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La lettera. Io, alunno-pastore: «Il lavoro me lo sudo ma deve essere ben pagato»

lettera pastore alunno,

Articolo di Laila Di Naro.

Oggi pubblichiamo una lettera a favore dei pastori molto significativa, scritta da un alunno della scuola superiore con bisogni educativi speciali che mi ha straziato il cuore. Francesco (nome di fantasia), ragazzo buono d’animo e simpatico, fin da piccolo fa il pastore, mestiere che ha ereditato in famiglia. Lo fa con amore, dedizione e orgoglio. Non sopporta le ingiustizie dei poteri forti perché “il lavoro me lo sudo e deve essere ben pagato. E invece a fine mese si arriva con fatica e i sacrifici non sono ripagati”. Francesco è già in piedi alle 4 del mattino per mungere, pulire e portare al pascolo il bestiame. Alle 7 interrompe per salire su quell’autobus che lo porta a scuola. A studiare come tutti i ragazzi della sua età. Per un futuro migliore. Ogni giorno è sempre più stanco e fatica ad apprendere perché Francesco lavora e studia contemporaneamente. Ma non molla. E’ forte e tenace. Sta seguendo gli eventi della protesta dei pastori sentendosi coinvolto in prima persona e in virtù di queste manifestazioni ha deciso di scrivere un tema in classe dove ha dato sfogo alla rabbia. Una testimonianza forte e lecita. E noi di Vistanet gli auguriamo tutto il bene di questo mondo.

Arrescottu e Mattula de Casu Friscu

“Pula, 12 febbraio. Ieri abbiamo protestato noi pastori. Abbiamo buttato il latte nella rotonda di Pula perché tanto per quello che lo pagano, meglio buttarlo in strada che dare il latte per una elemosina. Il latte tanto lo pagano un centesimo a noi pastori, quindi con il latte che facciamo, con le pecore e con le capre, per quello che lo pagano, meglio darlo ai cani e ai maiali che darlo al caseificio. Meglio buttarlo noi il latte che regalarlo a c… e ai p…. del governo, che sarebbero quei “bravi signori” a rubarci la dignità da pastori. Vogliono arricchirsi sopra le nostre spalle, con tutto il rispetto per gli animali perché loro non mangiano pane a tradimento ma ci danno da vivere e non sono loro a trasmetterci la peste suina.

Perché noi abbiamo i nostri maiali allevati con cibo naturale, ghiande, carruba, grano ed erba e invece ci impongono carni di altri paesi e non conosciamo provenienza e come sono allevati. Noi pastori ogni giorno con o senza voglia, con il gelo o con la pioggia, dobbiamo andare a lavorare perché i “bravi signori” del governo a noi i giorni di malattia non ce li pagano. Duncasa nosu pastorisi depeus dd’ogna dì a is quattru de mengianu mulliri is pegus, poi ddus depeus torrai a corti, ammarolla o po fortza (quindi noi pastori ogni giorno alle 4 del mattino dobbiamo mungere il bestiame e poi riportarlo all’ovile, “per forza o per forza”, ndr.). Io mi auguro che il latte venga pagato 1 euro al litro perché il prezzo del mangime, per allevare gli animale, aumenta sempre. Mentre il prezzo del latte resta sempre lo stesso o addirittura diminuisce. Io ho protestato perché sono figlio di pastore, “de crabaxu” e mi auguro che il futuro dei pastori sia un mondo migliore per tutta la Sardegna e per tutti quelli che ci hanno voluto dare solidarietà. Fortza parisi!”.

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