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I 50 anni dello scudetto del Cagliari, i cavalieri che fecero l’impresa: Pierluigi Cera

Pierluigi Cera 1970

Lascia il segno nelle squadre in cui gioca, ma le tradizionali potenti del calcio italiano, Juve, Inter e Milan lo ignorano. In 22 anni di calcio veste 3 maglie. Oltre al Cagliari, Verona e Cesena.

Pierluigi Cera, classe 1941, inizialmente centrocampista di contenimento a Cagliari l’anno dello scudetto porta con orgoglio la fascia da capitano e viene reinventato dall’allenatore Manlio Scopigno nel ruolo di libero a seguito del grave infortunio al libero titolare Beppe Tomasini. Restò a Cagliari, schierato nuovamente in mediana, fino al 1973, anno in cui passò al Cesena, dove fino al 2000 ha ricoperto ruoli dirigenziali.

«Quella di Torino è stata la partita chiave. Noi volevamo rimanere in testa alla classifica e non potevamo perdere perché altrimenti avremo rischiato. All’epoca avevamo solo 16 giocatori di rosa, non i 25 che ci sono oggi, proprio in quella partita abbiamo avuto 2 squalificati, io per proteste e Mancin. Rischiavamo a Bologna abbiamo di far fatica ad essere 15 in panchina. Era stato un momento particolare e delicato, ma il risultato è stato dalla nostra parte».

Cera interpretò il ruolo in chiave molto moderna, ritrovandosi a esserne un pioniere, e venendo utilizzato anche in Nazionale durante i Mondiali del 1970.

«Da Torino in poi abbiamo fatto bene, il fatto di aver vinto il campionato con 2 giornate d’anticipo, dimostra quanto siamo stati regolari con i risultati, nonostante abbiamo avuto l’allenatore squalificato per metà campionato. Abbiamo avuto poco tempo per festeggiare. Era una squadra competitiva, ma detto onestamente, se ci avessimo creduto un po’ di più avremmo potuto vincere il campionato anche l’anno prima. Eravamo Campioni d’Inverno, ma il Cagliari viveva sulla metà classifica, quindi aveva già fatto il suo dovere, ci è mancata quell’ambizione e quella convinzione per farci arrivare in vetta. L’anno successivo, invece, fin dalla prima giornata l’obiettivo è stato lo scudetto perché eravamo consapevoli di avere le capacità e le caratteristiche per poterlo ottenere».

Tatticamente qualche anno più avanti di quel 1970. La sua interpretazione del ruolo di libero è rivoluzionaria: primo costruttore di gioco, una sorta di regista difensivo.

«Ho sempre giocato in mezzo al campo, ma non avevo le doti di Niccolò Barella. Forse sotto il profilo squisitamente tecnico assomigliavo di più ad Andrea Pirlo: iniziavo l’azione da dietro e davanti dovevo smistare e iniziare. Forse a Cagliari questo ruolo può ricoprirlo Cigarini, è un giocatore che mi è sempre piaciuto e sa anche districarsi bene nella parte difensiva».

La festa per il 50° dello scudetto è solo rimandata. L’ultima volta che è venuto a Cagliari è stato per i festeggiamenti del quarantesimo compleanno del tricolore rossoblù. Cera è, però, attento a ciò che succede in casa Cagliari.

«Il Cagliari di quest’anno l’ho visto davvero giocare bene, ci sono state diverse partite in cui era perfetto. È difficile vincere e giocare bene, spesso la vittoria è anche dettata da un tocco di fortuna. Ho visto una squadra che giocava a calcio. Purtroppo le partite perse hanno abbassato le aspettative e allontanato la squadra dall’Europa, ma quello è un Cagliari promettente».

E sulla ripresa del campionato non è molto fiducioso: «A riprendere il campionato, secondo me, fanno fatica. Ci sono giocatori fermi da 2 mesi e con le partite a porte chiuse rischia di essere un campionato falsato».

 

 

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