Site icon cagliari.vistanet.it

Parco Geominerario, oggi gli ispettori Unesco: a rischio il prezioso riconoscimento

Si chiamano Marie Louise Frey e Catherien Posthumus le due ispettrici dell’Unesco che da oggi e fino al 31 luglio visiteranno diverse parti della Sardegna per capire se il Parco Geominerario ha il diritto di fregiarsi del preziosissimo riconoscimento. Sono preparatissime e ricoprono ruoli importanti nell’organizzazione internazionale. Sembra davvero un paradosso: il primo e più importante Geoparco Unesco, rischia di perdere il più prestigioso riconoscimento perché in tutti questi anni non ha saputo adeguarsi alle richieste che l’organizzazione presenta a tutti i siti riconosciuti affinché possano fregiarsi del titolo.

Il Parco Geominerario della Sardegna fu istituito nel 2001 e comprendeva 8 aree distinte, ma già dal 1997 fu presentato un dossier, perché la cultura mineraria sarda e i siti che la ospitano venissero riconosciuti come patrimonio dell’umanità. L’Unesco non solo nel ’98 riconobbe l’altissimo valore della cultura mineraria sarda, anche dal punto di vista ambientale e geologico, ma decise di istituire un circuito apposito, la rete dei “Global Geoparks”. La Sardegna era il primo Geoparco Unesco, ma l’iter per il riconoscimento ufficiale richiedeva che i Geoparchi rispettassero standard qualitativi ben precisi, come per esempio, lo svolgimento di attività didattica, la realizzazione di mostre e seminari, l’organizzazione di itinerari tematici nelle aree di interesse geominerario.

Purtroppo però chi gestiva il Geoparco nel corso degli anni non ha soddisfatto questi requisiti, quindi il Parco è stato “Rimandato” fino al 2007, quando ha ottenuto il riconoscimento. Solo che il regolamento prevede un controllo ogni 4 anni perché gli standard vanno mantenuti costantemente e per restare nel circuito Unesco occorre la “green card”, il cartellino verde. Nel 2011 al primo controllo il Parco ricevette il cartellino giallo, cioè la richiesta di un adeguamento agli standard. L’Unesco come da regolamento dava al Parco 2 anni per mettersi in regola. Nel 2013 i commissari alla fine dell’ispezione riconoscono il cartellino verde, ma con un colpo di scena, cosa mai avvenuta prima, il coordinatore europeo Zouros sconfessò il risultato e chiese addirittura il cartellino rosso.

Dopo un ‘accesa discussione si arrivò a un compromesso: si concessero al Geoparco sardo 6 mesi di tempo per adeguarsi agli standard richiesti. Così si arrivò a marzo 2014 quando  Nicholas Zouros, coordinatore europeo, concesse il cartellino verde, ma “sub judice”, condizionato: entro il 2016 il Geoparco avrebbe dovuto rispettare 8 condizioni ben precise. Inoltre Zouros aveva suggerito l’estensione dei confini del Parco Geominerario al perimetro costiero attraverso un accordo tra Parco e Regione in cui quest’ultima assegnava al Consorzio la competenza su tutti i geositi dell’isola per garantire la “continuità territoriale” tra i vari siti.

L’allora commissario Gianluigi Pillolla scrisse a Zouros: “adottiamo la costa sarda come confine che comprende tutto il territorio sardo sotto la responsabilità del Parco Geominerario della Sardegna , al fine di sviluppare in tutti questi settori la salvaguardia e la promozione del patrimonio geologico e le antiche attività estrattive”, assicurando che il governatore Pigliaru eletto da pochi giorni avrebbe sottoscritto. Dunque da quel momento il Geoparco comprende tutti i siti dell’Isola.

Nel 2017 arriva la nuova ispezione. In quel momento però è appena stato nominato un nuovo direttore, attualmente in carica, Tarcisio Agus. Dunque in parte le 8 condizioni sono state soddisfatte ma non del tutto, come per esempio il sito ufficiale con la traduzione in inglese, che incredibilmente non è mai stato tradotto. Per questo l’esito della commissione del 2017 è un ennesimo cartellino giallo e tutto è rimandato all’ispezione cominciata oggi.

Alessandro Baldasserini, direttore di “Geoturismo online”, è esperto di Geositi per essersene occupato in Toscana, e profondo conoscitore del Parco Geominerario della Sardegna spiega perché è così importante riuscire a restare nella rete dei Global Geopark Unesco: «Al di là del fatto che per esempio costituisce una corsia preferenziale quando di presentano progetti e si chiedono fondi europei- ha affermato il giornalista- ha una ricaduta economica importantissima dal punto di vista del turismo. È come il bollino blu delle banane, una sorta di garanzia di qualità universalmente riconosciuta, una vetrina internazionale a cui non si può rinunciare».

Baldasserini ovviamente auspica che l’esito dell’ispezione sia un cartellino verde, anche se non sembra molto ottimista. Difficilmente si potrebbe ottenere un nuovo cartellino giallo, e a quanto sembra, a parte la tardiva inaugurazione all’Argentiera fatta appena ieri sera, un giorno prima dell’ispezione non sembra si sia fatto tanto. « Stavolta o si è dentro o si è fuori – spiega ancora Baldasserini- ciò che conta per l’Unesco, non è il sito in sé, se bastasse quello la Sardegna sarebbe a posto. Ciò che conta è riuscire a trasmettere la consapevolezza del valore e dell’importanza del sito ai visitatori e alla gente del posto. L’elemento umano per l’Unesco è fondamentale: il Gran Canyon per esempio, bellissimo, non sarà mai un Geopark perché lì non ci vive nessuno.

Probabilmente le ispettrici, persone estremamente competenti, sentiranno gli amministratori locali, vorranno informarsi sulle competenze delle guide turistiche, delle guide ambientali, vorranno conoscere che tipo di attività sono state organizzate per far conoscere e rendere fruibili i percorsi. Saranno controllati i bilanci. Ma anche le pubblicazioni, gli opuscoli, il loro mantra è: “Un insieme di geo siti non fanno un geoparco”». Oggetto della visita non saranno le solite 8 aree, ma zone diverse, perché dal 2014 tutta l’Isola fa parte del Parco Geominerario, e a quanto affermano alcuni operatori e assidui frequentatori della zona, non sembra sia stato fatto granché. In realtà come ha spiegato Tarcisio Agus, attuale direttore del Parco, ci sono buoni motivi per sperare in un cartellino verde o per lo meno in un ulteriore cartellino giallo:

«Non siamo rimasti con le mani in mano – ha annunciato Agus- abbiamo stipulato un accordo con i due atenei sardi di Cagliari e Sassari, con l’obiettivo di favorire attività di ricerca legata soprattutto al turismo, sullo sviluppo tecnologico e l’innovazione. Istituiremo una cattedra Unesco in “Sustainable Tourism Management and Monitoring”, fondata sul Corso di Laurea Magistrale in Management e Monitoraggio del Turismo Sostenibile. Ci siamo resi conto che mancano dati scientifici sul turismo, su come si evolve nel tempo, come mutano le esigenze di chi viene a visitare la Sardegna».

Il Direttore del Parco, che nel 2017 quando ci fu l’ultima ispezione si era insediato da appena una settimana, ha spiegato che non è semplice gestire un territorio così vasto con così pochi operatori: « Abbiamo organizzato lungo il percorso che faranno le ispettrici un itinerario che permetta loro di vedere anche gli altri riconoscimenti Unesco della Sardegna come il canto a tenore, patrimonio immateriale. Le commissarie a Genoni potranno sentirlo dal vivo. Vorremmo che capissero che finalmente c’è stata una svolta».

In effetti in questo ultimo periodo c’è stata un’intensificazione delle iniziative finalizzate a superare una volta per tutte questo esame e ottenere la green card, solo ieri è stato inaugurato il il Museo a Cielo Aperto in Realtà Aumentata all’Argentiera. Le ispettrici visiteranno il “Fungo di Arzachena”, la “Cala Francese”, cava di granito a La Maddalena, a Perfugas, all’ Argentiera, poi a Oliena e Genoni infine a Cagliari a visitare la spiaggia fossile di Molentargius e il giro si concluderà a Iglesias. Arriverà probabilmente a settembre l’esito di questa ispezione, ci auguriamo tutti che sarà positivo, perché un tesoro così importante merita tutte le cure, l’attenzione e l’importanza che fino ad ora nessuno è riuscito a dare, e magari il controllo costante dell’Unesco potrebbe servire a valorizzarlo finalmente come si deve.

Exit mobile version