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Antonella vorrebbe sapere chi è la sua vera madre, forse possiamo aiutarla

Antonella è nata a Cagliari il 17 Gennaio 1964, all’ospedale San Giovanni di Dio. Sua madre non l’ha riconosciuta, quindi è stata affidata alle cure delle suore di un istituto per l’infanzia abbandonata, di cui non conosce l’indirizzo, ma ricorda che si trovava in Castello. Fu un infermiera a darle il nome di Antonella, mentre il cognome, Elvi, era di fantasia, quando poi all’età di cinque anni Wally e Santino di Assemini l’adottarono, Antonella fu costretta a mantenere il cognome Elvi ancora per cinque anni, perché all’epoca la legge permetteva di assumere il cognome dei genitori adottivi a dieci anni, solo dal 1974 Antonella Elvi è diventata Antonella Veri.

Fin da bambina ha sempre avuto il desiderio di conoscere la sua vera mamma, ma per timore di ferire i suoi genitori adottivi, convinta che ne avrebbero sofferto non ha mai chiesto loro nessuna informazione e ha provato a cercare con l’aiuto di un legale. Attualmente c’è una proposta di legge, che però è ferma in parlamento che consente ai figli adottivi di conoscere l’identità dei genitori biologici. Ma la legge attuale, la numero 184 del 1983 non permette l’accesso a nessun tipo di informazioni.

«Sono una persona riservata – spiega Antonella- ma ho deciso di rendere pubblica questa mia ricerca perché il tempo passa e io ho paura di non fare in tempo a trovarla. Non sono arrabbiata con lei, non provo rancore, sono sicura che avrà avuto dei buoni motivi per fare questa scelta». In tutti questi anni Antonella, che lavora in biblioteca, ha cercato di sapere il più possibile per vie ufficiose, delle testimonianze e qualche piccola traccia è riuscita a individuarla. Sua madre dovrebbe essere originaria di Orune o Bitti. Molto probabilmente all’origine dell’abbandono ci fu la volontà di scongiurare uno scandalo, parliamo degli anni ’60 e di un piccolo paese barbaricino.

La donna rimasta vedova molto giovane, si trovò in attesa di un bimbo frutto di una relazione non ufficiale, quindi si trasferì a Cagliari fino al momento del parto. È probabile quindi che in città si sia trattenuta diversi mesi proprio per nascondere la gravidanza. «So che certe volte spuntare così dal passato di una persona può essere traumatico – prosegue Antonella- ma io avrò pazienza e sarò discreta, ho comunque messo in conto che potrebbe anche decidere di non incontrarmi. Ma se dovesse accettare, la ringrazierei perché di sicuro non è facile, e poi mi farei raccontare la sua storia, mi farei spiegare i motivi della sua scelta».

Il desiderio di incontrarla è profondo, tanto da spingerla ad andare fino a Orune e fermarsi davanti alla chiesa, per osservare le donne all’uscita della messa, nella speranza di cogliere uno sguardo, una somiglianza, anche un’emozione spontanea che le facesse riconoscere sua madre. L’appello di Antonella è rivolto a tutti, operatori dell’ospedale o dell’istituto in cui ha trascorso i suoi primi 5 anni, che hanno voglia di assumersi un piccolo rischio, svelandole qualche particolare in più.

Anche qualche vicino di casa di Assemini, magari un’amica di famiglia a cui i genitori adottivi hanno fatto qualche confidenza. Oppure, condividendo questo articolo, anche qualcuno di Orune o di Bitti che conosce la storia potrebbe dare una mano a una figlia che dopo aver perso sua madre adottiva a cui ha voluto davvero bene, desidera ritrovare l’altra mamma, quella che non ha mai conosciuto. E chissà, magari Antonella, figlia unica, che per lavoro legge storie ai bambini, potrebbe scoprire di avere dei nipotini ai quali leggere delle bellissime favole.

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