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Lo sapevate? Michele Schirru voleva uccidere Mussolini, 12 soldati sardi lo fucilarono

 

Era nato a Padria, in provincia di Sassari il 19 ottobre 1899. Cresciuto nel paese materno Pozzomaggiore, giovanissimo emigrò in nord Italia. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale, e si avvicinò alle idee socialiste, finita la guerra sposò gli ideali anarchici e si trasferì, nel 1920 in America in cerca di lavoro. Negli Stai Uniti Michele Schirru ottenne la cittadinanza americana e partecipò attivamente ai movimenti anarchici d’oltre oceano. Anche in America infatti c’erano i sostenitori del fascismo e gli antifascisti e Schirru si distinse per le sue posizioni nette contro il regime di Mussolini. Fu corrispondente dell’Adunata dei Refrattari, una rivista italiana pubblicata a New York che tra le varie iniziative sostenne Sacco e Vanzetti.

 

Qualche anno più tardi si trasferì a Parigi dove incontrò molti antifascisti tra i quali Emilio Lussu di cui conquistò la fiducia. In questo periodo l’anarchico sassarese matura una convinzione che manterrà coerentemente fino alla morte: bisognava eliminare il fascismo, e per farlo era necessario uccidere Mussolini. Nel gennaio del 1931 Schirru lascia Parigi per raggiungere Roma, ad accompagnarlo al treno fu proprio Lussu. I due si salutarono con un addio, Schirru era consapevole che quel progetto lo avrebbe portato alla morte. Nella capitale si stabilì in all’albergo Royal, dal quale aveva intenzione di studiare gli spostamenti del Duce per mettere a segno l’attentato e dove costruì due ordigni artigianali.

Ma l’impresa si dimostrò molto più difficile del previsto. Dopo qualche settimana Michele Schirru, grazie alla delazione di una spia, fu arrestato. Subito dopo l’arresto in commissariato cercò di togliersi la vita, ma il maldestro tentativo gli procurò solo delle gravi ferite al volto. Fu processato e condannato a morte mediante fucilazione alla schiena. A eseguire la condanna, il 29 maggio 1931, il 112° Battaglione Camice Nere della 112a Legione M.V.S.N., un plotone di 12 uomini, tutti sardi che chiesero espressamente di poter partecipare, comandati dal Console Cavaliere Armando Giua.

Per tutto il processo l’anarchico sardo, ucciso dai suoi conterranei, si dimostrò fedele ai suoi ideali e non rinnegò mai le sue intenzioni di voler uccidere il Duce, anche nel momento in cui veniva fucilato gridò: “Viva l’anarchia”. Dagli atti del processo si legge nella sentenza: «Chi attenta alla vita del Duce attenta alla grandezza dell’Italia, attenta all’umanità, perché il Duce appartiene all’umanità». In realtà Michele Schirru aveva intenzione di mettere in atto un attentato, ma non lo fece, nonostante questo venne condannato a morte.

Figura a suo modo eroica, poco conosciuta, ma di grande coerenza, ha lasciato un testamento prima di accingersi a compiere quel gesto che se davvero gli fosse riuscito, avrebbe cambiato il corso della storia: «Se riuscirò nei miei intenti, veglino gli anarchici tutti perché alla demagogia politica sempre pronta a trar profitto del sacrificio altrui, non sia lecito travisare i meriti che avrà il gesto che sto per compiere, gesto che non può che essere anarchico. Veglino perché non si tenti di toglierne di fronte agli uomini e di fronte alla storia, l’onore e la gloria all’alto ideale che lo ispira ed in quest’ultima tappa del mio cammino, è il solo viatico della mia coscienza: l’Anarchia». Il gruppo musicale di Siniscola Kenze Neke, ha scelto il proprio nome che in limba significa “Senza colpa” proprio per onorarne la memoria e gli ha dedicato una bellissima canzone che si intitola appunto “Kenze Neke”.

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