto mondiale, vedranno un drastico calo delle frequentazioni ma non un interruzione delle serate di musica e ballo che gli stabilimenti offrono, talvolta anche a beneficio della famiglie più colpite dalla guerra. Nel 1914 non solo viene concessa l’autorizzazione al piano di funzionamento del primo stabilimento balneare, ma nasce anche un secondo stabilimento.
I lunghi moli tipici delle stazioni balneari inglesi si integrano nei principali stabilimenti, che ospitano anche le sale da gioco e, negli anni Venti, le sale da ballo. Sono gli anni, questi ultimi, di continuo miglioramento delle strutture, che non coinvolgono soltanto gli stabilimenti ma anche i casotti. Questi ultimi, dopo una prima fase di costruzioni stereotipate e artigianali, riceveranno sempre più accurate migliorie e l’introduzione di accorgimenti che col tempo si omologheranno, dando vita a una forma-tipo che resterà invariata per circa settant’anni.
Già alla fine degli anni Venti il Poetto ha raggiunto il massimo dell’organizzazione civile, della vitalità e dello splendore.
Punto di forza ineguagliabile è l’avanzata della linea tramviaria che comprese le parti più frequentate del litorale. Si tratta di un fondamentale passo in avanti che vivifica ulteriormente la spiaggia e rende più facile la frequentazione. A testimonianza dell’importanza dei tram vi sono le sue fermate, non semplici aree di sosta e ripartenza ordinaria per raccogliere passeggeri, bensì punti di riferimento (ancora oggi che i tram sono stati sostituiti dagli autobus), utili a indicare le zone della frequentazione e quindi i luoghi degli appuntamenti e d’incontro.
Negli anni Trenta cresce in modo esorbitante il numero di casotti: arrivano sorveglianza, apparecchi telefonici, ville, bitumazione della strada, siepi e stabilimenti in muratura.
Anche se i due principali stabilimenti, il Lido e il D’aquila, conservano le affascinanti rotonde in legno. Con l’occupazione di ogni spazio disponibile e la presenza di tutti i servizi essenziali si realizza la consacrazione del Poetto come “Città Estiva”.
Questa dicitura sottintende il modo in cui ormai i cagliaritani sono abituati a vedere la loro spiaggia e cioè non come un’appendice lontana e periferica, riservata alle vacanze estive, ma come un luogo vivibile per tutto l’arco dell’anno, anche in inverno, per gite e pranzi al casotto, passeggiate e letture nel tempo libero, fughe da scuola.
Nel frattempo cominciano sistematici i prelievi di sabbia per le costruzioni e il 1934 segna l’inizio dei lavori del nuovo ospedale nel litorale.
L’inizio degli anni Quaranta segna l’avvento del buio. Arriva la guerra: la spiaggia del Poetto si spopola per la prima volta dopo diversi decenni e, nel 1943, quando il comando delle truppe naziste si stanzia a Cagliari, temendo uno sbarco delle truppe americane, ordina la demolizione dei casotti in accordo con il podestà fascista. La legna dei casotti abbattuti viene usata per riscaldare le truppe italiane e tedesche, dislocate lungo la spiaggia in attesa di una probabile invasione da parte dell’esercito americano. Gli stabilimenti sono occupati dalle milizie nazi-fasciste e adibiti a postazione anti-sbarco.
I cagliaritani poterono riappropriarsi delle spiagge solo nel 1946. Dal Lido all’Ospedale marino una lunga schiera di casotti venne risistemata secondo le disposizioni del nuovo sindaco Crespellani. Nella prima fermata i casotti non vennero eretti una seconda volta. Quella parte del litorale doveva restare libera. Il Lido, affidato alla gestione del Comune, è profondamente segnato dagli eventi bellici, così come irriconoscibile appare anche il D’Aquila. L’Ospedale Marino, la cui costruzione fino al 1939 aveva proceduto senza soste, si era interrotta negli anni della guerra e giaceva come uno scheletro di cemento sulla spiaggia.
Tuttavia la vita, notturna e diurna, comincia a risvegliarsi così come, con la ricostruzione, si risveglia l’indiscriminato prelievo di sabbia. Cagliari, colpita dai bombardamenti, necessita costantemente di sabbia per la sua riedificazione e Quartu non è da meno. La ricostruzione, operosa e instancabile, motivo di speranza e di rinnovamento, ferisce però irrimediabilmente la spiaggia del Poetto. In aggiunta allo spaventoso e piratesco intervento, restano indelebili i segni del conflitto. Il lungo abbandono, le macerie, gli ostacoli accumulati dall’intervento della macchina bellica renderanno più difficile vivere la spiaggia come in passato.
Nel 1947 viene inaugurato l’Ospedale Marino. Il Lido, privo della storica rotonda, in una confusione di competenze, tra il 1947 e il 1950, amplia oltre misura le sue strutture in cemento, moltiplicando così, in modo esponenziale, il numero delle sue cabine. Le polemiche non tardano a farsi sentire ma non sono sufficienti a fermare l’innalzamento di due cancelli, che impediscono l’accesso alla zona della spiaggia gestita dallo stabilimento, ai bagnanti provenienti dalla spiaggia libera.
Regna la casualità urbanistica. Sorgono sulla spiaggia ogni genere di manufatti: dai casotti a vere e propria casette in muratura, gli stabilimenti si moltiplicano e la frequentazione dalla spiaggia aumenta. È un nuovo inizio. Tuttavia manca un adeguato servizio di docce pubbliche e una vera e propria rete fognaria. La penuria d’acqua è incontrollabile e diventa un emergenza se si calcola il moltiplicarsi fuori controllo, in tutto l’arenile, di baracche ristorante.
L’urbanizzazione del retroterra procede nella più totale assenza di regole e si aggiunge ad una generale situazione di degrado.
Alla velocità con la quale avviene la trasformazione dell’intero volto dell’arenile non corrispondono altrettanto decisive regolamentazioni che pongano un limite e un senso al proliferare selvaggio delle costruzioni. Nel bel mezzo dei casotti è possibile talvolta vedere case in muratura, che colmano in modo brutale il vuoto lasciato dalla regolamentazione insieme a una incredibile varietà di costruzioni ammassate senza alcun criterio.
In mezzo a una varietà talora bizzarra di insediamenti le associazioni militari e aziendali allungano l’elenco di casotti e stabilimenti con proprie costruzioni. Compaiono strutture dedicate per i lavoratori delle Poste e della Manifattura tabacchi, delle Ferrovie e della Rinascente. Con stabilimenti in legno prima e in muratura poi, occupano un posto nell’arenile L’esercito, i Carabinieri, la Guardia di Finanza, l’aeronautica e i Vigili del Fuoco.
Nel 1958 la strada litoranea, priva di strutturazione dal 1932, si allaccia con la strada che congiunge Quartu al mare. Quartu diventa in questo modo una città aperta al mare.
Nella spiaggia cagliaritana, che vive i fasti di un paese proiettato verso il boom economico, si affaccia, quasi come contraltare, il dramma di danni irreparabili. La frequentazione delle spiagge è imponente e si contano più di 1400 casotti.
Sono la residenza estiva dei Cagliaritani. Attorno ai casotti pullula la vita di un vero quartiere. Le forme e i colori sono il prodotto della fantasia dei loro costruttori, semplici, spartani, o a seconda della disponibilità del portafoglio frutto di bizzarrie architettoniche. I più facoltosi sfoggiano mini-loggiati o villini a due piani, attrezzati di tutto. Disposti su più file si intonano bene con la spiaggia e i colori del mare. Con tutte quelle strisce verticali, orizzontali di colori diversi, in tinta unita, verde, azzurro, rosa, giallo e colori pastello tracciano una linea di separazione tra il bianco dell’arenile e l’azzurro del cielo. Ma se d’inverno il loro aspetto era triste e solitario, si ergevano come guardiani della spiaggia trattenendo la sabbia e formando candide dune.
La gioia e l’allegria di tempi d’oro lasceranno, col passare dell’onda più lunga, uno scenario irrimediabilmente compromesso.
Gli anni ’60 e ’70 rappresentano per il Poetto l’ultima occasione, purtroppo mancata, per l’elaborazione di un progetto organico. L’improvvisazione e le concessioni compiacenti hanno prodotto scompensi di ogni genere. Le proposte di progetto, da quelle più semplici a quelle più fantasiose, si susseguiranno all’infinito, ma non vedranno mai luce.
L’hotel Esit, sorto come un monumento alla mediocrità urbanistica, è il segno inequivocabile di un equilibrio per sempre spezzato.
Come risultato di opportunità troppo spesso sprecate, l’incredibile accatastarsi di errori e il crescente degrado fanno emergere un sentimento di frustrazione che talvolta, anche quando motivato dai migliori propositi, aggiungerà caos al caos. Uno degli esempi di tale mancanza di prospettive, forse quello più eclatante, è rappresentato dall’abbattimento con le ruspe del Lido, che risorgerà di lì a poco, peggiorato nell’aspetto e nelle strutture rispetto a quello di un tempo.
In uno scenario in cui gli stabilimenti vecchi e nuovi e i casotti la fanno da padrone non bisogna però trascurare i chioschetti, che, al di là delle dune, continuano da anni ad esercitare il loro ruolo storico di venditori di bibite e gelati.
Nel 1973 i tram vanno in pensione e vengono sostituiti da una rete viabile più efficiente. Si tratta di una rivoluzione tanto epocale quanto poco lungimirante, dal momento che, tolto un mezzo pubblico efficiente, il traffico, momentaneamente decongestionato, crescerà in modo esponenziale fino a raggiungere livelli insostenibili nei nostri giorni.
Il disastro non è mai stato più vicino alla perfezione come in questi anni. La gestione di un bene collettivo difficilmente poteva svolgersi in modo tanto scellerato e alle porte degli anni Ottanta, il Poetto è in pieno declino. I casotti, privi di elettricità e adibiti al solo uso diurno, la notte divengono preda dei vandali.
Gli anni Ottanta vedono un ulteriore aggravarsi delle condizioni igieniche di tutto il litorale e in particolar modo di quella occupata dai casotti. La neve che li ricoprirà nel Gennaio del 1985 è come il simbolo di un inverno che li ha travolti per sempre, di un gelo che ha infranto l’incantesimo di un tempo.
Tra il Marzo e il Maggio del 1986, a seguito di una battaglia civile e legale che ne sancisce l’ultimo colpo di coda, su quell’insolito paesaggio più volte paragonato ai metafisici Bagni di De Chirico, cala per sempre il sipario.
Il resto, disastroso ripascimento compreso, è storia recente. Adesso si spera nella rinascita ma i casotti, la Città Estiva e quel periodo onirico non ci sono più.
La storia di Cagliari e quella del Poetto (la principale spiaggia cagliaritana che si estende per circa otto chilometri, dalla Sella del Diavolo sino al litorale di Quartu Sant'Elena) si…
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