Site icon cagliari.vistanet.it

Identikit della cantante. Claudia Aru: «Uso il microfono per condividere gioia, speranza, umanità»

Claudia Aru, trentanovenne campidanese, è una cantante, opinionista, performer e attrice che condensa tutte le sue esperienze – fatte di viaggi, corsi di formazione e studio – nella voce. Canta in campidanese e mostra un amore forte per la propria terra.

Il suo sogno di vivere di suoni e di voce inizia presto, prestissimo: «Claudia è sempre stata una bimba rumorosa, diciamo, la musica è sempre stata la mia grande passione, da quando ho ricordi, i miei mi punivano, quando facevo la monella o i voti non erano buoni, sequestrandomi lo stereo, pensa tu!»

Avrebbe voluto fare il Conservatorio ma le cose non sono state così semplici. «In quel periodo voler fare il cantante era roba da pazzi, quindi ho fatto il liceo classico e l’università coltivando la musica nel tempo libero anche se da sempre avrei voluto fosse il mio lavoro. Poi le circostanze della mia vita mi hanno messa davanti al fatto che il posto fisso ormai non c’era più (sono figlia di due posti fissi) e ho vissuto proprio il cambio generazionale di chi non aveva più nulla di certo tra le mani. Nonostante fossi una studentessa brillante, avevo contratti instabili e situazioni precarie che non mi garantivano nulla».

Ma è l’ennesima beffa contrattuale, come racconta, a metterla dinanzi a quello che deve essere il suo percorso: la musica, è quella la sua strada, il cammino per il quale è destinata.

«È stata la scelta giusta perché ho cominciato a lavorare abbastanza bene praticamente subito. Poi è arrivato l’insegnamento che mi ha dato (e mi dà) enormi soddisfazioni. In fondo ho sempre studiato canto e poter condividere le nozioni imparate mi è sempre piaciuto molto, l’ho sempre vissuto come un privilegio».

Insegnare non è certo un ripiego, spiega: «Adoro farlo ed essere d’aiuto alle persone, perché nella mia visione il canto è una cura per stare meglio, un trampolino di lancio verso l’essere più sicuri di sé, più forti, più centrati, equilibrati e per vincere le paure, che sono il vero limite alla nostra vita».

Poi, la scelta: dopo una dolorosa separazione, Claudia Aru sceglie di fare quello che ha sempre sognato, il Conservatorio. Nel 2018, a dicembre, si laurea al triennio di Canto Jazz ed è uno dei giorni più belli della sua vita: «Ho capito, ancora una volta, che i sogni non hanno scadenza e raggiungerli, a qualsiasi età, è una gioia che vale la pena vivere».

Ma non si ferma: lo studio è sempre ben presente nella sua vita: «Lo ritengo parte integrante del mio lavoro, infatti la mia insegnante attualmente è Cheryl Porter, un vero angelo che è arrivato nella mia vita nel momento perfetto a dare un senso a tutto, non la ringrazierò mai abbastanza. Io diffido dagli insegnanti che non studiano più, perché hanno mollato e un insegnante che non ci crede più, come può infondere grinta e coraggio? Nulla è facile, nella vita, io ho fatto sempre tutto da sola perché non mi sono mai fidata di produttori e agenti, questo mi ha resa una sorta di mosca bianca: mi produco, mi promuovo, mi sponsorizzo, mi propongo assolutamente da sola. Questo vuol dire scardinare dinamiche che hanno sempre regolato il mercato musicale, ho avuto pazienza, lungimiranza e costanza».

Dopo un inizio un po’ duro, Aru adesso si definisce “un’azienda in attivo”.

«Ho avuto tempi un po’ più lunghi, ma la mia indipendenza non ha prezzo e la difendo con le unghie» aggiunge, fermamente. «Io nei momenti bui ho sempre cantato, oppure ho fatto un biglietto aereo, oppure ho fatto una cena con amici. Il buio si scaccia accendendo la luce e io ho tenuto l’interruttore sempre vicino».

Per quanto riguarda il suo canto in lingua sarda, racconta di non averlo mai parlato né studiato fino ai 25 anni. È stato allora che ha sentito il forte bisogno di studiare, dopo lo spagnolo e l’inglese, la lingua della sua terra: «Ho sentito fortissimo il bisogno di accoglierla nella mia vita e abbracciarla per darle dignità, questo perché il sardo sono io, la mia ambizione, la mia voglia di esistere e di essere indipendente. Quando ho scelto di essere Claudia Aru, ho scelto di essere anche le mie radici e la mia cultura e io sono di Villacidro, qualunque cosa accada nella mia vita, non voglio dimenticarlo».

Claudia Aru a Loceri con le “tzie”

Forte è anche il legame con l’Ogliastra: «L’ho sempre amata poi ci sono pure finita ad insegnare!» racconta. «Da due anni sono docente di canto moderno presso la scuola civica e mi trovo benissimo. Non avrei confermato la mia presenza, considerato cosa significa andarci una volta a settimana da Cagliari: se l’ho fatto, è perché mi trovo bene e voglio continuare il percorso che ho iniziato. E poi a due passi ci sono le mie ziette di Loceri… meravigliosi raggi di sole!»

E sì, perché Claudia Aru, nel 2018, per promuovere il suo show estivo, si recò proprio a Loceri: lì incontrò le tzie. Le anziane signore del paesino fecero da modelle per un set fotografico bellissimo. Ma chi sono le tzie? Sono quelle che ti bucavano il pallone da piccola, quelle che ti passano i soldi come i pusher, quelle che ti fanno mangiare fino allo sfinimento, quelle che devono andare a letto presto perché la mattina inizia con il canto del gallo. Le tzie sono le anziane della nostra terra, sempre presenti e sempre fantastiche, dalla volontà di ferro. Proprio su questo modello di Sardegna, Claudia aveva costruito il suo spettacolo.

E le novità non sono finite, come ci assicura.

«Posso anticipare che il mio lavoro con loro non è finito e che in primavera ci sarà una grande novità che sono sicura vi piacerà moltissimo, però non ve lo voglio ancora dire».

Grande il legame di Aru con l’Isola.

«La Sardegna è il mio centro, il mio diaframma, da lì parte tutto e lì tutto torna, mi dà “sostegno” ed equilibrio, più viaggio, più la scelgo. Faccio sempre la metafora del compasso, perché è così che voglio vivere: con un piede saldo nell’isola e l’altro in movimento in giro per il mondo».

Cos’è per lei il canto? Cosa le dona?

«Il fatto di essere una cantante per me è un immenso orgoglio ma anche un’altrettanto grande responsabilità, il microfono amplifica la voce e io voglio usarlo per condividere gioia, speranza ma anche concetti in cui credo veramente quali il rispetto, l’accettazione, l’umanità, la bellezza, la nostra cultura coi suoi pregi e difetti. Voglio provare a portare dibattiti e riflessioni e poi, se me lo concedi, io voglio pure far sorridere! Il potere magico del ridere insieme è terapeutico e io ho l’onore e il piacere di sperimentarlo ogni volta a ogni concerto. AI miei concerti ci si commuove per diverse ragioni ed è esattamente quello che voglio: provocare reazioni nella gente, coinvolgere il pubblico, regalare un’esperienza diversa».

Non veri e propri concerti, insomma, finestre aperte sulla società per provare a convivere meglio con essa.

«Ho sempre lavorato sodo, china a zappare, sotto ogni intemperia, ho mandato giù i veleni, gli odiatori da tastiera, le cattiverie, le gelosie, mi sono sempre concentrata sulle cose da fare e non sulle parole, che non servono, sono sempre andata avanti senza farmi abbattere per cui sì, leggere nei quotidiani sardi e nazionali “una delle voci più rappresentative del panorama sardo” mi rende felice, ma ancora una volta, non è un punto di arrivo, è una responsabilità da consolidare e migliorare, sempre».

Poi ci parla di una lieta news: «Sto partendo in Africa per un progetto molto importante, andrò a fare dei laboratori musicali tra i rifugiati dalle prigioni libiche, visto che c’è chi ne nega l’esistenza, farò un documentario che attesti tutto e voglio diffonderlo per spegnere le bugie dolorose che spesso si sentono su un continente immenso e pieno di problemi come l’Africa. Vado a rendermi conto, materialmente, di un po’ di cose. È un viaggio rischioso, lo so, ma andrò con una importante organizzazione e starò più attenta possibile».

Proprio in questo periodo, è in uscita il suo primo libro, che parte dalla sua tesi in conservatorio “Black woman power“: «Parla delle prime cantanti che hanno usato la musica per incidere nella società e parlare di razzismo, libertà sessuale, rispetto e diritti: Bessi Smith, Nina Simone, Billie Holiday e Aretha Franklin. In questo progetto ci sono collaborazioni importanti, ma ve lo dirò a tempo debito. È il lavoro che mi è costato di più a livello di impegno e coinvolgimento, c’è la Claudia che sono adesso, dopo tutto quello che è successo in questi anni, anche vocalmente mi aspetta una sfida molto ardua, ma mai come ora mi sento pronta. La mia missione è far sorridere la gente, cantando o facendola cantare, non voglio nulla in più di ciò che ho ora, se mi chiedi cosa desideri per il mio futuro, ti rispondo che vorrei che tutto restasse esattamente com’è ora, non mi serve nulla di più».

Exit mobile version