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I gioielli della nostra Isola: arte e architettura, preziosi tesori di Sardegna

L’immaginario collettivo di chi pensa alla Sardegna riporta, e a ragione, ai bellissimi colori e trasparenze del nostro mare. Spiagge e insenature uniche che rendono la nostra Isola una delle mete balneari più ambite, per bellezza e pulizia delle acque che la circondano.

Ma la Sardegna non è solo mare: oltre alle bellezze naturalistiche dell’interno, fatte di monti rocciosi, boschi e borghi solitari e alla fauna e flora endemica unica, l’Isola parla anche la lingua dell’arte e della cultura. Oltre ai ben noti nuraghe, che, nel mondo, possiamo vantare solo in Sardegna, sono presenti altrettante e uniche bellissime testimonianze di arte e architettura, dal Nord al Sud dell’Isola.

Chiese, castelli, architettura civile, grandi artisti che hanno dato lustro alla nostra terra. Ecco qualche spunto utile per conoscere più da vicino la Sardegna e i suoi tesori.

Castello di Sanluri: Sono tanti i castelli medievali sparsi in giro per la Sardegna, se ne contano esattamente 88, ma attualmente l’unica struttura medievale integra e completamente visitabile è il Castello di Sanluri. Chiamato anche Castello di Eleonora d’Arborea, dista 50 km da Cagliari e  fu per anni la roccaforte di controllo del confine fra il Giudicato di Cagliari e il Giudicato d’Arborea.

Il castello, un edificio fortificato d’età giudicale ad uso militare, è oggi un polo museale ancora integro e affascinante come un tempo. La storia racconta che il primo impianto avvenne nel XII secolo, in età giudicale. Si narra che Pietro d’Aragona, esattamente nel 1355, ne volle la fortificazione durata soli 27 giorni e 27 notti, durante i quali uomini e donne lavorarono senza sosta per portare a termine i lavori nel più breve tempo possibile, dal 27 luglio al 23 agosto.

In seguito alla battaglia di Sanluri del 30 giugno 1409, “Sa Battalla”,  dopo essere stato sfondo dello scontro fra Arborensi e Spagnoli, perse ogni ruolo e significato militare, diventando una “semplice” dimora. Passò infatti nelle mani di diversi proprietari, quelle della famiglia De Sena, Henriquez, Aymerich di Laconi e infine dal 1920 dei Conti Villa Santa. Fu proprio il Conte Nino Villa Santa a intraprendere un minuzioso restauro che rese il Castello visitabile e ne fece un polo museale, adibito a abitazione-museo. La fortezza presenta una struttura a pianta quadrangolare di tre piani con quattro torri angolari merlate da mura alte 12 metri. Gli ambienti visitabili sono di vario tipo. All’interno si trovano quattro ambienti museali, due dei quali dedicati a cimeli e documenti di Guerre Mondiali e Campagne d’Africa, nei quali troviamo il carteggio fra il Conte Villa Santa e il suo corrispondente Gabriele D’Annunzio. Gli altri due sono una ricca esposizione di 400 opere di cera e il polo feudale, dedicato a arredi, sculture e dipinti datati XVI/XIX secolo.

Basilica di Saccargia: La chiesa della Santissima Trintà di Saccargia è tra le chiese romanico-pisane più famose della Sardegna. E’ stata edificata nel corso del XII secolo ad opera dell’Ordine Camaldolese e consacrata nel 1116, in seguito alla donazione di Costantino I, giudice di Torres. La basilica faceva parte di un grande complesso monastico di cui sono visibili i resti. La facciata è stata realizzata nel caratteristico calcare bianco e basalto nero che la rende inconfondibile e la assimila alle opere ecclesiastiche umbro – toscane dell’epoca.

Su queste rovine, come narra la leggenda, era solita inginocchiarsi una mucca che, da un pascolo lontano, arrivava per offrire il proprio latte ai frati di un convento. Non è un caso, quindi, che si può notare, in un capitello del portico antistante il prospetto, l’immagine di una vacca scolpita. Da qui “vacca vargia” (vacca dal pelo maculato), dal dialetto “sa baccarza”, poi “sa ‘accarza”, quindi Saccargia. La chiesa divenne una delle badie più celebri dei monaci camaldolesi, ed ebbe sempre una posizione di primo piano essendo i suoi abati i più insigni dell’ordine in Sardegna.
Dal 1957 la chiesa è sotto la custodia della parrocchia di Codrongianos. All’interno la monotona nudità della navata è spezzata dall’abside affrescata con un ciclo neotestamentario, l’unico del periodo romanico conservato integralmente in Sardegna. La chiesa della Santissima Trintà di Saccargia si trova a 12 chilometri da Sassari, la si raggiunge percorrendo, da Sassari, un breve tratto della strada statale 131 in direzione  Oristano e poi prendendo la strada 597 in direzione Olbia, lungo la quale dopo circa un chilometro si trova la chiesa.

Santuario della Beata Vergine Assunta, Guasila: in cima a una collina che sovrasta il piccolo paese di Guasila si trova il Santuario diocesano dedicato alla Beata Vergine Assunta costruito tra il 1842 e 1852. Si tratta di uno degli edifici in stile neoclassico più belli e meglio conservati della Sardegna. La sua collocazione, a dominio dell’abitato e del territorio, lo rende subito visibile a chilometri di distanza. Il tempio è stato eretto sulla stessa area di una preesistente antica chiesa e il progetto fu redatto dall’architetto Gaetano Cima che prese traccia dalle note contenute nei quattro libri dell’Architettura del Palladio, l’architetto che determinò il “palladianesimo”, che riprendeva i principi dell’antichità classica romana. La parrocchiale di Guasila infatti presenta chiare analogie costruttive con il Pantheon di Roma e la Chiesa della Gran Madre di Dio di Torino.

La chiesa è preceduta da un pronao, il cui timpano è sorretto dai due pilastri angolari e da sei colonne. Sul lato destro si eleva la torre campanaria del XVIII secolo, in stile barocco. Corona l’edificio la cupola emisferica, completata nel 1930. L’interno è a pianta circolare. Le pareti sono scandite da otto colonne, le quali affiancano i quattro grandi pilastri che reggono la cupola. I dipinti che ornano la volta, con motivi floreali, vennero eseguiti su disegni appositamente preparati dal Cima, mentre i quattro pennacchi presentano i tondi, olio su tela, con gli Evangelisti, opera di Antonio Caboni.

Arte, pittura e scultura

Francesco Ciusa (Nuoro 1883 – Cagliari 1949) – Francesco Ciusa fu uno degli artisti più apprezzati e conosciuti della nostra Isola. Appassionato scultore, nelle sue opere esprime tutta la forza emotiva delle sue radici e tradizioni. Francesco Ciusa inizia la sua carriera scolpendo ciò che conosce meglio: i mendicanti e i poveri, i soggetti a lui più vicini. Frequentò l’Accademia delle Belle Arti a Firenze. Il contatto con l’ambiente culturale e intellettuale toscano e con maestri come il pittore Giovanni Fattori e lo scultore Domenico Trentacoste, le suggestioni realiste e simboliste e l’approfondimento dell’opera di Donatello lasceranno in lui un’impronta significativa, convincendolo della necessità di un’arte non slegata dalle istanze sociali.

Nel 1907 arriva il vero successo di critica e di pubblico, con la scultura in bronzo de La madre dell’ucciso, ispirata ad un accadimento reale che aveva colpito l’artista da bambino. La statua rappresenta una donna accovacciata al suolo, raccolta su se stessa in una posa bloccata, ormai estranea a tutto, sola nel suo dolore assoluto e inconsolabile. La scultura, esaltata da Sebastiano Satta, verrà esposta alla Biennale di Venezia. Dopo il felicissimo esordio, il giovane artista avvertirà più che mai la responsabilità di soddisfare le aspettative riposte in lui dall’ambiente intellettuale sardo, e per non “tradire” l’Isola declinò addirittura la proposta di dirigere un laboratorio di arti applicate negli Stati Uniti.

La madre dell’ucciso

Durante gli anni del conflitto, così come nel resto d’Europa si affacciavano le istanze della Bauhaus tedesca, si interesserà anche alle arti applicate (alla ceramica in particolare), un argomento che di lì a poco sarà al centro del dibattito nazionale e che lo vedrà concorde nella rivalutazione del settore e nella valorizzazione delle produzioni regionali. Nel 1919 fonderà, sempre a Cagliari, la manifattura SPICA (Società per l’Industria Ceramica Artistica), che fino al 1924 produrrà piccoli manufatti di terracotta dipinta a freddo (scatolette, cofanetti, bomboniere, statuine, bassorilievi), ispirati alla tradizione popolare sia nei soggetti sia nei motivi decorativi, e con influenze sensibili della coeva corrente internazionale del Déco. Nel 1925 l’artista passerà a dirigere la Scuola d’Arte Applicata di Oristano, la prima della Sardegna, dove insegneranno, tra gli altri, anche i pittori Carmelo Floris e Giovanni Ciusa Romagna (suo nipote).

Giuseppe Biasi (Sassari 1885 – Andorno Micca 1945) – Giuseppe Biasi divenne uno dei pittori più noti della storia della Sardegna, nonché esponente di spicco del panorama internazionale del suo secolo. Una carriera precoce, quella di Biasi, iniziata già a sedici anni con la realizzazione di illustrazioni umoristiche pubblicate sulla stampa sassarese. Un percorso proseguito poi negli ambienti socialisti, a seguito del trasferimento a Roma, senza mai dimenticare però le origini sarde.

Nel 1906 il pittore viaggiò  in lungo e in largo per la Sardegna per conoscere e documentarsi su quella realtà isolana la cui rappresentazione diventerà suo  caratterizzante compito artistico: rivelare la Sardegna ai sardi, agli italiani e agli europei. Rivelare la Sardegna e rivelarla attraverso la grafica, confermando la sua idea iniziale che non fosse affatto una forma d’arte inferiore o subordinata alla pittura, ma che invece avesse strumenti espressivi in grado di raggiungere il pubblico in modo più immediato e più efficace della pittura stessa.

Ma fu una collaborazione, più di qualsiasi altra, che segnò la carriera artistica del pittore sassarese. Nel 1909 iniziò infatti il proficuo sodalizio con la scrittrice nuorese Grazia Deledda, quella “Grassia” per la quale Biasi illustrò non pochi dei suoi libri.

Celebre resta una caricatura che il pittore fece dell’autrice. Per Biasi fu una vita carica di successi e apprezzamenti, costellata da lavori ed esposizioni su tutto il territorio regionale e nazionale, finita però tragicamente. A seguito di una già difficile esperienza in battaglia durante il primo conflitto mondiale, che lo rese claudicante per il resto della vita,  dovette subire un’accusa anonima che ne sancì la fine. Negli anni della Liberazione fu accusato di essere stato una spia tedesca, il che causò l’incarcerazione e la morte nel 1945.

Pinuccio Sciola (San Sperate 1942 – Cagliari 2016) – Tra gli artisti sardi famosi non può mancare il grande scultore di San Sperate: di lui resta il Paese Museo e un’opera sconfinata, legata strettamente alla sua poliedricità. Sciola infatti era non solo scultore ma anche pittore, muralista, fabbro, ceramista. Un Picasso sardo.

Vibrante di un fermento artistico e culturale a cui ha dedicato un’intera vita, Pinuccio Sciola, nato nella piccola realtà di San Sperate ha saputo trasformare i limiti e l’ostilità della propria terra in una risorsa senza precedenti. Il suo percorso artistico nasce con la vincita di una borsa di studio nel 1959 che gli permetterà di frequentare il liceo Artistico di Cagliari, l’Istituto d’Arte di Firenze a cui farà seguito l’Accademia Internazionale di Salisburgo dove segue i corsi di Minguzzi, Kokoschka, Vedova e Marcuse.

Dopo l’esperienza in Spagna, all’Università di Madrid, rientra nel suo paese natio con la voglia di mostrare ai suoi compaesani quello che aveva scoperto, iniziando la rivoluzione dei “muri bianchi”. Nel 1973, grazie ad un riconoscimento dell’UNESCO, lavora con il maestro David Alfaro Siqueiros a Città del Messico. Forte dell’esperienza artistica e sociale nell’ambito del muralismo trasforma il suo paese d’origine in quello che oggi è conosciuto in tutto il mondo come il “Paese Museo”, in cui vivono a cielo aperto centinaia di opere d’arte. Nell’arco di quarant’anni le opere di Sciola sono state esposte o collocate presso prestigiosi spazi espositivi in tutto il mondo: ma è a partire dal 1996 che la sua ricerca artistica apre, per il mondo dell’arte, uno scenario nuovo e inaspettato quando il Maestro svela al mondo la magia del suono della pietra, una materia dura e statica, non più rilegata ad una sola funzionalità visiva e tattile, ma alla quale ha permesso di essere osservata attraverso un terzo senso: l’udito. Opere capaci di vibrare, e di emettere suoni, di comunicare allo spettatore il potere della natura e la forza della terra. Le pietre sonore vengono presentate per la prima volta in occasione del Festival Time Jazz di Berchidda in Sardegna e suonate dal percussionista Pierre Favre. Nel 2003 inizia una collaborazione con l’architetto Renzo Piano sceglie una monumentale scultura sonora per la Città della Musica a Roma. Nel 2012 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nomina Pinuccio Sciola Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Tutt’oggi prosegue il suo incessante e ricco lavoro presso la sua casa-studio ed il “Giardino Sonoro” in San Sperate grazie all’impegno dei tre figli, che tramite la Fondazione Sciola si dedicano a portare avanti la Sua filosofia di vita e quella che fu una ricerca artistica in continua evoluzione, costellata di successi, nuovi traguardi, e sfide ambiziose.

Edifici liberty a Cagliari – Sul finire del XIX secolo e nei primi vent’anni del XX secolo, Cagliari era un luogo culturalmente vivo, vivace e aperto che, sotto la guida del sindaco Ottone Bacaredda, si stava trasformando in una città europea, florida di spunti artistici e per questo capace di attrarre scrittori, intellettuali e viaggiatori che ne furono letteralmente conquistati. Tra questi il giovanissimo Gabriele D’Annunzio, il chiacchierato David Herbert Lawrence e la futura ambasciatrice della cultura sarda Grazia Deledda.

Frutto di questo periodo culturalmente florido e fecondo sono gli edifici liberty presenti in città. Molti degli edifici di Cagliari seguono questo stile, che si diffuse tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, grazie alla grande espansione della città e agli interventi e al ruolo della borghesia sarda e della borghesia genovese.

La transizione dal diciannovesimo al ventesimo secolo in Europa è stata caratterizzata da un fervido rinnovamento delle espressioni artistiche certamente influenzato dal progresso tecnico e dall’entusiasmante esaltazione positivista degli importanti traguardi raggiunti dalla scienza. Le evoluzioni delle avanguardie artistiche di fine Ottocento coinvolgono dapprima le arti applicate, assumendo nomi diversi secondo aree geografiche: nella zona francofona prende il nome di Art Nouveau, in Germania Jugendstil, in Austria Sezessionstil, Modern Style in Gran Bretagna e Modernismo in Spagna. In Italia la nuova tendenza si afferma nelle principali città italiane, con la più alta prevalenza a Torino e Milano. Nel contesto nazionale questa nuova corrente non si consolidò mai in una vera scuola di riferimento italiana ma visse qui il suo massimo splendore in all’inizio del XX secolo. Nell’Italia centro-meridionale il liberty non raggiunse le più francesizzanti evoluzioni torinesi o talvolta esasperate a Milano ma diede comunque vita ad apprezzabili risultati contaminati da varie influenze locali.

Ecco i quartieri cagliaritani in cui si possono ammirare pregevoli esempi di architettura liberty:

Stampace
Stampace è il quartiere in cui questa nuova corrente ha trovato più diffusione: a partire dal Comune di via Roma, costruito in stile Art Nouveau con accenni di gotico-aragonese, piazza del Carmine, Corso Vittorio Emanuele, viale Trieste, dove si trova Palazzo Balletto,  Largo Carlo Felice, dove sorge Palazzo Accardo, progettato da Dionigi Scano, e viale Trento, dove sorgono Palazzo Merello e numerose ville.

Marina
Importante in questo quartiere è la Palazzata di via Roma, che in gran parte segue lo stile Liberty.

Castello
Il quartiere di Castello, tra gli storici, è quello che ha meno opere in stile liberty, ma ci sono alcuni palazzi antichi che sono stati rinnovati e decorati con motivi floreali durante il XX secolo, specialmente in alcuni elementi come i balconi. Interessante è il Palazzo Onnis-Bellegrandi in via Martini, che ospita un prezioso apparato decorativo.

Villanova
A Villanova ci sono alcuni edifici e ville in stile liberty, come Palazzo Valdès, con le sue facciate riccamente decorate, il vicino Palazzo Atzeri e molti edifici in via Sonnino, il più particolare dei quali si trova al numero 11.

Palazzo Valdès
Palazzo Valdès si trova nella prima parte di Viale Regina Elena e fu costruito tra il 1901 e il 1915, ampliato nel 1926, danneggiato dal bombardamento del ’43 e successivamente restaurato. La parte più antica, che sovrasta il Bastione di Saint Remy, è stata progettata da Nicolò Mura e ha una base in granito, mentre le decorazioni sono in terracotta. La parte più recente, progettata da Riccardo Simonetti, si affaccia su via Sulis e, con un’interessante parete rotonda, su piazza Marghinotti.

 

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