Site icon cagliari.vistanet.it

Leo non fa più le trasfusioni grazie alla terapia genica: il piccolo di Monastir è guarito

A novembre saranno 3 anni che il piccolo Leonardo di Monastir, non si sottopone a trasfusione. Nel 2016 infatti, al San Raffaele di Milano ha cominciato la terapia genica contro la talassemia. «Leo aveva 6 anni quando ha cominciato le cure – racconta mamma Manuela- grazie a un progetto interamente sostenuto da Telethon. Abbiamo partecipato a un convegno in cui era presente anche Ivano Argiolas e visto che per Leo non si trovava un donatore compatibile abbiamo deciso di candidarlo per la terapia genica». In Italia infatti la legge dice che solo i pazienti per i quali non è possibile il trapianto di midollo possono accedere alla terapia genica, per questo i genitori di Leo hanno deciso di portarlo a Milano.

«In parole povere – spiega Manuela- vengono utilizzate cellule staminali che dal midollo vengono portate verso il sangue periferico. Il paziente viene attaccato a una macchina simile a quella per le piastrine, che centrifuga il sangue, nelle cellule viene introdotto quel segmento di DNA che manca al talassemico, in grado di produrre emoglobina. Il paziente poi viene sottoposto a chemioterapia per 5 giorni perché si deve “azzerare” il midollo, poi le cellule modificate geneticamente vengono infuse direttamente nelle ossa delle anche, in quanto è in quel punto che si rigenerano le cellule».

Ed è questo il passaggio fondamentale, la differenza rispetto al protocollo seguito per Ivano Argiolas. Ivano, da sempre portavoce delle istanze dei talassemici sardi e fondatore dell’associazione Thalassa Azione, 6 anni fa, decise di fare da cavia e si sottopose come primo paziente al mondo a questa terapia all’epoca davvero innovativa. Su Ivano la terapia non funzionò perché allora il protocollo prevedeva che le cellule modificate venissero infuse con una trasfusione normale “a caduta” e non nelle ossa delle anche come invece è avvenuto per il piccolo Leo. Grazie a questo ulteriore passaggio Leo oggi produce autonomamente l’emoglobina che gli serve per stare bene e non ha più necessità delle trasfusioni.

Inoltre l’età di Leo è stata determinante per l’esito positivo della cura, più si è grandi e più è difficile guarire, ma la scelta di Ivano, il suo coraggio hanno svolto un ruolo importante nei progressi della ricerca scientifica: «La terapia genica è sempre stata, per noi talassemici di una certa età, il sogno proibito di cui si poteva parlare ma non troppo – afferma Ivano- non ci si poteva illudere di pensare che noi o i nostri amici potessimo un giorno usarla come intervento definitivo per guarire dalla talassemia. Smettere di fare le trasfusione senza dovere vivere continuamente in attesa di una telefonata dal centro trapianti che ti annuncia che da qualche parte nel mondo, una brava persona si era resa disponibile a donare un pochino del proprio midollo osseo compatibile con il tuo sarebbe bellissimo».

Se si pensa che c’è un donatore compatibile ogni 100mila persone, le possibilità di guarire sono davvero scarse, in più può capitare come racconta Ivano: «Il donatore all’improvviso si tira indietro perché ha paura dell’ago e tu sei di nuovo lì, sapendo che quello poteva cambiarti la vita per sempre, guarirti, e invece ci ha ripensato perché è nel suo diritto e perché nessuno può obbligarlo a fare una stupida punturina. Anzi, noi che abbiamo la talassemia viviamo anche bene da malati, certo non tutti, ma la maggior parte sì. Invece quelli con la leucemia se non fanno il trapianto muoiono. Insomma non tutti, ma molti sì. Moltissimi rispondono alle cure ma altri muoiono». È evidente che la terapia genica rappresenti una svolta importantissima per i malati di talassemia, consente loro di guarire in autonomia, con il proprio gene modificato, senza dover dipendere dalla bontà della gente, o dall’egoismo delle persone che non donano perché tanto il problema non è il loro.

«Per questo, quando nel 2012 professor Renzo Galanello ci ha detto che nel mondo stavano cercando un volontario, mi sono subito proposto come cavia – ricorda Ivano- nel 2012 e fino al 2013 ho dovuto fare molti test di preparazione e perfino due interventi chirurgici per rimuovere una massa sospetta e la colecisti che era infiammata. Poi avevo dovuto sistemare tutti i denti perché durante la chemioterapia anche una carie poteva essere una porta per un batterio e quindi una probabile infezione. Alla fine, a luglio 2013, sono partito a New York e mi sono sottoposto a quella terapia che negli anni 80, 90 e 2000 avevamo quasi paura a nominare tanto la vedevamo lontana». La legge in italiana per ora favorisce la terapia basata sul trapianto, quindi consente la terapia genica solo a chi è privo di donatore.

In realtà però i pazienti non condividono questa decisione: «Se uno ha un donatore non accede alla terapia genica -conclude la mamma di Leo- ma se la terapia genica fallisce potrebbe sempre, trovando un donatore fare il trapianto, al contrario, se fai il trapianto, ma questo fallisce non puoi più accedere alla terapia genica a meno che prima del trapianto non si proceda alla raccolta delle staminali, ma la procedura è molto costosa. Paradossalmente però potrebbe capitare che piano piano il midollo, dopo un trapianto riuscito smetta di produrre emoglobina e quel punto non si può procedere alla terapia genica e si deve ricorrere a un nuovo trapianto». Per questo in attesa che le procedure diventino meno costose, la terapia genica acquisisca una casistica maggiore e la legge italiana cambi, è importante che tutti noi sosteniamo la ricerca e ci iscriviamo alla banca dati dei donatori, ciò che per noi rappresenta un semplice prelievo di midollo per i talassemici significa guarire, vivere una vita normale.

Exit mobile version