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Il viaggio di Autunno in Barbagia: Lollove, il borgo medievale che non cresce e non muore mai

Lollove, uno dei tanti felini che popolano il borgo, foto di Marco Seddone - Fonte www.flickr.com

Non si ferma il viaggio di Autunno in Barbagia. La mostra itinerante che celebra le ricchezze dell’entroterra barbaricino si appresta a raggiungere le sue prossime destinazioni, protagoniste del settimo appuntamento. Lasciate le bellezze di Gavoi, Meana Sardo e Onanì, saranno Orgosolo e Lollove a tenerci compagnia per il prossimo fine settimana: le “cortes” dei due paesi barbaricini si apriranno ad appassionati e curiosi dal 13 al 14 di ottobre. Oggi, in questa sorprendente scoperta del cuore della Sardegna, abbiamo deciso di fermarci a una manciata di chilometri da Nuoro e ascoltare il silenzio di Lollove, quel borgo medievale che non cresce e non muore mai.

Lollove è un particolarissimo borgo agro-pastorale che ancora mantiene un aspetto tipicamente medievale. Non un paese a sé stante, bensì una piccolissima frazione di Nuoro: ci si arriva percorrendo una stradina secondaria che dalla capitale barbaricina si incontra immediatamente dopo il bivio per Orune, dalla strada statale 131. Adagiato in una conca e circondato da verdi colline, il panorama che qui si mostra è davvero magnifico: lo sguardo si tuffa su una sterminata valle, dove uliveti e vigneti si alternano a distese di campi coltivati. Ma ciò che sorprende è il silenzio serafico di questi luoghi, specie dell’abitato: giungere a Lollove è un po’ come viaggiare a ritroso nel tempo, quando la tecnologia era poco più di un pensiero azzardato. Le case, molte diroccate e altre perfettamente intatte, sono rimaste immutate nei secoli e stuzzicano l’immaginazione del visitatore su come poteva presentarsi questo minuscolo paesello, quando la vita rompeva quel silenzio che oggi regna sovrano. Lollove è celebre per una particolarità, ovvero quella di essere quasi un borgo fantasma. C’è una chiesa, ma non il parroco, niente scuole, nessun negozio e un unico bus che con due corse giornaliere la collega a Nuoro. Tanti gatti e solo ventisei anime popolano la piccola frazione, frutto dello spopolamento delle zone interne dell’Isola, vittima della modernità che negli anni ha spinto gli abitanti di Lollove a lasciarlo per altri lidi. Questo suggestivo borgo, però, è anche il simbolo di quella vita di un tempo, lenta e tranquilla, che resiste prepotente ai nuovi ritmi, frenetici e artificiali, e preferisce, invece, seguire quelli scanditi dalla natura e dal duro lavoro nelle vigne.

Fascino, mistero e inquietudine avvolgono questa località che fin dal principio dell’Ottocento ha attratto e ispirato diversi intellettuali sardi, tra cui il premio Nobel Grazia Deledda che proprio al borgo di Lollove si ispirò per il suo romanzo “La madre”. «Nel paesetto già più non si vedeva un lume, un filo di fumo. Dormivano, le povere casette arrampicate come due file di pecore su per la china erbosa, all’ombra della chiesetta che col suo esile campanile, riparato a sua volta sotto il ciglione, pareva il pastore appoggiato al suo vincastro» – così la scrittrice nuorese descriveva questo luogo ricco di suggestioni.

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 Lollove 19  

BREVI CENNI STORICI. Affascinante e misteriosa è anche la storia di questo paesello, il cui nome, in sardo “Lollobe”, potrebbe derivare dal termine arcaico “Lo’ ò” che significava corso d’acqua, oppure da “Lobè” che significa ghianda. Le prime notizie sull’abitato risalgono, però, all’epoca medievale, XIII secolo, quando Lollove apparteneva al Giudicato di Gallura ed era incluso nella diocesi di Galtellì. Tuttavia, sulle reali origini del borgo – fino al XIX secolo conosciuto come “Loy” e che subì la dominazione spagnola – le notizie sono incerte e molto di ciò che oggi si conosce è frutto dei racconti dei suoi abitanti, perlopiù anziani, i quali affermano che Lollove sia molto più antico di Nuoro. Stando alle testimonianze, sul passato del borgo aleggia una terribile maledizione, che segnò le sue sorti per sempre e il cui racconto si trasmette oralmente da secoli. Si narra di un vecchio monastero (oggi abitazione privata) e di alcune suore che avrebbero tradito il proprio voto religioso con alcuni pastori locali, provenienti da un antico villaggio, arroccato poco più in su di Lollove e conosciuto come “Selene” (dal greco “Seleni”, la luna). Scandalizzate dal comportamento di alcune consorelle, le suore lasciarono il borgo, pronunciando parole nefaste. «Lollobe as a esser chei s’abba ’e su mare: no as a crèschere, ne apparèschere mai!» ovvero «Lollove sarai come l’acqua del mare, non crescerai e non morirai mai». E così fu: al di là della leggenda, triste e inesorabile presagio, di fatto, il borgo di Lollove non è mai cresciuto e non è mai morto. Divenuto frazione di Nuoro, nel 1857, il centro, che all’epoca contava circa 400 abitanti, proprio in quegli anni fu colpito da una terribile epidemia di vaiolo, a cui seguì una grave carestia, che provocò un rapido spopolamento. L’isolamento, poi, ha contribuito al progressivo abbandono del luogo: proprio questi terribili fatti hanno permesso che Lollove conservasse la sua veste medievale e la sua suggestiva atmosfera.

COSA VEDERE. L’attrattiva di Lollove è conservata nel fascino di essere un luogo fuori dal tempo. Nascosto da una fitta vegetazione, il centro storico è composto da casette in granito a uno o a due piani, dai tetti a doppio spiovente e ricoperti da tegole in argilla. Tutte le dimore sono circondate da una minuscola porzione di terreno, recintata dai tipici muretti a secco alti oltre un metro e mezzo, dove si coltivava l’orto e vi pascolava qualche animale da allevamento: la disposizione degli spazi garantiva la riservatezza e rendeva ogni casetta autosufficiente per le necessità della famiglia. Alcuni alloggi, inoltre, sono dotati di un forno per la cottura del pane e le porte degli edifici più antichi conservano ancora il caratteristico architrave su cui poggiano due blocchi di pietra che formano una V rovesciata. Percorrendo gli stretti e tortuosi vicoli in lastricato di pietra locale (“s’impredau”), tra i molti ruderi delle casette ormai abbandonate, si arriva all’unica chiesa del paesello, dedicata a Santa Maria Maddalena, patrona di Lollove. Costruito tra il XVI e il XVII secolo, su una posizione sopraelevata rispetto alle case in granito, l’edificio sacro è in stile tardo gotico e presenta una graziosa facciata, arricchita da un bel rosone in trachite rosa: al suo interno, in cui spiccano gli archi a sesto acuto che dividono le navate, sono conservate due statue del 1601. Sebbene non ci sia il parroco, ogni domenica si celebra la santa messa, grazie ad un sacerdote che giunge da Nuoro. Non mancano, inoltre, i siti archeologici: nei dintorni, ad appena tre chilometri in linea d’aria, si incontra l’insediamento nuragicoSu Costiolu”, che custodisce un nuraghe, i resti di un villaggio, e alcune sepolture, tra cui quella detta “dei gigli” per l’abbondante presenza del fiore.

NATURA. A contribuire al fascino di Lollove c’è anche la bellezza della natura circostante: dalla valle di Marreri, su cui scorre il fiume omonimo, alla zona nota come “Sa Binza”, dove si coltivano la vite e l’ulivo, il paesaggio si mostra selvaggio e incontaminato, caratterizzato da spettacolari formazioni rocciose, quali torrioni, pinnacoli, conche, tafoni e i “nodos”, grandi monoliti in granito che si incontrano nei pressi del già citato insediamento di “Su Costiolu”. Bellissima è la lussureggiante foresta di Jacu Piu, dove tra alberi di leccio, lentischio, ginepro e corbezzolo, trovano rifugio diverse specie animali, come lo sparviero e l’aquila. Da non perdere, inoltre, è la storica fonte naturale di Lollove, cui si giunge percorrendo la stradina sterrata che fino allo scorso secolo rappresentava l’unica via di collegamento con Nuoro: ad attendervi ci sono alcune panchine in pietra, per godere al meglio del fresco riposo.

TRADIZIONI. Lollove resiste grazie alla tenacia dei pochi abitanti che ancora lo popolano e che si dedicano all’agricoltura e all’allevamento: qui, vicino alle abitazioni, si incontrano pecore, maiali, asini e cavalli. La manifestazione di Autunno in Barbagia è, dunque, un’occasione per riproporre le attività che un tempo si praticavano quotidianamente, dal fabbro, al falegname, al ricamo. La gastronomia offre prodotti genuini, tipici della tradizione barbaricina, tra cui un’ottima ricotta di pecora, preparata con le tecniche di una volta: per gustarla, insieme agli altri piatti tipici, potete anche fare visita all’unica locanda qui presente, la trattoria “Sa Cartolina” di Toniedda, – segnalata da una piccola insegna in perfetto stile medievale – che accoglie i turisti con i profumi intensi dell’arte culinaria locale.

Se per il settimo appuntamento di Autunno in Barbagia, volete fermarvi a Lollove, quel borgo che non cresce e non muore mai.

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