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Alessandra ed Enrico, cuore e coraggio per Aurora: “Nostra figlia è dolcissima e capace di capire gli altri”

Aurora Deplano veste alla moda dei suoi 14 anni. Ascolta la musica, è golosa di dolci e ama stare con gli altri suoi coetanei. Frequenta gli ultimi mesi di scuola media e dal prossimo settembre approderebbe nel mondo delle scuole superiori. Ma non è così facile, purtroppo.

Già, perché Aurora è affetta da una variante della sindrome di Rett, un problema neurologico cognitivo che le impedisce di parlare, muoversi e mangiare in piena autonomia, e di vivere la sua quotidianità di adolescente senza il costante bisogno di assistenza. E forse di frequentare la prima superiore. Per mamma Alessandra e papà Enrico un continuo peregrinare da un istituto all’altro, alla ricerca di quello capace di andare incontro alle sue difficoltà. “Stiamo ancora valutando, alle prese con la modulistica, compatibilmente con le cure che dobbiamo garantire a nostra figlia”. Al momento, però, le scuole superiori sbarrano i loro cancelli alla giovanissima.

Un nome bello “come il sorgere del sole”, quello scelto da Alessandra Piroddi ed Enrico Deplano, genitori cuore e coraggio della piccola Aurora che vuole solo che le si riconosca il diritto di vivere la sua vita. “La società purtroppo non è in grado di accoglierla, per via della sua disabilità. Eppure, sulla carta i diritti per lei ci sono. Ma di fatto mancano il bagno adeguato, l’assistenza, il bidello, qualcuno che le dia da mangiare. E con la pandemia la situazione è peggiorata”.

Coraggio, caparbietà, forza. E voglia di andare a muso duro contro il muro del menefreghismo. Questo spinge Alessandra ed Enrico. Lui, laureato in Economia; lei, insegnante di Lettere che ha lasciato il lavoro per dare ad Aurora tutte l’assistenza necessaria. E il risultato si vede. Una 14enne tenuta “come una bambola”, curata, carina, pulita. L’inclusione infatti passa anche da queste piccole cose. Eppure, i disagi e le umiliazioni da parte del sistema e della scuola sono stati tanti per loro.

Quattordici anni difficili per questa famiglia cagliaritana. “Quando ci è stato detto di questo suo problema – e c’è voluto un decennio per capire quale – ci siamo trovati impreparati. Poi abbiamo capito che dovevamo andare avanti anche per lei”.

Oggi Aurora vive la sua vita, tra tanti accorgimenti di cui ha bisogno e piccole, ma importanti conquiste, fatte grazie al supporto di chi, genitori e nonni, le sta vicino. “È una bambina dolcissima, sorride, è affettuosa e coccolona. Quando sta bene, è gioviale e le piace il contatto con gli altri”. Non parla, Aurora. Ma i suoi sguardi comunicano tanto. E non è vero che non è capace di imparare alcunché. Oggi, infatti, lei riesce a camminare, a infilzare la forchetta nella banana e “chiedere” a suo modo di mangiare. “Si siede e sul tavolo batte la manina, quasi a voler sollecitare”.

Alessandra ed Enrico si battono in ogni modo e in ogni contesto. Dalle lunghe ore di attesa in ospedale all’incapacità di del mondo di dare alla figlia ciò di cui ha diritto. Il papà oggi è referente nazionale Rett, la mamma ha portato avanti il progetto “Bambola Aurora”, volto a sensibilizzare gli altri bambini con la costruzione di una bambola che rappresenti la figlia. Il risultato? “Chi la vede non ha paura di lei, perché già la conosce, insieme ai suoi aneddoti”.

La “principessa Aurora” non gioca con il tablet o con lo smartphone. Ma le piace ascoltare la musica e soprattutto respirare l’amore degli altri. E il mondo dei giovanissimi spesso riesce a darglielo. “Ci sono stati dei bimbi che l’hanno invitata a una festa di compleanno e le hanno suonato una canzone con il flauto. Poi, una volta, è stata invitata a una pizzata. L’ho messa vicino agli altri suoi coetanei, con un gelato. Due bambini sono stati contenti di imboccarla”.

Alessandra ed Enrico lottano per far vivere ad Aurora una vita nella società, lottando contro tutto e pure contro il Covid-19, che certo non aiuta il bisogno di contatto umano della piccola. “Nostra figlia non è inerme. Ha dimostrato di saper imparare. Però, siamo preoccupati su che cosa potrà succederle, un domani, se noi venissimo a mancare”.

 

 

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