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Cagliari, Borriello si toglie un “macigno” dalla scarpa: “Screzi con Giulini e con i brasiliani”

Marco Borriello esulta dopo un gol

Marco Borriello esulta dopo un gol

Il suo addio alla maglia del Cagliari aveva lasciato non pochi dubbi, dopo una stagione molto positiva con ben 16 gol all’attivo e la scommessa vinta con Bobo Vieri. Poi qualcosa si ruppe e il bomber napoletano salutò i rossoblù per accasarsi alla Spal, esperienza per lui decisamente negativa.

Con una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta oggi Borriello ritorna sui suoi passi e racconta la sua verità di quell’improvviso addio al Cagliari e ai suoi tifosi. «Ero arrivato in Sardegna per merito di Capozucca, che con Braida è il mio secondo padrino calcistico – racconta Borriello -. Firmai un contratto composto da un fisso e da un bonus da cinquantamila euro per ogni gol segnato. Pensai che il presidente non credeva in me, oppure che fosse un pazzo. La gente sognava che, con la maglia rossoblu addosso, battessi il mio record personale di 19. Ero a quota sedici già a cinque giornate dalla fine, era fattibile. Ma nella partita contro il Pescara successe una cosa che non mi sarei mai aspettato. Calcio di rigore per noi, prendo il pallone in mano ma Rastelli mi chiama dalla panchina. “Deve battere Joao Pedro”, mi dice. Non me l’aspettavo, fu un brutto gesto. L’allenatore era al centro delle critiche dei tifosi e non aveva un buon rapporto con tanti calciatori. Io, invece, l’avevo sempre difeso. A fine partita Capozucca mi fa vedere un sms. C’era scritto che a fine primo tempo dovevo uscire dal campo, per evitare che segnassi ancora. Il diesse mi disse anche che gli era stato comunicato che non sarebbe stato confermato, e da lì cominciarono le mie incertezze. Joao Pedro che a Sassuolo mi dice “stai zitto e corri”, il crack nello spogliatoio con tutti i brasiliani e il rapporto con il presidente che ormai andava scemando: sì, dovevo proprio andar via».

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