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Lo sapevate? Prima della sua creazione la Costa Smeralda si chiamava “Monti di Mola”

Lo sapevate? Prima della sua creazione la Costa Smeralda si chiamava “Monti di Mola”.

Negli anni ’50 la natura dell’area nord-orientale della Sardegna era selvaggia e ospitava poche semplici e grezze strutture rurali, gli stazzi, in cui soggiornavano i pastori durante i loro spostamenti con greggi e mandrie. Quasi completamente disabitato, il territorio che poi fu chiamato Costa Smeralda, erano i Monti di Mola.

Fino a cinquant’anni fa le poche famiglie che popolavano le campagne di Monti di Mola diffidavano dei terreni più prossimi al mare, malarici e improduttivi. Nessuno li voleva e spesso finivano in eredità come i pezzi meno pregiati del patrimonio familiare: quei litorali allora ripudiati, oggi sono il cuore della Costa Smeralda.

Il 1959 fu l’anno della svolta. Giovanni Filigheddu, consigliere regionale originario di Arzachena, convinse John Duncan Miller, rappresentante della Banca Mondiale in Europa, a visitare la Gallura, durante un pranzo a base di spaghetti e vino.

La zona fino ad allora era selvaggia, aspra e bellissima. L’espressione Monti di Mola e poi Costa Smeralda indica il tratto della costa di Arzachena, che si estende dal Capo Ferro – situato poco più a nord di Porto Cervo –, fino al golfo di Cugnana, all’inizio del territorio comunale di Olbia, presso la spiaggia di Rena Bianca Portisco.
Il territorio era rimasto prevalentemente disabitato fino alla nascita.

Monti di Mola è anche una canzone del grande cantautore genovese Fabrizio De André, che fa parte dell’album “Le Nuvole”, del 1990.


Il testo è in dialetto gallurese (i Monti di Mola come detto non sono altro che il nome originale della Costa Smeralda).

La canzone racconta dell’improbabile amore tra un giovane uomo (un cioano vantaricciu e moru) e un’asina bianca (un’aina musteddina), incontratisi una mattina (la manzana). Venuto a sapere dell’amore dei due (…nudda si po fa, nudda, in Gaddura, che no lu ènini a sapi int’un’ura.), il paese decide di organizzare il matrimonio (E lu paesi intreu s’agghindesi pa’ lu coju.) che non si potrà realizzare per un problema burocratico: i due risultano essere cugini di primo grado (Ma a cujuassi no riscisini l’aina e l’omu, che da li documenti escisini fratili in primu).

 

 

«C’è una data che segna la storia della nascita della Costa Smeralda: è il 14 giugno 1959. Nello stazzo di Antonia Orecchioni a Liscia di Vacca, venne sottoscritto l’atto notarile che segnò il passaggio di mano dei terreni dell’intera baia di Porto Cervo, i “Monti di Mola”, 145 ettari su cui non c’era nessuna costruzione, né mai ce n’era stata, e in cui pascolavano solo capre e mucche».

Le foto delle prime costruzioni in Costa Smeralda – FOTO ARCHIVIO GUIDO PIGA

Ecco il racconto integrale della pagina Facebook Consorzio Costa Smeralda:

«C’è una data che segna la storia della nascita della Costa Smeralda: è il 14 giugno 1959. Esattamente 60 anni a oggi, nello stazzo di Antonia Orecchioni a Liscia di Vacca, venne infatti sottoscritto l’atto notarile che segnò il passaggio di mano dei terreni dell’intera baia di Porto Cervo, 145 ettari su cui non c’era nessuna costruzione, né mai ce n’era stata, e in cui pascolavano solo capre e mucche.

Davanti al notaio Mario Altea di Tempio, a vendere furono alcuni rami della famiglia Orecchioni, che ne avevano il possesso dalla metà del Settecento, e a comprare fu Giuseppe Mentasti, noto Kerry, classe 1908, milanese, proprietario dell’Acqua San Pellegrino, della leggendaria barca “Croce del Sud” e della squadra ciclistica San Pellegrino che stava lavorando, proprio in quel periodo, al colpo del secolo: Bartali direttore sportivo e Fausto Coppi capitano; il destino crudele volle diversamente per il Campionissimo.

Fu quella la prima colossale vendita della storia, l’inizio della grande rivoluzione di nome Costa Smeralda. Mai prima di allora, in quella terra che si chiamava Monti di Mola, erano stati venduti, in un colpo solo, centinaia di ettari. Mai prima li aveva acquisiti uno che non fosse un agricoltore, un allevatore, un gallurese.

Nulla accadde per caso, nulla fu lasciato al caso. Mentasti era un grande navigatore e, dalla metà degli anni Cinquanta, la sua “Croce del Sud” costeggiava la Gallura nel periodo estivo. Nel 1954 comprò l’isola di Mortorio. Anni dopo, come raccontò in seguito, scoprì Porto Cervo. “Un giorno il mare non accennava a calmarsi e allora con un amico decidemmo di lasciare la barca e di andare a fare un giro in jeep – spiegò l’industriale per i 25 anni della Costa Smeralda –. Dall’alto di una collina vidi una baia ben delineata nei suoi confini, un piccolo golfo. Era Porto Cervo. Capimmo perché non l’avevamo visto prima: le grandi secche sulla sinistra e sulla destra consigliavano di tenersi al largo e la montagna che era sul fondo, così da lontano, pareva un tutt’uno con la costa”.

Quando entrò nella baia con la barca, se ne innamorò. Cominciò a trattare quelle terre con gli Orecchioni, fino a quando non li convinse a venderle tutte. Quel giorno di 60 anni fa ebbero così un nuovo padrone i terreni su cui ora sorge il cuore di Porto Cervo, la Piazzetta, il molo vecchio, la chiesa di Stella Maris, il “quartiere” di Sa Conca, il porto nuovo, lo Yacht Club. Nell’atto notarile quegli appezzamenti avevano nomi galluresi: l’Avru, l’Isula Longa, l’Isula Tunda. Non è mai citato il nome Porto Cervo; semplicemente nessuno, nonostante il nome fosse attestato sulle carte fin dal Duecento, lo chiamava così. Per tutti, era “lu poltu mannu”, il grande porto.

Passeranno quattro anni da quel 14 giugno 1959 prima che Mentasti prenda, a sua volta, una decisione fondamentale per la Costa Smeralda: quella di vendere all’Aga Khan. Era la primavera del 1963 e il Principe, guardando dall’alto quei terreni che gli Orecchioni avevano sempre lavorato con fatica e dignità, disse che lì, in poco tempo, sarebbe nato un vero porto, un centro bellissimo, una piazzetta meravigliosa. Lo presero per un sognatore. Il 14 agosto 1964 – cinque anni dopo l’atto tra gli Orecchioni e Mentasti – Porto Cervo aprì le sue porte agli ospiti di mezzo mondo. Quel sogno, che sembrava impossibile da realizzare, era diventata realtà».

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