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Regionali, la sfida di Maninchedda: “Primarias evento epocale e partecipazione notevole e inattesa”

Paolo Maninchedda

Paolo Maninchedda

Per l’occasione, qualcuno molto più celebre di lui avrebbe affermato che il dado è tratto. Paolo Maninchedda, però, al latino preferisce l’amata limba sarda e, oltretutto, a Giulio Cesare assomiglia veramente poco. Come accadde oltre duemila anni fa nell’antica Roma, in ogni caso, anche per il segretario del Partito dei Sardi ormai la sfida è lanciata e il Rubicone passato. Poco più di ventiquattr’ore fa, del resto, sul web hanno preso il via le Primarias, «un evento epocale della scena politica», per dirla con le parole del leader del Pds, che queste attesissime consultazioni le ha volute e caldeggiate portando un bel po’ di scompiglio. Per conoscerne il risultato, ora, non resta che aspettare il 16 dicembre, quando, oltre che per la scelta del candidato Governatore alle Regionali 2019 del Partito dei sardi, chi tra gli elettori sardi avrà deciso di votare si sarà espresso, attraverso un referendum, (per la prima volta)  anche sul concetto di Nazione sarda.

«Le Primarias rappresentano un grandissimo esperimento di democrazia perché mai prima d’ora si era permesso a un intero popolo di pronunciarsi sulla propria coscienza nazionale – spiega Maninchedda -. Solo noi poi stiamo scegliendo i candidati attraverso una consultazione aperta con gli elettori: nelle Primarias, infatti, possono votare tutti, non solo gli iscritti a un partito».

Tra l’altro le primarias hanno conquistato in queste ore l’interesse di due sardi illustri: il presidente dell’Anci Emiliano Deiana e il vicepresidente della Giunta regionale Raffaele Paci.

«Fa piacere, ma i voti nell’urna hanno tutti lo stesso valore e il fatto positivo è che queste consultazioni stanno suscitando l’interesse di tanti elettori. Non sono in grado ovviamente di parlare di numeri ma posso dire che stiamo riscontrando una ampia partecipazione».

Un’ampia partecipazione dovuta più al referendum sulla Nazione sarda o alla scelta dell’aspirante Presidente?

«Penso a entrambe le cose: i sardi hanno capito la fondamentale importanza del referendum, che pone un tema, anzi, l’unico tema presente sulla scena politica sarda, e, contemporaneamente, hanno compreso la straordinarietà della possibilità offerta dalle Primarias nella scelta del candidato Governatore».

E’ questo che dovrebbe indurre un elettore a scegliere il Pds invece che spingerlo a puntare su altri partiti?

«Sinceramente non mi piace fare il celebratore delle virtù proprie e il fustigatore dei vizi altrui. Pertanto le posso solo dire che cosa potrebbe convincere un elettore sardo a fidarsi di noi e delle primarias, un evento epocale in cui, aggiungo, tutti e cinque i candidati hanno pubblicato in Rete i propri programmi, i propri progetti politici. Progetti diversi ma comunque compresi all’interno di una stessa visione: la Sardegna pensata e vissuta politicamente come Nazione. Forse sono proprio questa chiarezza di visione e questa trasparenza di metodo ad essere state premiate dalla partecipazione dei sardi. La nostra visione e il responso degli elettori rappresenteranno il faro del nostro agire politico e orienteranno le mosse del nostro candidato Governatore».

Ecco, se dovesse vincere lei, quali sarebbero le strategie? Sul fronte delle alleanze, ad esempio, si sente di escludere un patto elettorale con il centrosinistra o con alcune delle sigle sardiste?  

«Ancora con questa storia delle alleanze! Fra un po’ anziché chiedere al partito che cosa pensa e propone gli verrà chiesto con chi è! Guardi, quello del Pds è un progetto politico inclusivo, quindi chiunque decidesse di sposarlo sarebbe ben accetto. Noi comunque abbiamo rifiutato il metodo delle alleanze a tavolino e abbiamo proposto il confronto delle idee e la misurazione del gradimento degli elettori. Per noi le alleanze si fanno sul campo, non fuori. Certo, una cosa deve essere ben chiara: la visione politica che sta ispirando il Pds e i risultati che si raggiungeranno con le primarias non si discutono».

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