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Appello di Maria Grazia Caligaris:« occorre urgentemente riorganizzare la sanità penitenziaria sarda»

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«Attualmente in ferie prepensionamento, Alfredo Asuni, classe 1950, il medico penitenziario più anziano dell’isola, lascia la Casa Circondariale “Salvatore Soro” di Oristano-Massama. E’ ormai di fatto in quiescenza. Nel formulare gli auguri per la pensione, guadagnata dopo non meno di 32 anni trascorsi tra il vecchio carcere di piazza Mannu e la nuova struttura di Massama, resta un vuoto che dovrà essere colmato al più presto». Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, sottolineando: «la necessità di una rivisitazione organizzativa della sanità penitenziaria, la cenerentola di un sistema tutt’altro che efficiente, per garantire a chi sconta una pena sempre adeguate misure di assistenza». La Caligaris ha affermato la necessità di scegliere, per ricoprire il ruolo di Asuni, un medico che conosca le dinamiche interne a una struttura detentiva in cui i soggetti, quando si rivolgono al sanitario, sono innanzitutto pazienti.

«Non vi è dubbio che, soprattutto a Oristano, la realtà del mondo penitenziario – prosegue la presidente di SDR – sia notevolmente cambiata. Attualmente infatti la quasi totalità (cinque sezioni su sei) di detenuti è costituita da cittadini privati della libertà, con lunghe condanne, in regime di alta sicurezza. Condizione molto diversa da quella del vecchio Istituto di piazza Mannu. La prima difficoltà sanitaria è rappresentata dall’invecchiamento della popolazione detenuta e dalla necessità di effettuare continue visite di controllo oppure di ricorrere alle strutture esterne per ricoveri o analisi non effettuabili nell’Infermeria. Le problematiche sono ancora più complesse per i ristretti con disturbi psichiatrici o tossicodipendenze».

La Caligaris infine auspica che in questa riorganizzazione della Sanità Penitenziaria, il personale selezionato venga affiancato a chi lavora da tempo in questo genere di strutture e possa mettere a disposizione la propria esperienza maturata sul campo: «è un impegno particolare – conclude la presidente di SDR – che non può accettare singoli rattoppi. Un lavoro in cui si fondono fiducia, scienza e conoscenza profonda dell’interlocutore, non sempre soltanto un cattivo paziente».

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