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“Non chiamateli giganti ma statue di Mont’e Prama. Lì sotto ce ne sono tante altre”

Che ne sarà del sito di Mont’e Prama? A che punto è la telenovela sulla valorizzazione del terreno che ha restituito i giganti di pietra più famosi della Sardegna? Molteplici problemi si affastellano, amplificando l’aura di tristezza su quello che in tanti definirono a ragione (ma senza lungimiranza) uno dei traini maggiori per un’immediata forte ricaduta economica sulla Sardegna (con annessa crescita occupazionale).

Che ne è del “brand mondiale” su cui puntare per far conoscere la nostra Isola nel Mondo? Ne parliamo con Carlo Tronchetti, archeologo oggi in pensione, che ha dedicato gran parte della sua vita allo studio della Sardegna, da direttore della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano, poi del Museo Archeologico cagliaritano. Tronchetti diresse gli scavi archeologici condotti nell’area di Mont’e Prama tra il 1977 e il 1979, quelli in cui, tra un’emozione e un’altra, fu scoperta gran parte delle statue.

Prima di dar voce all’illustre (e simpatico) studioso, andiamo ad analizzare la situazione attuale di Mont’e Prama e di tutto quanto gravita attorno alla famosa collina del Sinis, partendo da un quadro riepilogativo generale.

Sono passati poco più di quarant’anni (la prima testa di pietra fu trovata da un contadino che arava il suo campo nel 1974) dai primi scavi che hanno restituito una trentina di guerrieri, arcieri, pugilatori, più modelli di nuraghe, betili, tombe a pozzetto, un nuraghe e un piccolo villaggio di capanne, migliaia di frammenti di statue risalenti al (dibattuto) periodo che va dal IX al XIII secolo avanti Cristo. Si tratta delle sculture a tutto tondo più antiche del bacino del Mediterraneo: con ogni probabilità facenti parte di un sepolcro santuario monumentale per dei capi guerrieri nuragici, costruito e ampliato tra il periodo di massimo splendore e quello declinante della civiltà nuragica, che poi fu sopraffatta dall’invasione cartaginese. Una delle teorie sulla frammentazione delle statue, infatti, è legata a una distruzione del sito da parte dei Punici.

Dagli anni Settanta a oggi sono stati fatti tanti errori: la separazione delle statue e dei reperti tra i musei di Cabras e Cagliari, la polemica “complottista” secondo la quale le statue di Mont’e Prama sarebbero state occultate per anni in un magazzino (scavate nel 1979, una parte fu esposta nel 1981 nel museo di Cagliari e lì rimase, mentre i frammenti restanti rimasero nel centro di Li Punti fino al completo restauro). Per non parlare dell’invasione di campo da parte di pseudo studiosi, improbabili esperti e delle loro opinioni scellerate, a cui si aggiungono i sempre più numerosi isolani orgogliosi, custodi di un culto-tendenza che fa proseliti ovunque: quello di considerare (a torto) i Sardi antichi la più antica e importante civiltà del mondo. A questi problemi vanno aggiunti quelli di natura burocratica (tantissimi) e tecnica (in parte utili) che vanno ad accrescere il marasma intorno a Mont’e Prama. Ad esempio, le anticipazioni fornite dal geofisico ed ex docente dell’Università di Cagliari Gaetano Ranieri, autore di una ricerca con la tecnica del georadar, e secondo il quale l’area su cui si estende l’insediamento di Mont’e Prama è di circa 16 ettari, sono sicuramente interessanti ma inverosimili. Ranieri è convinto che il sito nasconda numerose sepolture, templi, strade ed edifici. Quella che è tornata alla luce sarebbe solo una piccola parte di ciò che ancora è sotto terra. Tutto molto bello ma forse le priorità sono altre e questa ulteriore interpretazione non ha fatto che rendere ancora più caotica la situazione.

Ormai in questa telenovela ci sono troppi protagonisti e la trama si è fatta molto intricata e di difficile lettura (come per ogni telenovela che si rispetti): Comune di Cabras, Soprintendenza, privati, curia (proprietaria di parte dei terreni limitrofi), ministero. Di recente, infatti, anche il buon Dario Franceschini si è recato nel Sinis, definendo i giganti un’icona nazionale, al pari del Colosseo e dei Bronzi di Riace. Che solerzia, che originalità, ministro..

In realtà di novità nemmeno l’ombra. Il giorno dopo, infatti, tutto è ritornato come prima, il sito recintato e i giganti di nuovo nel dimenticatoio. E i risibili fondi per gli espropri e la sistemazione dell’area? Soldi scarsissimi, al contrario dei ritardi e dei discorsi, numerosissimi e cresciuti in modo esponenziale, che gravitano su Mont’e Prama e che fanno da contorno alle “nozze con i fichi secchi”, unico reale destino del sito. Centu concas, centu berrittas, risultato: il sito non è visitabile, gli scavi sono fermi da tempo, l’area in questione è recintata e non accessibile. Per trasformarlo in un sito fruibile servirebbero camminamenti, illuminazione, servizi igienici, parcheggi e un sistema per convogliare le piogge.

Andiamo a fare chiarezza con il professor Tronchetti, vediamo se facendo parlare chi quel sito lo conosce bene, si riesce a restituire un po’ di magia e di poesia al luogo e a quelle statue, offesi da tanta, troppa gente.

Buongiorno Professore, che succede intorno alla vicenda Mont’e Prama? C’è una curiosità morbosa. Sembra quasi che la gente comune non creda a ciò che dicono gli studiosi.

“Non è che “sembra”. Purtroppo la maggior parte delle persone è convinta che gli archeologi, per qualche misteriosa ragione, vogliano tenere nascosta la realtà di Mont’e Prama. Questo per diversi motivi. Primo: tutto il battage mediatico uscito fuori quando le statue sono state restaurate, sul fatto che fossero state tenute nascoste nei magazzini per 30 anni. Come ben si sa erano già in piccola parte state esposte nel Museo e non era stato possibile restaurarle tutte per motivi di spazi dove lavorare e di denaro (il restauro completo è costato più di un milione di euro). Poi si sono aggiunte le ricostruzioni sulla base del georadar fatte da Gaetano Ranieri, che dire fantasiose è poco. Il georadar indica anomalie, sia naturali che artificiali, e finché non si scava non si può dire niente di sicuro. Infine Mont’e Prama è stata cavalcata da gruppi di persone con evidenti interessi di promozione personale che niente hanno a che fare con l’archeologia, e che non conoscono (o fingono di non conoscere) la realtà dei fatti”.

A che punto sono gli scavi e gli espropri, lì sotto c’è la possibilità di trovare altre statue?

“Sullo stato degli espropri e degli scavi non sono in grado di rispondere. Essendo in pensione già da diversi anni non sono più coinvolto nelle attività sul campo. So solo che ci sono fondi per lo scavo, che dovrebbe riprendere, penso quando la stagione sarà migliore. La possibilità che ci siano altre statue è concreta. Le tombe monumentali con lastrone, sopra cui sono stati scaricati i frammenti di statua, proseguono verso Sud, e quindi è verosimile che ci siano ancora statue”.

Mont’e Prama può diventare un sito visitato e valorizzato, ad esempio come Barumini?

“Ritengo sia un po’ difficile che Mont’e Prama possa diventare un sito visitato e fruito come Barumini, per il semplice motivo che Barumini è un complesso edificato di mole ragguardevole con il nuraghe, le capanne del villaggio, eccetera. Mont’e Prama, allo stato attuale delle conoscenze, consiste in una lunga fila di lastroni che coprivano tombe, con i resti di un piccolo nuraghe e una capanna. Mi sembra che non ci sia niente di monumentale che possa attirare molti visitatori, anche se si trova in una zona turistica anche dal punto di vista archeologico (Tharros) e quindi una certa circolazione di visitatori interessati nella zona c’è”.

Questione nome: cosa ne pensa Professor Tronchetti. Sono giganti, eroi.. o?

“Giganti o eroi? Io ho già detto più volte che “giganti” non si riferisce alla reale altezza delle statue, ma a come venivano percepiti i defunti e le statue dalla gente del periodo. Quando noi oggi diciamo che Beethoven è un gigante della musica non vogliamo dire che era alto tre metri, vogliamo dire che spicca sopra tutti gli altri. Così in un periodo in cui i defunti erano sepolti in pozzetti coperti da pietre, il vedere una serie di tombe coperte da un lastrone sopra cui stava una statua di dimensioni assai superiori alla statura umana del periodo, li faceva percepire come esseri superiori, appunto “giganti”. Per eroi sono molto più dubbioso. Eroe è un personaggio che compie imprese sovraumane, come Ercole. Magari anche quei defunti le avranno compiute, ma noi non lo sappiamo, quindi chiamarli eroi mi sembra fuori luogo. Il nome più preciso sarebbe “statue di Monte Prama”, ma così non attirerebbe per niente l’attenzione e non renderebbe l’idea”.

Esistono questi fondi per gli espropri o il sito resterà non valorizzato per chissà quanto tempo?

“Mi rifaccio alla seconda risposta: non sono in grado di rispondere, essendo al di fuori delle attività di Monte Prama”.

Che cosa ne pensa del radar e della possibilità che lì sotto ci sia una “metropoli”?

“Il georadar è uno strumento utile e che viene adoperato per vedere se nel sottosuolo sono presenti anomalie che possano indicare la presenza di resti antichi, presenza che poi deve essere verificata con lo scavo, perché le anomalie possono essere naturali o artificiali. Ad esempio a Nora il georadar ha indicato che nell’area del Foro esistevano anomalie che si sono rivelate opera dell’uomo (un quartiere tardo-punico). Che a Monte Prama ci sia una metropoli mi sembra altamente improbabile. Lo strato di terreno che copre il crostone sterile è molto basso; poi i centri urbani nascono in Sardegna in un periodo successivo. Il piccolo nuraghe scavato recentemente vicino alla necropoli era già in vista, e quindi se realmente ci fosse una città (come viene descritta) con strade, gradinate, templi, qualcosa si dovrebbe vedere e sopratutto sarebbe stata toccata dalle arature che hanno portato alla scoperta delle statue”.

È vero che i reperti sono rimasti nascosti per tanto tempo? Qui sono ironico perché le persone comuni ignorano che dietro una ricostruzione partendo da frammenti, ci deve essere un lungo studio.

“In parte ho già risposto, ma preciso. I frammenti di statua dopo gli scavi del 1975, 1977 e 1979, erano migliaia e chi ha visitato il Centro di Li Punti durante il restauro ha visto quanto spazio occupavano. La Soprintendenza nel 1980 (l’anno dopo la fine degli scavi), disponeva di uno spazio per laboratorio di restauro di circa 15×5 metri, assolutamente insufficiente per un lavoro del genere. La richiesta di fondi al ministero per affittare uno spazio adeguato per il tempo necessario e dotarlo delle attrezzature non fu nemmeno presa in considerazione e ci fu dato solo un piccolo finanziamento con il quale si ripulirono e consolidarono i resti. In più ci dotammo di un sistema espositivo solo per i frammenti di statue più significativi: due torsi, tre teste una base, un braccio, un paio di modelli di nuraghe. Il resto rimase conservato nel deposito del Museo finché arrivarono spazi e fondi. Le operazioni di restauro iniziarono nel 2005 e terminarono nel 2012, perché si trattava di lavori lunghi e complessi, che hanno dato risultati ottimi”.

Grazie Professore e a presto.

“Spero di esser stato esauriente. Grazie di avermi interpellato”.

Federico Fonnesu

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