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Le vittime economiche del covid nei racconti di chi le vive ogni giorno: i volontari Caritas di Cagliari

Antonello Atzeni è un volontario storico della Caritas. Attualmente è responsabile del centro diocesano di assistenza, si occupa della distribuzione di viveri e vestiario. «In questo momento – racconta Antonello – abbiamo circa 1500 famiglie iscritte, il che significa 4500 persone, inclusi tanti minori. Possiamo contare sulle erogazioni che ci vengono dallo Stato e dalla Comunità europea, oltre alle donazioni volontarie».

La Caritas prima di assegnare gli aiuti si accerta che le persone che ne fanno richiesta versino realmente in uno stato di indigenza, vengono stabiliti dei limiti di reddito sulla base del modello Isee: «Ma ovviamente non si tratta di meri numeri – ci tiene a precisare il responsabile- non ci limitiamo a consegnare la spesa, facciamo anche tanta accoglienza. Abbiamo sempre davanti delle persone che si trovano in uno stato di necessità, ciascuno con la propria storia e tutti avvertono il bisogno di raccontarla. Il nostro aiuto è fatto anche di ascolto. Spesso ai problemi economici si accompagnano anche quelli di salute, questioni legali, talvolta purtroppo le persone finiscono nella rete degli usurai».

La Caritas ha tutta una serie di strutture, dalla farmacia all’ambulatorio medico, allo sportello di ascolto, quindi le persone vengono aiutate non solo dal punto di vista economico. «Con la pandemia naturalmente – aggiunge Antonello – le richieste di aiuto sono aumentate moltissimo, in particolare da parte di persone giovani, tante, troppe. Tutte persone che un lavoro ce l’avevano, ma precario, come donne delle pulizie, o addetti nei magazzini, assistenza agli anziani, tutte attività che ovviamente con il lockdown non è stato possibile praticare e che non prevedevano ammortizzatori sociali».

«È capitato che si siano presentate persone che avevamo aiutato in passato, che avevano trovato una sistemazione, che avevamo aiutato ad avviare un’attività, che si erano appena rialzate e che con il covid hanno perso tutto. Tanti immigrati. Addirittura ci è capitato quest’anno – ricorda il volontario – di aiutare i lavoratori di un circo: avevano montato il tendone ai primi di marzo ed erano pronti a cominciare gli spettacoli, ma poi non potendo più esibirsi, dopo qualche settimana hanno finito i soldi, e non avevano più da mangiare né per loro né per gli animali, erano circa trenta persone e ovviamente li abbiamo aiutati».

«Devo dire però – ha concluso Antonello – che con Il Miracolo di Natale abbiamo raccolto moltissimo quest’anno. È stata una sorpresa pensavamo che senza la suggestione della scalinata, e le regole contro il covid sarebbero arrivate meno donazioni invece fortunatamente abbiamo autonomia almeno fino a marzo è stato molto faticoso logisticamente gestire tutto, ma ne è valsa la pena»

Angela Marras invece si occupa della mensa, altro luogo che è stato molto condizionato dalla pandemia. «In parte il distanziamento ha complicato molto la gestione da parte nostra – testimonia Angela- ha limitato i rapporti umani. I tempi per consumare il pasto si sono ridotti, perché gli utenti possono entrare e sedersi pochi per volta e le persone che vengono da noi ci vengono sì per il pasto, ma anche per combattere la solitudine».

«A maggio, dopo due mesi di lockdown si è presentata un’emergenza enorme. Trascorrevo le giornate al telefono, per organizzare la consegna dei pacchi spesa. Bisognava prendere i dati delle persone e fissare l’appuntamento per il ritiro in modo che non si creassero assembramenti. A un certo punto – ricorda Angela – la situazione si è fatta così critica che abbiamo allestito un centro di distribuzione anche in fiera».

«E non solo immigrati, ma tante famiglie che fino prima della pandemia comunque ce la facevano, e improvvisamente si sono trovate senza nessun tipo di entrata economica. La cassa integrazione, i bonus, tardavano ad arrivare e la gente si trovava senza davvero potersi comprare nemmeno mezzo chilo di pasta. Ricordo di una ragazza giovanissima che aveva appena avuto un bimbo, e il compagno l’aveva lasciata poco prima del parto, aveva trovato ospitalità da un’amica, ma non aveva nemmeno un euro per mangiare».

«Più o meno si dava il tanto che potesse bastare per circa due settimane, ci si segnava i nomi per riuscire ad accontentare tutti, perché sebbene la stragrande maggioranza delle persone sono oneste, c’è sempre qualcuno che cerca di avere di più. D’altra parte però devo dire che se in tanti hanno chiesto aiuto è vero anche che in tanti hanno donato, c’è stata una grande voglia di aiutare il prossimo. Se posso – conclude Angela – vorrei ricordare che comunque la situazione è ancora molto grave. Ci sono moltissime persone che hanno necessità di aiuto, quindi dobbiamo continuare a donare. Anche se poco, tutti insieme possiamo fare tanto. In genere siamo portati ad essere più generosi durante le feste, ma è importante che si continui a donare nell’arco di tutto l’anno».

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