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16 ottobre 1943, rastrellamento dal Ghetto di Roma. Il coraggio della famiglia di Franca Marcelli: «Nascondemmo una famiglia ebrea. Oggi vorrei rivedere quella mia amica»

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1938, l’Italia fascista di Mussolini si proclama “fieramente” razzista ed emana le leggi razziali. Gli ebrei presenti nel territorio subiscono così pesanti discriminazioni, venendo limitati nella vita lavorativa, sociale ed economica. Fino alla loro deportazione, culminata con il rastrellamento dal ghetto di Roma il 16 ottobre 1943. A pagare un prezzo molto alto di quella aberrante stretta totalitaria sono i bambini, da un giorno all’altro depennati dai registri scolastici e costretti a frequentare scuole israelite. Strappati in questo modo alle loro amicizie e ai loro compagni di giochi.

Le leggi razziali in Italia. La testimonianza di Franca Marcelli, amica di una bimba ebrea

La trasteverina, ormai quartese d’adozione, Franca Marcelli ha bene impresso quel periodo. Nella sua Roma, tra gli anni ’30 e ’40,  la comunità ebraica è infatti perfettamente integrata nel tessuto sociale italiano. E non di rado i bimbi stringono amicizie con i loro compagni “ariani”. La Marcelli, oggi 87 anni, ricorda ancora con grande lucidità le sue coetanee Graziella Di Porto e Tinuccia Mieli, insieme alle loro tragiche storie: «Tinuccia era figlia di un commerciante di via Argentera ed era mia vicina di casa. Così come Graziella. Giocavamo insieme nel cortile condominiale, insieme ad altri bambini». E dunque, anche quando allo sconcerto, provato da buona parte degli italiani all’emanazione delle leggi razziali, subentrano adattamento e abitudine, l’amicizia fra i bambini persiste comunque.

 

Dalla discriminazione al rastrellamento, la testimonianza della Marcelli: «Tra nomi degli ebrei scomparsi, inciso su una colonna trovai quello della mia amica»

Bambini spensierati quindi, presumibilmente con i loro interessi di allora per i giochi, la musica e il cinematografo. Sebbene, dopo il ’38, gli ebrei siano costretti a frequentare esclusivamente scuole giudaiche, come la “Polacco”, per molti le amicizie con i non-ebrei rimangono vive. Ma negli ’40, in mezzo Stivale italiano dalla discriminazione si passa alla deportazione degli ebrei nei campi di concentramento. Così, dopo l’8 settembre 1943, Roma vive l’orrore del rastrellamento nazifascista del Ghetto e da quel 16 ottobre molti bambini non torneranno a casa. «Avevo circa 9 anni. Quella mattina ricordo che vidi la mia amica Graziella scappare con la sua famiglia, spaventate» racconta la signora Marcelli. «Poi non ho saputo più nulla. Solamente anni dopo, su una lastra commemorativa delle vittime della Shoah, vidi il nome della mia amica, Graziella Di Porto. Morta dieci giorni dopo la deportazione ad Auschwitz» conclude commossa.

 

Il coraggio della famiglia Marcelli

Sotto il tallone nazifascista, Roma vive mesi di terrore. Grazie a delazioni e spiate, tedeschi e polizia arrestano famiglie ebree e deportano tanti giovani nei campi di lavoro. Dove spesso è facile trovare la morte. Ma in questo clima di paura i Marcelli compiono un gesto di coraggio e umanità straordinari. «Un giorno un poliziotto venne a casa nostra – racconta la signora Franca – e ci chiese di ospitare per una notte proprio Tinuccia, la madre e il fratello più piccolo. Noi accettammo». Ben pochi infatti avrebbero ospitato una famiglia ebrea, braccata. «I fratelli più grandi di Tinuccia erano già stati arrestati. Si trattava di dare ospitalità di una notte alla mamma e ai bambini. Poi, sarebbero trasferiti in qualche paese vicino».

 

Anni dopo il ricordo commosso della signora Marcelli: «Oggi vorrei rivedere Tinuccia»

Senza paura la famiglia Marcelli ospita così gli ebrei in fuga. «Noi bambini non avevamo paura. Abbiamo dormito per terra, sembrava un gioco. Poi la famigliola riuscì a scappare da Roma. Da allora ho perso i contatti». Da allora tanti anni sono passati e le due bambine sono ormai diventate donne in età avanzata. La signora Franca, 87 anni e trasferitasi in Sardegna dopo il matrimonio, tramanda i suoi ricordi con grande lucidità ed emozione. Ma nel suo cuore alberga sempre un sogno. «L’età e la salute non mi permettono più di andare a Roma, come facevo prima. C’ho provato in passato, so che non è facile. Ma il mio desiderio è ritrovare la mia amica Tinuccia».

 

 

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