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Lo sapevate? Nella grotta di Ispinigoli a Dorgali c’è la stalagmite più alta d’Europa

Lo sapevate? Nella grotta di Ispinigoli a Dorgali c’è la stalagmite più alta d’Europa.

Nella Grotta di Ispinigoli, nel territorio di Dorgali, sorge la maestosa colonna calcarea alta 38 metri, la più grande d’Europa e una delle più alte al mondo.

La colonna di 38 metri unisce la parete superiore con quella inferiore e rappresenta un’attrazione imperdibile.

La grotta di Ispinigoli prende il suo nome proprio da questa spettacolare caratteristica che sembra appunto una “spina nella gola”. Situata dopo l’uscita di Dorgali, nella località omonima , la grotta può essere visitata passando per un percorso attrezzato, in mezzo ad un suggestivo ambiente, tra stalattiti e stalagmiti dalle forme più varie e pareti e concrezioni ondulate che con i loro colori offrono giochi di chiaroscuro di raro fascino, che si intensifica scendendo lungo la scala in cui le formazioni di calcare giallastro, di forme e sfumature diverse, raggiunge il fondo della grotta, fino alla base dell’enorme colonna. Il percorso si compie scendendo 280 gradini.

La grotta, come riporta un testo della cooperativa Ghivine (che gestisce il monumento naturale) è stata aperta al pubblico nel 1974 e da allora oltre 40.000 visitatori all’anno vanno ad osservare da vicino questa magnifica cavità.

La grande sala appartiene al complesso carsico Ispinigoli – San Giovanni su Anzu – sos Jocos. La grotta mantiene una temperatura costante durante tutto l’anno di 17 gradi, caratterizzata da un’ampia sala di circa 80 metri di diametro.

Si tratta di tre grotte comunicanti che raggiungono la lunghezza totale di 17 km; questo sistema carsico si orienta in direzione Sud Ovest-Nord Est nelle viscere del monte S’Ospile con tre ingressi che si aprono a quote diverse. Ciò crea delle differenze di pressione che generano all’interno una corrente d’aria continua, con la temperatura che si mantiene di 16-17 gradi in tutte le stagioni.

Le grandi gallerie di questa cavità carsica sono caratterizzate da notevoli depositi di argilla, enormi colonne e innumerevoli bianche concrezioni. Nel fondo di questo complesso scorrono piccoli torrenti sotterranei che vedono la luce nella vicina Grotta di San Giovanni Su Anzu.

Il sistema venne esplorato in modo sistematico sin dal 1954 dal Gruppo Grotte di Nuoro che individuò il collegamento tra le due cavità. Le ricerche continuarono negli anni successivi ad opera dei grandi esperti della speleologia sarda: Padre Furreddu, Bruno Piredda e il piemontese Eraldo Saracco che nel 1965 perse la vita precipitando nel secondo pozzo della Grotta. A lui è dedicata la targa all’ingresso del ramo speleologico.

Nel 1995 gli speleologi di Dorgali e di Sassari trovarono il collegamento fra la Grotta di Sos Jocos e quella di San Giovanni di Su Anzu, anche se l’intero complesso non è stato ancora totalmente rilevato. La Grotta suscitò grande interesse scientifico per i ritrovamenti fossili di una lontra dell’era glaciale, importanti reperti archeologici di età nuragica, punica e romana che testimoniano un lungo utilizzo della cavità carsica come luogo di sepoltura e di culto. Tra i rinvenimenti si segnalano i vaghi in pasta vitrea attribuibili all’età punica e all’età romana e tardo romana. Inizialmente questi ritrovamenti alimentarono la leggenda di un luogo legato ai sacrifici umani in epoca punica, perciò la voragine fu denominata L’Abisso delle vergini.

L’Abisso delle Vergini viene così chiamato in quanto la sua struttura non è facilmente accessibile. Si tratta infatti di uno stretto e profondo imbuto che mette in comunicazione le diramazioni sotterranee della grotta e che si sviluppa per circa 12 km ed è accessibile solo a speleologi esperti.

Sino agli anni Ottanta si pensava che nella grotta di Ispinigoli si consumassero sacrifici umani. La teoria riportata è che giovani fanciulle ingioiellate venissero fatte precipitare ancora vive nell’inghiottitoio.

Dei primi rinvenimenti, risalenti alla primavera del 1961, la soprintendenza era stata informata, e molto materiale (290 perline di pasta vitrea, anelli e bracciali di bronzo, due minute falangi cui gli anelli s’erano concrezionati, piccoli resti umani, monili e simboli solari) era stato ritrovato. Inizialmente si pensò anche a delle sepolture ipogee, teoria che successivamente è stata confermata. Ma il dubbio resta: qui si compivano sacrifici umani? Durante le guerre mondiali, Ispinigoli fu luogo di rifugio e, fino a metà XX secolo, era usata dai pastori come riparo per il gregge.

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