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Da dove deriva il nome Stampace? Una storia a tinte macabre e dai contorni ancora indefiniti che ha la sue radici nel Medioevo

Un quartiere ricco di storia, attraversato da passioni a tinte forti, degne del nome dei suoi abitanti, soprannominati “Cuccurus cottus” (teste calde) dalla goliardica cultura cagliaritana, dalle sue chiese che profumano di storia e tradizione, da Sant’Efisio a Sant’Anna, fino a quella di San Michele dei Gesuiti. Un rione dove si respira la “cagliaritanità” più verace. Ma a cosa si debba il suo nome, Stampace, è una storia dai contorni indefiniti, incerti, talvolta dalle tinte macabre.

I quattro quartieri storici di Cagliari: Stampace, sulla sinistra appena fuori dalle mura (ma con fortificazioni proprie), Marina, Castello e Villanova.

Secondo la tesi più accreditata il nome Stampace deriverebbe dalla frase “Stai in pace”. Con queste parole, probabilmente pronunciate in latino dove “pace” diventa “pax” e quindi in campidanese Stampaxi, durante la dominazione aragonese di Cagliari nel XIV secolo, i boia accompagnavano le loro esecuzioni. Dopo queste venivano gettate dal Bastione di Santa Croce e dalla sottostante Fossa di San Guglielmo le teste e i corpi dei malcapitati, sardi, sorpresi a girovagare per le strade di Castello dopo il tramonto.

Un coprifuoco per permettere ai nobili abitanti del quartiere di poter riposare senza disturbo. La chiusura delle porte del Castello veniva annunciata con il suono dei corni, ed è proprio da questa consuetudine medievale che nacque la tipica espressione cagliaritana, ancora in uso, “bogaus a son’e corrusu” (mandati via al suono dei corni). È dunque così che potrebbe essere stato scelto il nome che battezzò il quartiere di Stampace; sembra infatti che gran parte dei condannati venissero appunto dagli insediamenti formatisi ai tempi dei Pisani a ovest di Castello, fra le prima propaggini cittadine al di fuori delle mura e dei bastioni insieme al quartiere Marina (allora Lapola) e Villanova. Una storia che ben si sposa con la fama di teste calde, ribelli, che evidentemente hanno caratterizzato i suoi abitanti fin dal Medioevo.

La Sagra di Sant’Efisio prende il via dall’omonima chiesa a Stampace

Ma la mancanza di una storiografia dettagliata riguardo le origini del nome, rende plausibili anche altre versioni. Fra queste, ce n’è una che risale all’epoca pisana, prima che la Repubblica Marinara cedesse la città di Cagliari agli aragonesi. Con la fine del Giudicato di Karalis e la distruzione nel 1258 da parte di una coalizione fra Pisani e i Giudicati di Arborea, Gallura e Logudoro della sua capitale Santa Igia, piccola città sorta nei pressi dello stagno di Santa Gilla per garantire una più efficace difesa contro le scorrerie saracene, parte dei suoi abitanti si trasferì alle pendici di Castello. Fu lì, nella zona occidentale appena fuori dalla città pisana arroccata all’interno delle mura di Castello, che sorsero gli insediamenti di coloro che decisero di servire e lavorare per i pisani; scelsero dunque di “stare in pace”. Una tesi che cozza con la tradizione di “teste calde” con cui sono conosciuti i suoi abitanti, ma che si affianca ad un’altra teoria, che ha sempre a che fare con la dominazione pisana, e che richiama la chiesa di San Paciano a Pisa (a Pisa esiste il bastione di Stampace). Ma le teorie sull’origine del nome non finiscono qui: è possibile che il termine Stampace si riferisca alle cavità e alle grotte, naturali e non, presenti nella zona, e denominate “stampu” o “stampacciu”, e dalla denominazione del colle calcareo denominato dai pisani “Oppidum Stampaci”, su cui sorse il quartiere. Al di là delle origini del suo nome, rimane l’orgoglio di un quartiere diventato nel corso dei secoli la culla della vera Cagliari, della cultura casteddaia che oggi tutti conosciamo e che ancora possiamo respirare passeggiando per le strade del quartiere.

 

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