Il “Mario Mameli” apre i suoi spazi all’arte e ospita nei locali del terminal di aviazione generale alcune opere di Franco Nonnis. L’artista, già protagonista di diverse personali in Italia e all’estero ed esposto in modo permanente a Londra presso Le Dame ArtGallery, King & Rose Gallery e GBA&Design, parte questa volta dai colori dei costumi di Desulo, il suo paese di origine, per raccontare il viaggio senza tempo di un popolo alla ricerca di nuove opportunità, capace di portare con sé valori e capacità di esprimerli.

Le opere, esposte fino al 18 settembre, sono otto manichini in vetroresina dipinti con colori acrilici su cui Nonnis è intervenuto con materiali come la juta, resine, pizzi antichi e foglia oro. Quasi tutti sono oggetti di recupero destinati alla discarica, che così acquistano nuova vita e riconquistano la propria dignità di oggetti.

Come fa sapere l’Ansa i personaggi rappresentati sono reali e vicini all’artista: ognuno a suo modo vive o ha vissuto un “esodo”; i fortissimi valori umani dei singoli vengono espressi dalla ricchezza dei colori e dei materiali utilizzati per la creazione dei manufatti. Nei manichini di Nonnis, l’essenzialità delle superfici lisce e anonime si arricchisce attraverso la sovrapposizione di materiali e cromatismi che, per contrasto o armonia, formano l’individualità e il carattere di ogni installazione.
   

È stato ribattezzato il “Michelangelo dei morti”, per l’incredibile capacità di tirar fuori dal marmo le emozioni e la storia dei personaggi che ritraeva. Giuseppe Sartorio, nato a Boccioleto Valsesia in Piemonte nel 1854, fu uno scultore di fama italiana che fece fortuna nel campo della statuaria funebre e celebrativa partendo dal nulla. Nato da una famiglia poverissima, Sartorio si forma presso l’Accademia Albertina di Torino dopo aver lavorato come garzone di bottega presso un intagliatore del legno. 

Ma è in Sardegna che Sartorio trova un pubblico e dei committenti in grado di apprezzare le sue opere. Nel 1885, infatti, lo scultore approda nell’isola per collocare ad Iglesias una delle sue opere civili più celebri: la statua di Quintino Sella, nell’omonima piazza. Da qui inizia la sua florida carriera fra i committenti privati più danarosi dell’isola, che gli chiedono la realizzazione di più di 100 sculture funebri (al 1896 erano un centinaio, ndr) a corredo delle tombe nei vari cimiteri sardi. Il cimitero monumentale di Bonaria a Cagliari, i cimiteri di Oristano, Iglesias, Sassari e Cuglieri ospitano tutt’oggi le sue sculture, alcune divenute celebri per la storia dei defunti che esse rappresentavano. Dopo gli anni trascorsi in Sardegna, Sartorio decise di trasferirsi a Roma ma continuò a lavorare anche per committenti sardi. Come la sua carriera di artista, anche la sua morte è avvolta nel mistero; Giuseppe Sartorio, infatti, morì o per meglio dire, sparì nel 1922 durante la traversata in mare tra il 19 e il 20 settembre 1922 sul piroscafo “Tocra” che viaggiava da Olbia e il porto di Civitavecchia.

Foto: Comune Cagliari News

Tra le più celebri statue conservate ad esempio nel cimitero di Bonaria, c’è quella del piccolo Efisio Devoto o Efisino, risalente al 1887, parte della cappella Devoto. La scultura rappresenta un bambino, Efisino appunto, addormentato su una seggiolina; l’epitaffio alla base della sedia recita “Cattivo! perché non ti risvegli?!“, come a voler imitare il rimprovero della madre del piccolo per una presunta marachella che invece, ahimè, è un sonno eterno. Altre statue celebri sono quelle dei monumenti funerari di Giuseppe Todde, la cui vedova è immortalata dal Sartorio in una posa triste e rassegnata, del giovane Gastone Ciprietti o il monumento a Maria Ugo Ortu, nota Mariuccia, ritratta nei minimi dettagli appoggiata ad una balaustra.

Ciò che rende ancora più affascinante questo artista è però il dietro le quinte della sua attività di artigiano dell’immortalità. Lo rivela una fotografia scattata il 19 marzo 1895 nella sua bottega di Cagliari e ritrovata in un archivio privato qualche anno fa. La foto ritrae Sartorio nella sua bottega insieme ai suoi operai e modelli, tra cui alcuni bambini che lui era solito usare per ritrarre figure angeliche o di altri bambini. Nell’immagine si notano anche alcuni attrezzi utilizzati dal Sartorio, come quello vicino al quale è stato ritratto uno degli operai; si tratta di un macchinario simil pantografo, usato per riportare sul marmo le forme del calco in gesso che si realizzava preliminarmente. Ancora, gli occhi più esperti possono notare nello sfondo alcuni dettagli o statue intere di alcuni monumenti funebri, fra questi la stessa statua di Efisietto Devoto.