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Pastori sardi: Fortunato Ladu spiega a Vistanet perché la protesta di oggi ha radici profonde

Fortunato Ladu, foto Ansa

“La guerra del latte” ha varcato i confini della Sardegna, ha portato alla ribalta un problema di cui la politica isolana sembra accorgersi solo ora, a un passo dalle elezioni regionali, mentre il problema esiste da decenni. Fortunato Ladu è un pastore di Desulo, la sua azienda che si trova a Pabillonis, soffre degli stessi problemi delle altre 12mila aziende sarde che producono latte ovino. Il pastore desulese, conosce molto bene la realtà pastorale.

Come mai la protesta è scoppiata adesso, in maniera così eclatante e diffusa?

Il pastore non si è più sentito rappresentato da una classe sindacale che non l’ha più difeso, che non ha tenuto conto di tutta una serie di variabili del mercato, ha lasciato che l’azienda agricola diventasse succube del meccanismo, non solo degli industriali, ma anche del sistema cooperativo. Siamo arrivati al punto di non poter più andare avanti. Per anni il pastore ha lavorato in silenzio, continuava a lavorare e sopportava poi sono arrivate le esposizioni bancarie, oggi in Sardegna il 20 per cento delle esposizioni bancarie è in sofferenza, e questa situazione è il presupposto per la risoluzione di qualsiasi contratto, adesso il meccanismo è arrivato alla rottura.

A chi va attribuita la responsabilità di questa situazione?

Si tende genericamente a parlare di industriali, in realtà una buona fetta di responsabilità ce l’ha anche la cooperazione. Se si pensa che il 65 per cento del latte prodotto viene trasformato dalle cooperative, è abbastanza evidente. Le cooperative non sono riuscite a sottrarsi al meccanismo produttivo ancorato al Pecorino Romano, alcune di esse sono state fondate da oltre 30 anni, ma i consigli di amministrazione si rinnovano pochissimo, e ai vertici ci sono più o meno sempre le stesse persone. Le cooperative sono state inerti rispetto ai cambiamenti del mercato.

Quali sono stati gli errori che hanno portato a far crollare il valore del latte?

Intanto il fatto di aver puntato tutto sulla produzione del Pecorino Romano, poi la scarsa preparazione in settori come il marketing o le politiche di vendita. Infine non sono state rispettate le quote di produzione del latte che il mercato è in grado di assorbire. Si è prodotto troppo pecorino e il prezzo è crollato.

Quali soluzioni si devono adottare nell’immediato, per aiutare i pastori?

La prima cosa da fare è fissare il prezzo per il prossimo pagamento: a breve deve essere pagato il conferimento di gennaio, che venga pagato a un euro più iva, che sarebbe già una dimostrazione di buona volontà. Un euro al litro è il prezzo che per i pastori serve a coprire le spese e non andare in perdita. Dobbiamo ragionare insieme, l’industriale che con questo prezzo pensa di subire delle perdite, la cooperazione, e tutte le parti del sistema coinvolte e si raggiunge un accordo. A quel punto i pastori sbloccheranno il nuovo conferimento e si tornerà a respirare.

Però bisogna pensare al futuro, come si può evitare di trovarsi nella stessa situazione tra un paio d’anni?

Bisogna proprio rivedere l’impostazione della produzione, diversificare. Bisogna staccarsi dalla produzione del Pecorino Romano. Un litro di latte che si trasforma in Pecorino Romano ha un suo valore, un litro di latte trasformato in yogurt, rende molto di più, quindi verrebbe pagato di più ai pastori. Adesso le cooperative hanno cicli produttivi automatizzati e standardizzati esclusivamente per produrre il pecorino, ma per staccarsi da questa produzione e utilizzare il latte per trasformarlo in altri prodotti dovrebbero rinnovare o cambiare del tutto gli impianti. Per farlo hanno bisogno di fare grossi investimenti e possono essere sostenute con i fondi europei che ci sono, vengono erogati ogni anno, spesso si perdono perché non vengono utilizzati. Mi riferivo a questo quando parlavo di inerzia, la diversificazione è la soluzione e andava presa in esame già molto tempo fa.

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