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Piacere sono Paolo Faragò: amo il Cagliari, la pesca, i libri e il gelato

Ironico, mai banale, umile, gentile. È Paolo Pancrazio Faragò, classe 1993, con la maglia 24 dal 2017 veste i colori rossoblù. Nato a Catanzaro, il suo secondo nome è un omaggio a San Pancrazio, patrono di Zagarise, paese d’origine dei genitori. Ancora adolescente si sposta in Piemonte per coltivare la sua carriera calcistica.

A Novara incontra Irene, medico, grande amore della sua vita, che lo segue fino a Cagliari, dove anche lei trova lavoro. Hanno un cane, Leone, un labrador, diventato il compagno delle lunghe gite estive in barca e delle passeggiate cagliaritane.

Ragazzo semplice e genuino, alla vita notturna nei locali, preferisce un buon libro o un bel film sul divano. Cordiale con i giornalisti, ha sempre il sorriso sulle labbra. Adora il gelato, incontrarlo nella gelateria Kremet in piazza Yenne a Cagliari non è raro. Ama viaggiare e non teme il suono della sveglia all’alba per andare a pesca, altra sua grande passione.

La sua carriera calcistica è in ascesa. Un brutto infortunio, lo scorso aprile, lo ha tenuto lontano dal campo e dai suoi compagni per sei, lunghi, mesi. Lacrime, rabbia, delusione. Un calvario lungo e doloroso: “Sono stati mesi difficilissimi”, racconta. Poi il rientro, domenica scorsa alla Sardegna Arena contro la Spal, proprio quella squadra con cui ha siglato il suo ultimo gol lo scorso anno. Maran lo schiera in campo dal primo minuto in un ruolo non suo e lui, il numero 24, non si risparmia: corre da una parte all’altra del campo, non sembra sia rientrato in squadra da soli dieci giorni, ma sembra che Faragò in realtà non sia mai uscito dal gruppo. Un sogno che si concretizza con un gol al 67’ del secondo tempo e chiude la partita. Non ci crede neanche lui, che con il sorriso di un bambino e gli occhi lucidi di felicità, corre verso la curva nord: li guarda, sorride, lui sul prato, è felice, il pubblico lo acclama.

“E’ il giorno più bello della mia vita, se è un sogno non svegliatemi”, dirà più tardi ai cronisti, “Il gol? Lo dedico a Irene, alla sua pazienza per avermi sopportato in questi mesi, dove starmi vicino non è stato felice”.

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