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Detenuto si cosparge di olio bollente per protesta, Sdr: “Brutta pagina per la giustizia”

«Sicuramente il covid19 non ha aiutato a risolvere positivamente la situazione, ma resta una pagina negativa per il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria che, in una circostanza così delicata e difficile, avrebbe dovuto intervenire subito per consentire a un giovane detenuto di essere trasferito evitando momenti di tensione per il personale penitenziario e i Sanitari dell’Istituto cagliaritano». Lo sostiene in una dichiarazione Maria Grazia Caligaris (Socialismo Diritti Riforme) con riferimento alla vicenda di un detenuto extracomunitario di 35 anni che, nelle scorse settimane, per protestare per il mancato trasferimento in Emilia Romagna, dove vivono alcuni familiari, ha messo in atto un gesto di grave autolesionismo essendosi ustionato con olio bollente, dopo uno sciopero della fame protratto.

Il giovane, trasferito nel Reparto “Grandi Ustionati” dell’Ospedale di Sassari, è stato assegnato quindi alla Casa Circondariale di Bancali (Sassari) dove giungerà non appena sarà in grado di lasciare il Nosocomio. L’uomo, secondo quanto è stato possibile apprendere, non corre pericolo di vita, avendo subito ustioni di primo e secondo grado, ma il trasferimento si è reso necessario perché non poteva essere adeguatamente curato nel Centro Clinico della Casa Circondariale di Cagliari-Uta.

«Il lungo periodo di lockdown dovuto al covid19 – sottolinea Caligaris – ha messo a dura prova la resistenza di molti detenuti che, spesso senza adeguati mezzi, non hanno potuto effettuare i colloqui attraverso skype. Nel caso specifico il giovane extracomunitario ha chiesto ripetutamente di poter andare nella regione dove risiedono i suoi familiari. Un’istanza che non è stata soddisfatta anche perché i trasferimenti extra regione sono gestiti esclusivamente dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria».

«È evidente che si tratta di una persona particolarmente fragile le cui condizioni di salute in generale e psichiche fanno ritenere che non abbia la capacità di contenere a lungo il disagio. Del resto non sta chiedendo la libertà ma solo di essere assegnato in un Istituto prossimo ai familiari che non vede da due anni. L’auspicio è che il DAP sappia cogliere l’appello disperato di questa persona e provveda al più presto al suo trasferimento. Un atto di umanità – conclude Caligaris – che nulla toglie alla certezza della pena».

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