Ieri sera intorno alle 19 a Portu Maga, nella spiaggia della Madonnina, un ragazzo di 16 anni, entrato in acqua con un amico, è stato trascinato e sbattuto sugli scogli dalla corrente. Due surfisti che si trovavano nelle vicinanze lo hanno notato e sono corsi in aiuto del giovane. Con loro sono accorsi anche i bagnini della postazione di Portu Maga a 800 metri dagli scogli.

Il giovane è stato salvato ma  – come raccontano i bagnini della Cooperativa di salvamento a mare Costa Verde – «è rimasto per più di un’ora in stato di incoscienza e ipotermia, adagiato sugli scogli, tenuto sotto controllo dai volontari accorsi e dai bagnini; c’è voluto l’intervento non semplice dell’elisoccorso, allertato nel frattempo dai bagnanti presenti. Quindi il trasporto in ospedale». 

L’episodio di ieri non è l’unico del genere. Bagnanti ignari dei rischi o temerari entrano in acqua nonostante le bandiere rosse esposte dai bagnini, ma ancora di più quando il mare è visibilmente pericoloso.  Da qui l’appello dei bagnini che sorvegliano il litorale di Arbus, in particolare quelli della Cooperativa di salvamento a mare Costa Verde: «Saremo noiosi, ma come spesso voi ci esortate di fare, vi ripetiamo che con il mare mosso non si scherza e non si gioca. E questi sono i risultati».

Nell’appello sulla pagina Facebook, i bagnini auspicano – accanto al buon senso dei bagnanti – anche un prolungamento del servizio di salvataggio nel mese di settembre perché, dicono, i frequentatori delle spiagge sono numerosi anche in questo mese. In più, aggiungono: «Come può un tratto di costa di 2 km, frequentatissimo come quello che comprende le spiagge della Madonnina e su Pistoccu a non avere una sua postazione di salvataggio considerato anche il livello di pericolosità delle sue acque? Speriamo che questo nostro appello, venga raccolto e valutato per un eventuale miglioramento nella gestione del servizio».

Donne sarde, donne di carattere. Lo si dice spesso e a volte la storia interviene a corroborare questa tesi. Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia.

Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio.

Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.

Di chiunque sia stato il primato, una cosa è certa: per “mettere la gonnella” a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.