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In Emilia per curare il bambino con una rara patologia agli occhi: “Vi raccontiamo la nostra odissea”

Spesso nella nostra Regione determinate patologie, per lo più quelle rare, capita sia difficile che possano essere curate nelle strutture sanitarie che abbiamo, cosa che costringe il malato e/o la famiglia dello stesso a frequenti viaggi della speranza. Perché è di questo che si tratta: muoversi dalla Sardegna non è mai facile, è estremamente dispendioso e obbliga a trasferte estenuanti appesantite oltretutto dal bagaglio della patologia da seguire.

Nell’intervista di oggi vi raccontiamo cosa è successo a Ivan Fonnesu durante una di queste trasferte, vittima, insieme alla sua famiglia, “di una trappola e del metodo iniquo” del servizio pubblico dei trasporti emiliano.

“Abito in Sardegna e periodicamente devo recarmi presso l’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia per curare mio figlio, che soffre di una malattia rara che lo ha colpito agli occhi. La mancanza di strutture sanitarie adatte nella nostra Isola ci costringe a frequenti viaggi della speranza. Viaggi costosi, stressanti e impegnativi.

L’aeroporto di Parma è la destinazione più economica da Cagliari, da lì arriviamo alla stazione dei treni e, in 20 minuti di viaggio su rotaie, siamo finalmente a Reggio Emilia. Durante l’ultima trasferta è successo qualcosa di inverosimile.

Arriviamo a Parma il 26 aprile alle 8:00 del mattino. All’uscita dell’aeroporto attendiamo l’autobus numero 6 che ci porterà alla stazione dei treni. La fermata è affollata, tutti vogliono salire sull’unico autobus a disposizione. L’autista sollecita i passeggeri ad accomodarsi all’interno spazientito, ma lo spazio è palesemente insufficiente per tutti. Dentro è impossibile comprare il biglietto, è impossibile anche muoversi di pochi centimetri, data la calca.

Sull’autobus c’è una macchinetta elettronica sulla quale appoggiare la propria carta di debito per pagare il biglietto. Ciò vuol dire che solo chi ha un conto corrente con dei soldi dentro e una carta associata può permettersi di salire regolarmente. Inoltre il sistema riconosce una carta per ogni passeggero. Questo implica che un padre di famiglia che viaggia con moglie e figlio al seguito non possa acquistare i biglietti per tutti i membri della famiglia, a meno che tutti i membri della famiglia abbiano la propria carta di credito associata a un conto bancario.

Alla prima fermata dopo quella dell’aeroporto salgono i controllori che, facendosi strada a fatica tra la calca, iniziano a controllare le carte di credito dei passeggeri. Le multe fioccano in quantità, data la difficoltà a regolarizzare la propria posizione all’interno dell’autobus. Ammontano a 75 euro per ogni persona, costo incredibilmente alto e ingiusto vista la difficoltà non solo a reperire i biglietti, ma soprattutto per il trattamento discriminatorio a cui sono sottoposti gli utenti a cui sarebbe rivolto il servizio.

Tutto ciò rivela, come spesso accade, la distanza e l’indifferenza tra mondo reale e la gestione politica dei servizi destinati alla popolazione. Se si comprendesse solo quanto lavoro è necessario per una persona comune guadagnare 75 euro si eviterebbe non solo di infliggere ammende tanto spropositate, ma si favorirebbe il funzionamento di un servizio pubblico che, in realtà, dovrebbe essere più democratico e gestito in modo da non sembrare una trappola per infliggere multe esose ai malcapitati di turno.

Parlando del mio caso specifico aggiungo che i biglietti dei mezzi di trasporto che acquisto durante questi viaggi della speranza mi vengono rimborsati interamente dalla Regione Sardegna, quindi non ho nessun motivo per tentare di viaggiare nei mezzi pubblici di un’altra città abusivamente.

Si tratta di metodi iniqui, utili solo a fare cassa attraverso la gestione spregiudicata di un servizio pubblico, ed è tristissimo vedere come onesti cittadini, nonché contribuenti, siano trattati come limoni da spremere solo perché non hanno la possibilità di essere curati nella propria Regione di residenza”.

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