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Lo sapevate? La domus de janas di Sant’Andrea Priu fu riutilizzata in epoca tardo romana come chiesa

Lo sapevate? La domus de janas di Sant’Andrea Priu fu riutilizzata in epoca tardo romana come chiesa.

Si tratta di uno dei monumenti più belli e spettacolari della Sardegna: la domus de janas di Sant’Andrea Priu nel territorio di Bonorva.

 

 

La necropoli, antica circa cinquemila anni, ricca di simbolismi preistorici, fu riusata per lungo tempo: in età romana e poi bizantina la tomba del Capo fu trasformata in chiesa rupestre, una delle prime al tempo delle persecuzioni. Qui si nascosero i primi cristiani sardi che scappavano dalle persecuzioni romane.

La necropoli prenuragica di Sant’Andrea Priu, scavata nella roccia trachitica, si trova in una piana a meno di dieci chilometri da Bonorva e non lontano dal villaggio di Rebeccu. Il complesso funerario è composto da venti domus de Janas risalenti al periodo neo-eneolitico (IV-III millennio a.C.). Le domus sono scavate sulla parete e anche sul pianoro di un affioramento trachitico alto 10 metri e lungo 180. Al loro interno, meraviglia nelle meraviglie, sono riprodotti particolari architettonici abitativi per ricreare ambienti simili alla casa del defunto.

Tra le domus spicca la tomba del Capo, che ha un’estensione di 250 metri quadri e comprende 18 ambienti disposti a labirinto attorno a due vani principali. Un atrio introduce nell’anticella semicircolare (sette metri di diametro). Le due celle retrostanti, rettangolari, sono disposte in successione longitudinale. Sulle loro pareti si aprono portelli che portano a numerose celle secondarie con nicchie e banconi. La tomba a capanna è circolare (tre metri di diametro) ed è preceduta da un vano rettangolare.

I due ambienti presentano sul pavimento coppelle votive: tre nell’anticella e ben 15 nella cella principale. Il soffitto è decorato da una raggiera di solchi incisi nella roccia: sono la rappresentazione delle travature del tetto delle capanne eneolitiche. La tomba a camera riproduce architetture di un’abitazione: un padiglione d’ingresso introduce nell’ambiente maggiore, rettangolare. Il secondo vano ha due pilastri e un soffitto che riproduce un tetto a doppio spiovente. Altre sepolture mostrano elementi simbolici: sul pavimento di una tomba minore è realizzato un focolare con anello circolare in rilievo. Al di sopra del costone che ospita le tombe si trova una roccia molto particolare, chiamata “il Campanile” o anche “toro sacro” per la sua forma: non si tratta di una scultura, come si pensava, in realtà è un monolito di trachite modellato dagli agenti atmosferici.

La necropoli fu riutilizzata in epoca romana e poi bizantina, fino all’epoca medievale: la tomba del Capo fu trasformata in chiesa rupestre. Più volte intonacata e affrescata con scene del Nuovo Testamento, fu intitolata a sant’Andrea. Adattata al culto forse già nel periodo bizantino, fu riconsacrata, nel 1313, dal vescovo di Sorres Guantino di Farfara. Con la trasformazione in chiesa rupestre gli ambienti principali vennero utilizzati rispettivamente come nartece per i catecumeni, aula per i fedeli battezzati e bema (o presbiterio) riservato agli officianti i riti religiosi. Questo luogo è considerato una delle prime chiese nel tempo delle persecuzioni e l’ennesima dimostrazione di un tempio cristiano costruito in uno spazio pagano.

Nelle domus, tra disegni geometrici e ocra rossa preistorici, sono presenti iscrizioni medievali e affreschi paleocristiani: figure femminili, ghirlande ed uccelli. Il soffitto conserva invece lembi dell’originaria stesura d’intonaco preistorico, dipinto con ocra rossa.

Molti degli affreschi presenti sono ben conservati: si distingue perfettamente un ciclo di affreschi di scuola romanica con scene del Nuovo Testamento che vanno dall’Annunciazione alla Visitazione di Maria a Elisabetta, alla Nascita di Gesù, all’Adorazione dei Re Magi, e poi la Presentazione di Gesù al Tempio, la Strage degli innocenti, san Giovanni Battista ecc. Al centro di una parete il Cristo in trono, contornato dai quattro evangelisti, leva la mano benedicente.

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