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Folklore, Magia e Tradizione: l’atroce vendetta della sùrbile offesa

Folklore Magia e Tradizione le sùrbile

«Comportati bene» erano soliti raccomandarci i nostri genitori, prima di uscire di casa o quando ci accompagnavano a scuola.  Un avviso che racchiudeva in sé un insegnamento importante: agisci con educazione, rispetta il prossimo.

Si può tranquillamente affermare che questo è un modo di comportarsi che dovrebbe valere per sempre, specialmente quando ci si trova in compagnia di altre persone. Forse, se la donna di cui state per leggere la storia, avesse tenuto a mente questo monito e avesse agito di conseguenza, si sarebbe potuta salvare da una terribile tragedia. 

Il racconto di oggi, infatti, descrive la storia di una tragedia familiare causata dall’insolenza di una ricca signora di paese che, inconsapevolmente, si ritrovò faccia a faccia con una sùrbile.

Gli esseri tenebrosi del folklore sardo: la sùrbile 

Tra i tanti esseri oscuri che popolano il folklore sardo un posto d’onore lo occupa senza dubbio la sùrbile, un essere non per forza cattivo, ma senza ombra di dubbio spaventoso e vendicativo.

Questo essere leggendario era in realtà una donna che poteva trasformarsi in una mosca, oppure in un gatto, per cibarsi del sangue dei neonati. Tale metamorfosi si verificava durante la notte, dopo che una donna si era spalmata addosso un particolare unguento.

Quando un bambino non aveva ancora i denti rappresentava la preda ideale della Súrbile, per questo motivo le mamme difendevano i loro piccoli mettendo ai piedi del letto una falce dentata, in questo modo la creatura malvagia si fermava a contare i denti della falce, ma riuscendo ad arrivare solo fino a sette, ricominciava sempre daccapo fino a quando non arrivava l’alba che la costringeva a scappare.

La vendetta della sùrbile offesa

Tanto tempo fa, due donne camminavo verso Sa Baronìa, nel nord-est della Sardegna, per vendere alcune coperte che avevano fatto a mano.

Durante l’inverno le due signore, entrambe molto brave nel’arte della tessitura, avevano lavorato senza sosta per realizzare le coperte e si potevano dire soddisfatte del risultato: i tessuti erano di colori sgargianti e avevano una morbidezza piacevole al tatto, senza contare che i disegni ricamati erano elegantissimi. Insomma, le tessitrici erano riuscite ad unire il bello all’utile ed erano certe di vendere ogni singola coperta in paese. Entrambe,  inoltre, ci tenevano particolarmente alla vendita perché avevano bisogno di soldi dato che nell’estate ormai alle porte, si sarebbero dovute sposare.

Arrivate in tarda sera a destinazione, furono ospitate da alcuni loro amici che offrirono loro una buona cena e permisero alle donne di riposarsi un po’ dopo il lungo tragitto. Una volta che le tessitrici si furono rifocillate e sistemate per benino, non persero tempo e si diressero subito a fare il giro delle case dove risiedevano le famiglie più ricche del paese per proporre l’acquisto della coperte.

Quanti complimenti ricevettero! Dire di no a quei tessuti era praticamente impossibile: porta dopo porta le donne riuscirono a vendere una coperta dietro l’altra. Alla fine, gliene rimase solo una. Però non era una coperta come le altre, questa era speciale, realizzata con cura e con il tessuto più pregiato e più costoso che avevano trovato. Decisero di destinare la coperta alla donna più abbiente del paese e si diressero proprio verso la sua dimora. La donna le accolse, le fece accomodare e tutte e tre si diressero nel salotto. Qui era disposta una culla di legno finemente intagliata dove riposava un bimbo appena nato.

Le tessitrici tirarono fuori la coperta e la presentarono con le migliori parole alla donna, avendo cura di specificarne anche il prezzo.

«Bella è bella, ma costa decisamente troppo» esclamò, scocciata, la padrona di casa.

«Costa il giusto per il lavoro che abbiamo impiegato nel realizzarla» ribatterono le donne.

Tuttavia, la ricca signora era irremovibile e offrì massimo otto monete d’oro per la coperta, prendere o lasciare. Le tessitrici rimasero profondamente offese, ma avendo bisogno di soldi e non volendo tornare a casa solo con una coperta, accettarono. La signora si recò in camera da letto, prese i soldi e li consegnò alle venditrici.

«Un momento, qui ci sono solo sette monete d’oro» fece notare una delle due.

«Sette monete sono più che sufficienti, accontentatevi oppure tenetevi la coperta!» sentenziò la donna e accompagnò le ospiti alla porta.

Amareggiate le due tessitrici si incamminarono verso casa, brontolando e insultando la donna che le aveva offese in quel mondo. Ad un certo punto, una delle due si bloccò, come impietrita e crollò a terra. A niente servirono gli strattoni della compagna di viaggio e neanche l’acqua che le gettò sul viso per farla rinsavire, la tessitrice a mala a pena respirava e rimase così per diverso tempo.

All’improvviso una mosca entrò nel naso della ragazza svenuta e questa si alzò all’istante, tornando di un colorito roseo, come se non le fosse successo niente. Prima ancora che l’amica, molto spaventata, potesse rivolgere una domanda per sapere come stesse, esclamò:

«Su soddu ja si l’at culliu, ma no l’at perdia. Su iggiu in su brozzolu l’appo mortu!» rivelando così di aver ucciso il bambino della ricca signora che le aveva trattate male.

Lo stupore dell’altra donna che viaggiava con lei fu immenso: infatti, aveva capito di trovarsi davanti ad una terribile sùrbile! 

Sulle storie della sùrbile e di altri esseri tenebrosi che popolano il folklore sardo è possibile leggere in diversi testi, tra cui  “Leggende e racconti popolari della Sardegna di Dolores Turchi” edito da Newton Compton Editori.

 

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