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Lo sapevate? L’eccidio di Buggerru nel 1904 scatenò il primo sciopero generale della storia in Italia

Lo sapevate? L’eccidio di Buggerru nel 1904 scatenò il primo sciopero generale della storia in Italia.

 

Lo sciopero di Buggerru nel 1904.

 

Il 4 settembre 1904 per sedare lo sciopero indetto dai minatori, inferociti per i pesantissimi orari di lavoro, l’esercito sparò sulla folla uccidendo quattro di loro. L’impatto emotivo, sociale e politico fu immediato, non solo a Buggerru, ma in tutta Italia e di lì a poco venne organizzato il primo grande sciopero nazionale in Italia, che fu anche il primo in Europa.

 

Il primo sciopero generale.

Ecco come andarono i fatti. Nel 1871 il deputato e ingegnere Quintino Sella svolse un’approfondita indagine sulle condizioni dell’industria mineraria in Sardegna. Nei diciotto giorni passati sull’isola visitò quindi le miniere e le industrie metallurgiche, e – fra le altre cose – rilevò la disparità di trattamento salariale fra i minatori sardi e quelli del resto d’Italia. Fra le tappe anche Buggerru, grosso borgo minerario nonché quinto centro abitato dell’Isola.

Tutto, nella zona, era allora proprietà della Societé anonime des mines de Malfidano, fondata a Parigi e motivo per cui il centro era anche noto come petite Paris, data appunto l’origine dell’aristocrazia dominante, che aveva ricostruito un certo clima culturale nell’intera Buggerru. Di questa faceva parte anche Achille Georgiades, greco arrivato in Sardegna per dirigere le miniere della Società, avente il proprio centro operativo proprio nel borgo. I minatori, invece, erano uniti nella Lega di resistenza, obbligati a turni disumani, sottopagati e vittime di frequenti incidenti mortali sul lavoro. Fu in risposta a queste condizioni che fin dai primi mesi del 1904 iniziò una tumultuosa serie di scioperi, i quali andarono rinvigorendosi a maggio, quando nell’ennesimo incidente furono in quattro a perdere la vita.

Buggerru, Laveria.

Buggerru, nella costa sud occidentale della Sardegna ha 1066 abitanti. Agli inizi del 1900 la popolazione era cinque volte superiore a quella attuale e venivano censiti 5.749 abitanti; il motivo era dovuto all’intensa attività mineraria, che in quegli anni raggiunse i picchi di maggior produzione. Proprio alle vicende minerarie è dovuta la nascita del borgo di Buggerru nel 1864, sullo sbocco a mare di una impervia valle, il Canale Malfidano, dal quale deriverà il nome della più importante miniera della zona, la Miniera Malfidano.

Buggerru era nota come petite Paris perché i dirigenti vi si erano trasferiti con le loro famiglie e avevano ricreato un ambiente culturale parigino, con il cinema, il teatro, la scuola, negozi e circoli elitari. Ma era la loro città, una città parallela, perché quella dei minatori era ben diversa.

I minatori vivevano “in cameroni luridi, senza aria e senza luce, contro ogni principio di igiene e di umanità” e che “si difetta di acqua potabile e non è strettamente osservata l’applicazione della legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli e quella degli infortuni“; i minatori svolgevano turni massacranti, stavano anche 8 ore ininterrotte sotto terra, senza giorno di riposo, per paghe bassissime. I salari nelle miniere sarde erano tra i più bassi del mondo.

 

 

Il momento di massima tensione si raggiunse però soltanto a settembre. Il 2 il direttore diramò infatti la decisione che avrebbe scatenato l’inferno: l’orario di riposo per coloro che lavoravano all’esterno della miniera veniva ridotto, e dalle quattro ore previste fino ad allora si passò a tre soltanto. In Sardegna – ritennero i minatori – le temperature non permettevano però di riprendere il lavoro già alle 13, e questo indusse li a lasciare sguarnite tutte le posizioni di lavoro fin dal giorno stesso.

La sera giunsero quindi a Buggerru due militanti socialisti, Giuseppe Cavallera e Alcibiade Battelli, membri della Lega, e la domenica del 4, mentre la delegazione trattava con la dirigenza e gli operai stavano riuniti di fronte alla sede della direzione generale, arrivarono invece due compagnie del 42esimo reggimento di fanteria, quegli aiuti tanto invocati dalla dirigenza della miniera. Si decise allora di sistemare i soldati nei locali della falegnameria, e a tre minatori fu dato il compito di prepararne i locali. Quando la folla già nervosa iniziò a tirare sassi alle finestre dell’edificio – per obbligare i soldati a rimandare fuori i tre uomini – la tensione raggiunse l’apice, e l’esercito sparò sulla folla. In due rimasero a terra, uccisi sul colpo, mentre un terzo – Giustino Pittau – morì dopo quindici giorni in ospedale. Anche un quarto, in realtà, morì a soli venti giorni di distanza, ma mancano le fonti certe per ricondurne il decesso alla sparatoria di quel tragico 4 settembre.

L’impatto emotivo, sociale e politico fu immediato, non solo sul paese ma sullo Stato intero, e in risposta la Camera del Lavoro di Milano decise di indire il primo sciopero nazionale della storia d’Italia.

 

Il 9 settembre la Camera del Lavoro di Monza fu votato un ordine del giorno secondo cui a una nuova strage si sarebbe risposto con lo sciopero generale; l’11 settembre la Camera del Lavoro di Milano lanciò un appello a tutti i lavoratori per uno sciopero da svolgersi nei successivi otto giorni con la richiesta di una legge sul disarmo delle forze dell’ordine in occasione di conflitti del lavoro. Sorsero contrasti tra il sindacato e il Partito Socialista circa l’opportunità e gli obiettivi dello sciopero e si susseguirono diverse riunioni. Ma il 14 settembre arrivò notizia dell’ennesimo eccidio: a Castelluzzo in provincia di Trapani i carabinieri spararono sui contadini e ci furono due morti e dieci feriti.

Non c’era più tempo per le riunioni. La Camera del Lavoro proclamò lo Sciopero Generale dal 16 settembre al 20 Settembre.

Fu il primo sciopero generale di tutti i lavoratori della storia d’Italia e d’Europa.

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