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“L’estate è bella, ma io non la vorrei”: confessioni di un’amante del crepuscolo

Comincia l’estate che a Cagliari e genericamente in Sardegna non corrisponde in pieno con il calendario metereologico: nella nostra Isola infatti in un non ben precisato giorno di maggio ti svegli e sai che dovrai essere molto più veloce del sole che sorge a tirare fuori dall’armadio canottiere, tshirt e infradito perché lui (il sole) è già alto a ricordarti che alle 13 ti farà schiattare.

E quando arriva il caldo qui non si scherza: l’asfalto visto in prospettiva, comincia a creare l’effetto miraggio e io inizio a sentirmi come quegli arbusti secchi che in ogni film sul vecchio west che si rispetti, rotolano solitari nel mezzo di una strada polverosa con un vago sottofondo stonato alla Sergio Leone.

Ed ecco che, nonostante tutto, devi continuare a svolgere le tue normali attività quotidiane in un momento però in cui anche alzare una forchetta per portarti il cibo alla bocca è faticosissimo. Andare a lavoro diventa come attraversare un girone dantesco: il volante della macchina ustiona le falangi e l’aria condizionata comincia a funzionare decentemente solo quando ormai sei giunto sotto casa e hai anche trovato prcheggio, per non parlare delle temperature da deserto del Gobi che compaiono nel cruscotto (prontamente immortalate in ogni storia o post social di chi ama sentirsi sempre sul pezzo, ma solo online ovviamente).

Portare un figlio al campo estivo si trasforma in un percorso degno di Giochi Senza Frontiere, edizione Sahara. Cerca parcheggio, trova parcheggio, parcheggia: deposita erede/i magari anche in protesta preadolescenziale (“basta, me ne voglio stare a casa, sono andato a scuola tutto l’anno, lasciami con l’aria condizionata, manga, videogiochi e cibo e vai dove devi andare”, come dargli torto…) e vallo a riprendere quando il sole, allo zenith, ti ha liquefatto anche gli ultimi neuroni rimasti.

Per non parlare dell’annosa domanda, richiesta, quasi un obbligo al quale quando rispondi “No, grazie ma senza rancore”, ti guardano con l’occhio sgranato come se Giorgia Meloni avesse capito che deve farsi gli affari suoi se una coppia vuole un figlio con l’utero in affitto: “Guarda che bella giornata, andiamo al mare?”, quando io vorrei solo leggermi un libro in silenzio, all’ombra, fissare un punto nel vuoto, imparare il punto croce o a suonare l’hukulele, insomma qualunque cosa tranne che mettere un piede, ma che dico un piede, un alluce, sulla sabbia. Ma su quest’ultimo argomento non mi dilungo troppo in quanto a breve vi riproporrò un evergreen relativo al fatto che, non tutti i sardi, amano andare in spiaggia, così come non tutti gli italiani amano la pizza e non tutti i tedeschi sono biondi. Incredibile, vero?

Detto ciò, resto pazientemente in attesa di un refolo di maestrale che mi faccia rialzare la pressione e di una pioggia ristoratrice che permetta ai miei polmoni rinsecchiti dall’afa di riprendersi, unendomi al mantra, che ormai ho fatto mio di una donna saggia che un giorno mi disse: “Le giornate di sole sono belle solo per chi non ha niente da fare”.

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