Lo sapevate? Sino a cento anni fa al posto del Palazzo Valdes c’era una grande osteria
La costruzione di palazzo Valdes cominciò nel 1901. Prima invece c'era l'Osteria Pigheddu, poi Valdes. Nel XIX secolo a Cagliari, le osterie non erano delle rivendite di vino ma delle locande o dei caravanserragli, veri e propri stallaggi dove i trasportatori di merci, che venivano con i loro carretti dai paesi limitrofi dell'interno, potevano alloggiare, custodire il loro prezioso carico e far riposare anche gli animali. L'osteria di Pigheddu verrà poi distrutta per far spazio alla seconda porzione del palazzo Valdès nel 1928.
Lo sapevate? Sino a poco più di cento anni fa al posto del Palazzo Valdes c’era una grande osteria.
La costruzione di palazzo Valdes cominciò nel 1901. Prima invece c’era l’Osteria Pigheddu, poi Valdes. Nel XIX secolo a Cagliari, le osterie non erano delle rivendite di vino ma delle locande o dei caravanserragli, veri e propri stallaggi dove i trasportatori di merci, che venivano con i loro carretti dai paesi limitrofi dell’interno, potevano alloggiare, custodire il loro prezioso carico e far riposare anche gli animali. L’osteria di Pigheddu verrà poi distrutta per far spazio alla seconda porzione del palazzo Valdès nel 1928.
L’osteria di Mastro Pigheddu era una delle più importanti di Cagliari; ci fornisce notizie interessanti e significative il libro di Enrico Valdes “Di colori e d’ombre” – Delfino editore. Valdes ci racconta che “…Muratori e manovali iniziarono la loro giornata all’alba. Erano arrivati, a piedi o su carri, dalla periferia della città e dai paesi vicini. L’appuntamento era tra il terrapieno di Biddanoa, Villanova, e s’arrughixedda, oggi la via Sulis. Ad aspettarli trovarono il geometra e il capo cantiere, accompagnati da Salvatore Pigheddu, l’appaltatore delle fontane civiche, che aveva in affitto quell’area cittadina. Nella terra di quel luogo gli uomini affondarono picconi e vanghe e aprirono solchi, ponendo le fondamenta di un fabbricato, che avrebbe avuto alloggi, bagni d’acqua dolce e una bottega del caffè, circondata da un bel giardino. Da subito la costruzione, disposta ad arco intorno ad un cortile interno, venne chiamata l’osteria de Pigheddu, dal nome del proprietario. Non era una mescita di vino, ma un luogo di sosta e alloggio per i carrettieri che, con i loro animali, trasportavano dalla campagna le mercanzie destinate alla città di Cagliari. Era il posto dell’ordinata confusione. Là risuonavano voci umane, fischi, il ragliare degli asini e il nitrito dei cavalli. ”De aundi ses benendi, o Boiccu? Da dove stai arrivando, Salvatoricco?” ”Non mi ndi fueddis, seu partiu chizzi de Muravera po portai tottu custus arangius. Seu cansau mera e immoi mi depu fuliai in su lettu. Aggiuramì, po prexeri, a sistemai is cuaddus. Non me ne parlare, sono partito presto da Muravera per portare tutte queste arance. Sono molto stanco e adesso mi voglio buttare sul letto. Aiutami, per favore, a sistemare i cavalli.”
In quest’altra foto più recente la struttura completa vista dal Bastione e sulla destra la prima parte del Palazzo Valdes, che fu edificato a più riprese.
Il palazzo Valdés occupa una vasta area in pendenza compresa tra il viale Regina Elena, la piazza Marghinotti e la via Sulis, già occupata dalla “osteria” Valdés, tipico alloggio per uomini e animali della Cagliari ottocentesca.
Sotto le mura del Terrapieno, dall’altra parte della strada, al posto delle vecchie mura, adesso c’è la Passeggiata Coperta del Bastione, davanti a Palazzo Valdes è sistemata l’attuale piazza Marghinotti, mentre nel Medioevo e sino all’Ottocento in questo punto si trovava una delle porte storiche di Villanova, la porta dei Calderai.
La realizzazione dell’edificio avvenne in due periodi differenti. L’ingegnere Niccolò Mura ideò il progetto relativo al primo blocco eretto tra il 1901 e il 1915, che si affaccia sul lato del Bastione di Saint Remy. L’ingegnere Riccardo Simonetti, è invece l’autore del progetto riguardante l’ampliamento messo in atto nel 1926, della facciata che si estende fino alla Piazza Marghinotti.
A causa dei bombardamenti aerei del 1943 il palazzo subì ingenti danni e fu fatto oggetto di un’accurata opera di recupero nel dopoguerra. Il palazzo fu restaurato nel dopoguerra. I due blocchi sono interamente diversi tra loro anche se i lavori di ampliamento non hanno comportato sostanziali modifiche nello stile architettonico. Sono differenti anche i materiali adoperati per le due parti: granito e pietra calcare nel basamento e terracotta per gli ornamenti nella parte che si affaccia sul Viale Regina Elena; graniglia di cemento e cotto per la facciata antistante la Via Sulis e Piazza Marghinotti.
Come riporta Sardegna Cultura la costruzione fu realizzata in due tempi senza troppi sfasamenti stilistici, anche se le due parti sono nettamente differenti. Il primo blocco si deve al progetto dell’ingegnere Mura. Il basamento è in granito e in pietra calcarea, mentre la parte decorativa è realizzata con terracotta. L’ampliamento, a monte del primo, è stato realizzato su progetto dell’ingegnere Simonetti, si distingue per il fronte avvolgente fino al prospetto sulla piazza Marghinotti. L’esuberante decorazione è in graniglia di cemento colorato, ma il lato lungo la via Sulis, meno importante, ha ornamenti in cotto conseguentemente meno ricchi. Il palazzo fu gravemente danneggiato dai bombardamenti ed è stato fedelmente ripristinato nel dopoguerra.
Simonetti amplia l’edificio fino alla Piazza Marghinotti conferendo alla facciata un andamento curvilineo. La parte più antica, lungo il viale Regina Elena, presenta un basamento in granito e pietra calcarea, mentre ai piani superiori spiccano decorazioni in terracotta, ispirate allo stile Liberty, con teste femminili che sporgono dalle cornici delle finestre. Sulla piazza Marghinotti la decorazione in graniglia di cemento colorato con festoni e conchiglie è, invece, di ispirazione neobarocca. Il fronte su via Sulis riprende gli ornamenti in cotto.
Il palazzo fu costruito per volontà del mecenate Pietro Valdés (ci sono le sue iniziali nella decorazione della facciata) e oggi è posto oggi sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali.
Lo stile Liberty si diffuse tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, grazie ad una grande espansione della città. Questo stile chiamato chiamato anche Art Nouveau, esprimeva le aspirazioni della società borghese negli anni della Belle Époque. Le caratteristiche stilistiche principali erano l’utilizzo di angoli smussati e arrotondati. Presentava inoltre, decorazioni con fasce di linee curve chiamate “colpi di frusta”. Mentre, altro elemento importante erano i tanti motivi naturalistici. Alberi, rami, foglie, fiori, frutti, uccelli, insetti e figure femminili allungate ne erano parte integrante.
Lo sapevate? A Santa Maria Navarrese vive uno degli alberi più antichi d’Europa
Vicino alla chiesa della frazione marina di Baunei vive un grandioso ulivastro millenario, che secondo gli esperti di botanica potrebbe avere circa duemila anni.
Lo sapevate? A Santa Maria Navarrese vive uno degli alberi più antichi d’Europa.
Vicino alla chiesa della frazione marina di Baunei vive un grandioso ulivastro millenario, che secondo gli esperti di botanica potrebbe avere circa duemila anni.
L’albero è alto circa 10 metri e la circonferenza del fusto è di ben 8 metri e 40 cm (misurata ad 1 metro e 30 cm da terra). Come riporta Turismo Baunei queste dimensioni ne fanno uno degli olivastri più imponenti di tutta Italia e non a caso questo esemplare, insieme agli altri ulivastri della piazza sottostante la chiesa, è stato dichiarato “Monumento naturale”, su iniziativa della Regione Sarda, nel gennaio del 1994. In passato, a Baunei, era tradizione ricavare l’olio santo proprio dai semi di olivastro. Fino agli anni Cinquanta, nei giorni della festa dell’Assunta, all’ombra dell’olivastro millenario veniva posizionato il banco vendita dei macellai di Baunei, che per l’occasione erano autorizzati a vendere la carne nel piazzale della chiesa. In virtù degli accordi stabiliti a metà Ottocento, i macellai di Lotzorai potevano invece sistemare il loro banco solamente a qualche centinaio di metri dalla chiesa, al confine tra i due territori comunali.
Lo stato vegetativo dell’albero è attualmente abbastanza buono, anche se il tronco è in parte cavo. Alcune tracce d’incendio che il tronco presenta risalgono al 10 febbraio del 1968, quando fiamme di origine dolosa lo danneggiarono, fortunatamente non in modo grave. L’episodio è significativo e merita di essere raccontato, anche perché dimostra l’attaccamento della popolazione locale a questo patriarca arboreo. Alla fine degli anni Sessanta il nucleo abitativo principale di Santa Maria era nei pressi dell’ “Hotel Agugliastra”, inaugurato alcuni anni prima, e di fronte a quelle poche abitazioni vi era una delle fermate degli autobus di linea che collegavano i paesi della pianura a quelli della montagna. Nel tardo pomeriggio di quel 10 febbraio, dalla fermata dell’autobus qualcuno si accorse che l’olivastro stava andando a fuoco e lanciò l’allarme. In pochi minuti decine di persone si precipitarono intorno all’albero armate di secchi d’acqua riempiti nella vicina fontana, e grazie a questo tempestivo intervento il principio d’incendio fu immediatamente domato.
L’identità del piromane, che con il suo insano gesto, quel 10 febbraio 1968, ha rischiato di ridurre in cenere l’ “Olivastro Millenario” di Santa Maria Navarrese, non è mai stata accertata.
L’esistenza degli olivastri si può ricondurre all’uso di lasciar crescere, presso i luoghi sacri, alberi spontanei, o di piantarne, allo scopo di averne riparo contro il sole in occasione della visita.
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