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Un giovane francese si innamora della lingua sarda, la impara e fa di tutto per proteggerla

Non è di quelli che usa eja e ajò a sproposito, no no lui il sardo lo parla benissimo, con l’accento giusto, il coinquilino nuorese, e la residenza a Is Mirrionis hanno prodotto i loro frutti. Afferma di sentirsi sardo al 100 per 100, fa notare che tra il suo cognome, Berranger e Berlinguer c’è una forte assonanza a dimostrazione del suo legame fortissimo con la Sardegna. Alexis, 27 anni è francese, appassionato di lingue, ha scoperto per caso, proprio coltivando la sua passione, che qui c’era una lingua, non un dialetto, una vera lingua con una musicalità intrigante, più la conosceva più se ne innamorava. Così visto che cominciava a sentire l’esigenza di cambiare e spostarsi da Ferrara dove aveva vissuto qualche anno, nel 2015 decide di trasferirsi in Sardegna: «avevo voglia di sentirmi spaesato- racconta il giovane nel suo italiano perfetto- come quando dalla Francia mi sono trasferito a Ferrara. Era il mio primo viaggio, ero “pagu bessìu” , ma quella sensazione di novità era bellissima e avevo voglia di riprovarla».

Alexis vuole imparare a parlare il sardo e pensa che trasferendosi in Sardegna potrà farlo in brevissimo tempo. «Viste le leggi approvate alla fine degli anni ’90- spiega Alexis- e pensando a realtà come il Tirolo o la Catalogna mi aspettavo che qui tutti parlassero il sardo, seppure nelle diverse varianti, purtroppo però ho scoperto che moltissimi sardi, soprattutto della mia età pur avendone una conoscenza passiva, nel senso che lo capivano, non lo parlavano». Inizialmente per il giovane linguista l’approdo nell’Isola è una delusione, convinto di arrivare qui e sentir parlare la tanto amata lingua nei negozi, tra la gente, per le strade, ha dovuto ricredersi. Ma non si è arreso e ha cercato persone con le quali dialogare “in limba” come il suo coinquilino nuorese. Alexis si rende conto che il solo ambiente in cui davvero si parla il sardo è la famiglia, per chi ha la fortuna di vivere in un nucleo familiare che ama farlo. Ma lui non ha una famiglia sarda così si affida ai social:«ho cominciato a scrivere post in sardo su Facebook- ricorda il giovane- e piano piano ho attirato l’attenzione di altre persone che mi capivano, esperti, attivisti linguisti e finalmente ho potuto davvero imparare il sardo».

Una volta entrato nel giro di chi si occupa della nostra lingua per mestiere, Alexis ha fatto sua una battaglia che in realtà pochi sardi portano avanti, quella di promuovere l’uso, la conservazione e l’insegnamento del sardo per le nuove generazioni. Insieme ad altri linguisti e sociologi ha collaborato alla creazione di Acordu – Sòtziu pro sas Cunferèntzias Abertas, la prima conferenza aperta sulla lingua sarda. L’evento si è svolto a gennaio dell’anno scorso, e il risultato dell’impegno dei partecipanti ai tavoli di lavoro è stato poi raccolto nel libro “Sa dopia ferta”, la doppia ferita. «Ciò che è emerso da quella conferenza è stato che il problema principale, la priorità – spiega ancora Alexis- non è tanto standardizzare la lingua, unificarla, quanto piuttosto arrestare l’erosione della trasmissione intergenerazionale, fare in modo che il sardo continui ad essere trasmesso alle nuove generazioni». Alexis sostiene, non a torto, che le istituzioni proteggano solo formalmente la lingua sarda, ma poi sostanzialmente, nella pratica, non prendono iniziative per tutelarne la trasmissione.

«Il problema è di natura sociologica e culturale, la maggior parte dei sardi- denuncia Alexis- specialmente quelli che studiano e vogliono salire nella scala sociale, abbandonano l’uso del sardo, pensando che parlando solo l’italiano si emancipano dalla loro condizione sociale, associano il fatto di esprimersi in sardo all’essere grezzi, ignoranti, ma non c’è niente di più sbagliato». Nella sua esperienza sarda, il giovane francese ha notato che il sardo manca nelle università, negli uffici pubblici, nelle scuole, che si spende pochissimo per promuovere eventi culturali legati alla diffusione della limba, che i lavoratori che si occupano della materia in vari ambiti sono quasi tutti precari, e si batte accanto agli attivisti sardi per cambiare questa situazione: «dove vivrò da grande? Non c’è alcun dubbio- conclude il giovane francese- ora mi trovo a Bologna per completare gli studi, ma è in Sardegna che voglio stare».

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