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Un vigile del fuoco sardo racconta cosa si prova all’inferno

Una delle prime cose che imparano in addestramento è il triangolo delle emozioni: un triangolo ai cui vertici si trovano cuore, cervello e coraggio, e il triangolo dev’essere sempre equilatero. Occorre il giusto distacco, per valutare con freddezza quali decisioni prendere, ma serve anche umanità, soprattutto quando si ha a che fare con persone anziane o bambini in situazioni di pericolo. Il lavoro del Vigile del Fuoco non è affatto semplice, anche se non c’è bambino che almeno una volta nella vita non abbia sognato di diventarlo. Nell’immaginario collettivo i pompieri sono degli eroi, che sfidano il pericolo per salvare le persone, che è poi la realtà. Quello che non tutti sanno è che nel loro lavoro non c’è niente di improvvisato o istintivo, tutto è calcolato e studiato perché nessuno corra dei rischi, non solo le persone in pericolo, ma gli stessi compagni di lavoro, perché la riuscita di ogni intervento dipende proprio dal lavoro di squadra.

«Gli incendi sono tutti provocati da una situazione determinata dalla presenza di tre elementi – spiega il Comandante della Stazione Provinciale di Nuoro – combustibile, aria, calore. Per spegnere l’incendio è necessario che noi interveniamo per eliminare almeno uno di questi tre elementi. E ovviamente si valuta di volta in volta su quale elemento intervenire. Nel 2018 abbiamo avuto un’estate molto piovosa e abbiamo operato molti interventi per allagamenti, quest’anno invece l’estate è stata particolarmente siccitosa, ha fatto molto caldo, quindi gli incendi sono stati molto più numerosi. Ce ne sono stati alcuni veramente gravi». Il comandante ricorda quello di Tortolì, che ha mandato in fumo 600 ettari di vegetazione, Siniscola, Bitti, Torpè, Dualchi e Ottana, la pineta di Nuoro, e infine quello di Bosa.

«Quest’ultimo si è rivelato pericoloso – prosegue Sassu – perché era di quelli che si definiscono di interfaccia, limitrofo alla zona urbana, al centro abitato. C’erano tre focolai e un vento fortissimo e nel frattempo era scoppiato un altro incendio a Montresta poco distante. Ci siamo divisi in tre squadre per fare fronte all’emergenza. Abbiamo evacuato un condominio dove abitavano circa 30 persone nella località Su Stagnone, non abbiamo avuto problemi, la popolazione ha collaborato». «Se le persone percepiscono il rischio che stanno correndo, collaborano – interviene Antonio Angotzi, un altro Vigile del Fuoco presente la notte dell’incendio di Bosa- è più complicato con le persone anziane, perché fanno più fatica ad abbandonare le loro case, ma con pazienza riusciamo a farle ragionare».

Comandante Fabio Sassu

 

Un addestramento quotidiano, corsi di aggiornamento continui, spesso il personale si sposta a Roma dove ci sono la sagoma di un aereo e di una nave, con serbatoi di idrocarburi, getti di Gpl incendiati fanno sì che gli operatori siano sempre pronti a far fronte a ogni tipo di situazione, anche le più imprevedibili. «Abbiamo capito subito che l’incendio di Bosa sarebbe stato impegnativo -ricorda il Comandante- il vento soffiava a 60 chilometri orari, e quando ti arrivano tante telefonate degli abitanti della zona allarmati, da posti diversi, capisci che si tratta di un incendio grosso. L’innesco poi era vicino al centro abitato, il primo caposquadra che è arrivato ha valutato subito la gravità dell’incendio e ha chiesto immediatamente rinforzi. Abbiamo fatto arrivare una squadra dall’Ogliastra, perché tutte le squadre di Nuoro sono andate su Bosa, quindi ci serviva una squadra che rimanesse in Stazione per eventuali altre emergenze».

 

Quel giorno inoltre non si poteva contare sull’aiuto delle squadre di Oristano, erano impegnate nell’altro grosso incendio della giornata, quello di Arborea. Tutto questo richiede uno sforzo organizzativo importante in tempi brevissimi, dalla tempestività delle decisioni dipende l’esito dell’operazione, prima si interviene più territorio si salva. Per chi deve dirigere le operazioni c’è la responsabilità del personale, occorre essere lucidi, non perdere la calma, sfruttare al meglio tutte le informazioni che si possiedono in quel momento, poi il resto lo deve fare il personale e in questo caso la differenza la fa l’addestramento. «L’incendio di Bosa non è tra i più gravi che ho visto in 35 anni di carriera -aggiunge l’Ispettore Angotzi- in realtà il fatto che fosse buio amplificava la vastità dell’incendio perché le fiamme appaiono molto più inquietanti, c’era un vento molto forte e infatti sono arrivate moltissime telefonate. La popolazione non ha avvertito mai senso del rischio, si sentivano sufficientemente tutelati. Dietro Bosa Marina c’è una strada che conduce alla 129bis, le squadre sono state posizionate a cintura di quella zona, hanno accerchiato l’incendio e questo ha permesso che non si propagasse al centro abitato»

«Con l’addestramento si impara prima di tutto ad agire sempre in sicurezza. Le squadre sono costituite da 5 uomini e questo garantisce la sicurezza reciproca, è fondamentale che gli uomini siano affiatati tra loro – precisa Sassu – non ho mai temuto per la mia vita, non mi sono mai trovato in una situazione di pericolo così estrema, si teme di più quando si ha la responsabilità della vita degli altri con le proprie decisioni, mi sono preso qualche bello spavento, in qualche occasione ho temuto per i miei uomini. E per le donne. Ce ne sono, ma sono poche. Il problema è legato alla forza fisica. Le prove che si fanno nelle selezioni sono molto dure, infatti solitamente le donne che passano la selezione sono delle atlete, non dimentichiamoci che capita di dover portare in spalla persone anziane, anche molto pesanti. In compenso però, le donne nei concorsi sono sempre le più preparate nella teoria, e per questo spesso accedono alla carriera di funzionarie o dirigenti».

«Il fuoco rappresenta una paura ancestrale sia per l’uomo che per l’animale. Chi gestiva il fuoco anche nell’antichità aveva un ruolo particolare come gli sciamani. La paura del fuoco nell’uomo è così radicata che le persone preferiscono lanciarsi cadere dal quinto piano andando incontro a morte certa, piuttosto che aspettare e magari riuscire a salvarsi. Per questo è necessario mantenere sempre la calma nel gestire gli incendi, il panico può diventare davvero pericoloso. Se consiglierei ai miei figli questo mestiere? Uno è Vigile del Fuoco – conclude il Comandante- ho cercato di dissuaderlo, ma era proprio quello che desiderava e io ne sono molto orgoglioso».

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